Obblighi di sicurezza per le Associazioni sportive dilettantistiche

di Tiziano Argazzi [*]

Tiziano Argazzi 2Dopo avere in precedenza trattato degli Enti sportivi dilettantistici in relazione ai rapporti di lavoro ed alle agevolazioni fiscali e tributarie agli stessi spettanti, si affronta ora la delicata tematica della sicurezza con particolare riguardo alla piena applicabilità, o meno, a tali sodalizi del D.Lgs. 9.04.2008 n. 81 e successive modificazioni ed integrazioni in materia di salute e sicurezza dei lavoratori e dei luoghi di lavoro (nel seguito TUS) che, per quanto riguarda le Associazioni sportive dilettantistiche (nel seguito ASD) contempla particolari specificità in ragione del fatto che nelle strutture e negli impianti sportivi sono presenti a volte contemporaneamente atleti dilettanti, persone impegnate in pratiche sportive amatoriali o ludico motorie, allenatori, istruttori, collaboratori amministrativo gestionali, operatori ed anche spettatori, tutti soggetti al rischio infortunistico.

La complessità della materia e le responsabilità che la legge pone in capo ai “vertici” delle ASD impone una doverosa, anche se breve, precisazione iniziale. Il presidente in qualità di legale rappresentante del sodalizio oltre ad avere l’obbligo di porre in essere gli adempimenti, che verranno descritti nel seguito, è anche personalmente responsabile della tutela delle persone presenti a vario titolo nell’impianto sportivo (dipendenti, collaboratori, atleti e spettatori). Su di lui grava tra l’altro l’onere di elaborare il Piano delle emergenze con le planimetrie delle vie di esodo, di collocare presso i centri sportivi i presìdi antincendio e di primo soccorso e di adottare la segnaletica di sicurezza che va costantemente tenuta aggiornata.

Per tali molteplici e variegate responsabilità (civili e penali) è soggetto anche alla disciplina dettata dagli artt. 2043, 2050 e 2051 cod. civ. Al riguardo il Ministero del Lavoro nel rispondere ad un quesito[1] ha ricordato che gli artt. 2043 e 2051 cod. civ. impongono al responsabile dell’impianto o ASD che ne abbia la disponibilità «di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell’ambito delle attività di riferimento della associazione sportiva dilettantistica e che, pertanto ne sanciscono la responsabilità secondo i principi comuni della responsabilità civile e penale nel caso di danni causati a terzi da cose in disponibilità…».

Invece in relazione all’art. 2050 cod. civ.[2] occorre sempre distinguere tra pericolosità della condotta e pericolosità dell’attività. La prima è riconducibile ad un’attività con bassissimo livello di pericolosità (ogni attività umana anche la più innocua contiene sempre un livello anche minimo di pericolosità che deve comunque essere valutato) che diventa pericolosa a causa della negligenza ed imprudenza dell’attore. Ciò è elemento costitutivo della responsabilità prevista dall’art. 2043 cod. civ. che - in presenza di fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un ingiusto danno - obbliga al risarcimento colui che lo ha commesso.

Fatta questa doverosa premessa si affronteranno nel seguito solo gli adempimenti a carico delle ASD con riferimento al TUS con preminente riguardo ai collaboratori che a vario titolo prestano la propria attività a favore dell’Ente sportivo e degli atleti dilettanti tesserati rimandando ad altro momento l’approfondimento delle norme di sicurezza connesse alla conduzione e gestione degli impianti sportivi e della correlata tutela degli spettatori[3].

Applicabilità del D.Lgs. 81/2008 alle ASD

Punto di partenza dell’approfondimento è definire se la disciplina speciale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro dettata dal TUS si applica alle ASD ed in caso affermativo in che termini.

Da una attenta lettura della norma appare pacifica la sua applicazione alle ASD anche in ragione del fatto che il citato provvedimento non contempla nessun regime particolare di esclusione (parziale o totale) per tali Enti.

Tra l’altro il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha ribadito, sempre con la risposta al quesito dell’1.09.2010 sopra citato, che “alla luce della ampia definizione normativa di lavoratore e di datore di lavoro dettata dal D. Lgs. n. 81/2008 alle lettere a) e b) dell’art.2, nonché del campo di applicazione di cui all’art. 3 comma 1, che ricomprende tutti i settori di attività e tutte le tipologie di rischio, il mondo del non profit in generale e pertanto anche le associazioni o società sportive dilettantistiche, rientrano nel campo di applicazione del decreto in esame”.

Argazzi 10 3Si rileva altresì che l’art. 2 co.1 lett. a) del TUS considera lavoratore la persona “che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici e familiari”. Al lavoratore così definito vengono equiparati molteplici soggetti tra i quali, come si vede, non viene più ricompreso il volontario come definito dalla Legge n. 266/1991 con l’eccezione dei volontari della Protezione Civile e dei Vigili del Fuoco[4].

Nel successivo art. 3 relativo al campo di applicazione, si precisa (al comma 1) che le disposizioni del TUS si applicano a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio ed (comma 4) a tutti i lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati, fermo restando quanto previsto dai commi successivi del presente articolo.

Il comma 12 bis - nella formulazione introdotta dall’art. 32 del D.L. 21 giugno 2013 n. 69 recante «disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia» convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013 n. 98 - stabilisce che nei confronti dei soggetti che prestano la propria attività, spontaneamente e a titolo gratuito o con mero rimborso di spese, in favore delle ASD di cui alla legge n. 398/1991 e all'articolo 90 della legge n. 289/2002, e successive modificazioni, nonché nei confronti di tutti i soggetti di cui all'articolo 67, comma 1, lettera m) del TUIR in materia di imposte sui redditi sono soggetti all’applicazione dell’art. 21 del TUS soggiacendo così di fatto agli adempimenti in materia di sicurezza previsti per i lavoratori autonomi di cui all’art. 2222 cod. civ.[5]. Con accordo fra tali soggetti e l’Ente sportivo dilettantistico possono essere individuate le modalità di attuazione della precitata tutela.

Nel caso i medesimi svolgano la propria prestazione nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro, questi è tenuto a fornire loro dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti negli ambienti nei quali è chiamato ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione alla sua attività.

La locuzione “nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro” ha un significato ampio ed arriva a comprendere, a parere dello scrivente, anche le ASD che pur non essendo datore di lavoro si trovano ad operare, a mezzo dei propri volontari, in strutture e luoghi comunque organizzati da un datore di lavoro qual è ad esempio il caso di palestre gestite da istituti scolastici. In quest’ultima ipotesi il dirigente scolastico che abbia proprio personale impegnato “fianco a fianco” con i volontari di una ASD è tenuto ad adottare le misure utili a eliminare o, ove ciò non sia possibile, a ridurre al minimo i rischi da interferenze tra la prestazione del soggetto e altre attività che si svolgano nell'ambito della medesima organizzazione.

Adempimenti diversificati in base alle tipologie di collaborazioni in essere

Argazzi 10 1Da ciò discende che anche le ASD sono soggette ad una serie di obblighi riconducibili al TUS. Nel concreto per stabilire quali adempimenti l’Ente sportivo deve porre in essere occorre necessariamente partire dall’individuazione delle tipologie di lavoro che l’Associazione intrattiene con i propri collaboratori, distinguendo tra rapporti di lavoro subordinato e non subordinato. In un precedente articolo si sono commentate le tipologie di lavoro che si possono incontrare in una ASD[6]. Le più importanti hanno natura subordinata, autonoma e volontaria.

Ebbene nel caso l’Ente abbia in essere rapporti di lavoro qualificabili come subordinati è pacifica l’applicazione delle norme generali a tutela della salute e sicurezza sul lavoro. In particolare il sodalizio dovrà redigere il DVR cioè il Documento per la valutazione di tutti i rischi e per individuare tutte le misure a tutela della sicurezza e salute dei soggetti che prestano attività lavorativa. Parimenti dovrà designare il Responsabile del servizio prevenzione e protezione (RSPP)scegliendolo fra le persone in possesso delle capacità e dei requisiti professionali di cui all’articolo 32 del TUS, individuare i preposti (cioè quelle persone che in ragione delle competenze professionali acquisite coordinano e controllano il regolare svolgimento delle attività lavorative (ad esempio l’allenatore e l’istruttore sono preposti), nominare il medico competente nel caso si renda necessaria la sorveglianza sanitaria dei lavoratori, porre altresì in essere gli adempimenti previsti dall’art. 43 del TUS ed in particolare nominare e formare i lavoratori addetti alla gestione delle emergenze, dell’antincendio e del primo soccorso.

Stessi adempimenti sono previsti in presenza di prestatori di lavoro accessorio in quanto agli stessi si applicano le disposizioni previste dal TUS e tutte le altre norme speciali vigenti in materia di sicurezza e tutela della salute[7].

Se invece nell’Ente sportivo dilettantistico operano solo prestatori di lavoro volontario e gratuito o persone i cui redditi sono riconducibili a quelli di cui all’art.67, comma 1, lettera m) del TUIR (nel limite di 7.500 euro annui) gli adempimenti in materia di salute e sicurezza in capo al sodalizio sono quelli contemplati dall’art. 21 del TUS[8] e cioè in particolare l’utilizzo di attrezzature di lavoro in conformità alle disposizioni di legge e l’uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) che vanno adoperati in maniera conforme alle norme di legge.

Sull’argomento è intervenuta anche la Commissione interpelli dell’Amministrazione del Lavoro (vedi interpello n. 8/2014). La Federazione Italiana Cronometristi aveva presentato un quesito per avere chiarimenti in merito alla obbligatorietà o meno della redazione del DVR per i volontari. La Commissione ha dapprima effettuato varie premesse normative e poi ha ribadito che “il regime applicabile, per i soggetti che prestano la propria attività volontariamente e a titolo gratuito (o con mero rimborso spese) per le associazioni sportive dilettantistiche, di cui alla Legge n. 398/1991 e all'art. 90 della Legge n. 289/2002, sia quello previsto per i lavoratori autonomi di cui all'articolo 2222 del codice civile, per i quali l'art. 3, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone l'applicazione dell'art. 21” fermo restando, conclude la Commissione, l’applicazione dei principi generali di diritto che “impongono al responsabile dell'impianto o dell'associazione sportiva dilettantistica che di esso abbia la disponibilità - da individuare secondo la normativa di settore che regola la materia - di predisporre adeguate misure di tutela nei confronti di chi venga chiamato ad operare nell'ambito delle attività di riferimento dell'associazione sportiva dilettantistica e che, pertanto, ne sanciscono la responsabilità secondo i principi comuni civili e penali nel caso di danni causati a terzi da cose in disponibilità”.

Appare pacifico che questi ultimi adempimenti appena descritti vadano posti in essere anche per tutti gli altri prestatori di lavoro autonomo che a vario titolo operano nella ASD.

Argazzi 10 2Le tutele previste dal Testo Unico per gli atleti dilettanti

Da ultimo alcune riflessioni relative agli obblighi in capo alla ASD per gli atleti dilettanti alla stessa affiliati e che si allenano nelle strutture sportive direttamente gestite. Il tema è abbastanza complesso anche perché la figura dell’atleta dilettante non ha trovato ancora una precisa definizione sia nell’ambito dell’ordinamento giuridico nazionale che nelle disposizioni di settore.

Il decreto interministeriale 17.12.2004 con cui sono state definite le «modalità tecniche per l’iscrizione all’assicurazione obbligatoria presso la Cassa di previdenza per l’assicurazione degli sportivi, nonché i termini, la natura, l’entità delle prestazioni ed i relativi premi assicurativi» riferisce (art. 1 comma 2) che per atleti dilettanti si debbono intendere “tutti i tesserati che svolgono attività sportivo a titolo agonistico, non agonistico, amatoriale, ludico motorio o quale impiego del tempo libero” con esclusione degli atleti professionisti.

A ben vedere trattasi di una definizione sintetica e parziale che non chiarisce in modo preciso ed univoco i caratteri di tale importante figura.
A differenza di quanto avviene per l’attività sportivo professionistica dove la Legge 23 marzo 1981 n. 91 «Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti» ne ha dato una puntuale definizione. Infatti secondo la indicata normativa, art. 2, sono “sportivi professionisti gli atleti, gli allenatori, i direttori tecnico-sportivi ed i preparatori atletici, che esercitano l'attività sportiva a titolo oneroso con carattere di continuità nell'ambito delle discipline regolamentate dal CONI e che conseguono la qualificazione dalle federazioni sportive nazionali, secondo le norme emanate dalle federazioni stesse, con l'osservanza delle direttive stabilite dal CONI per la distinzione dell'attività dilettantistica da quella professionistica”.

Sempre con riferimento all’ambito professionistico il successivo art. 3 sottolinea che la prestazione a titolo oneroso dell'atleta è pacificamente riconducibile ad un rapporto di tipo subordinato regolato dalle norme contenute nella legge n. 81/1991. L’attività sportiva può essere anche attratta nell’ambito del lavoro autonomo; perché ciò avvenga è però necessario che ricorra uno almeno dei requisiti seguenti: (a) attività svolta nell'ambito di una singola manifestazione sportiva o di più manifestazioni tra loro collegate in un breve periodo di tempo; (b) l'atleta non sia contrattualmente vincolato per ciò che riguarda la frequenza a sedute di preparazione od allenamento; (c) la prestazione che è oggetto del contratto, pur avendo carattere continuativo, non superi otto ore settimanali oppure cinque giorni ogni mese ovvero trenta giorni ogni anno.

Dalla lettura combinata degli artt. 2 e 3 della legge in commento si desume che solo quegli sportivi che gareggiano per società sportive affiliate a Federazioni che hanno riconosciuto il settore professionistico possono essere considerati atleti professionisti[9]. Tutti gli altri rientrano nella categoria dei “dilettanti”, anche se svolgono la propria attività sportiva con continuità e prevalenza e dall’esercizio della stessa conseguono corrispettivi economici adeguati e molto spesso consistenti.

Dalle suesposte argomentazioni si qualificano due categorie di atleti dilettanti: la prima è composta da chi svolge la propria attività sportiva con i caratteri della continuità e della onerosità; nella seconda invece trovano posto quelli che svolgono prestazioni sportive con prevalente componente ludico motoria, fermo restando che nel periodo d’imposta gli eventuali compensi percepiti non possono eccedere la quota considerata esente ed attualmente pari a 7.500 euro.

Tale differenziazione è fondamentale per definire l’ambito delle tutele. Infatti gli atleti riconducibili alla seconda categoria (la stragrande maggioranza) non parrebbero rientrare nella definizione di “lavoratore” dettata dall’art. 2 co.1 lett. a) del TUS. A conforto di tale valutazione anche l’art. 74 del TUS che al comma 2 lett. e) non considera dispositivi di protezione individuale “i materiali sportivi quando utilizzati a fini specificamente sportivi e non per attività lavorative”. Pertanto ai fini del TUS, le tutele riservate a questa “classe” di atleti sono equiparabili a quelle garantite alla generalità degli spettatori presenti in una struttura sportiva.

Per finire un cenno alla prima categoria di atleti, cioè quella composta da chi nominalmente è considerato “dilettante”, in quanto la disciplina della Federazione di appartenenza non prevede il professionismo, ma che al pari degli sportivi professionisti svolge la propria attività in modo continuo, esclusivo o comunque prevalente, ricevendo un idoneo corrispettivo economico. In tale ipotesi a parere dello scrivente appaiono pienamente applicabili le norme di tutela previste dal TUS ed in particolare, nel caso ricorrano i presupposti di cui all’art. 2094 cod. civ., quelle riservate ai prestatori di lavoro subordinato. Quadrato Azzurro

Argazzi 10 4Note

[1] Risposta a quesito dell’1.09.2010 «Qual è la normativa applicabile in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratori nell’ambito delle ASD».

[2] Art. 2050 cod. civ. «Responsabilità per l’esercizio di attività pericolose»: Chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno.

[3] Per quanto riguarda gli impianti sportivi il riferimento è il DM 18.03.1996 (Norme di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi) coordinato con le modifiche ed integrazioni introdotte dal DM 6.06.2005 e, più recentemente, il D.P.R. 2.08.2011 in materia di prevenzione incendi,

[4] L’art. 2 del D.Lgs 106/2009 che ha apportato correttivi al D.Lgs 81/2008 così recita: “All’art. 2, comma1, lettera a) del decreto le parole: «il volontario, come definito dalla legge 11 agosto 1991 n. 266» e le parole «il volontario che effettua il servizio civile» sono soppresse.

[5] Ovviamente la novella introdotta dalla Legge 98/2013 non si applica in modo generalizzato a tutti i soggetti che prestano la propria attività in favore delle ASD ma solo a quelli che simultaneamente prestano la propria attività, spontaneamente ed a titolo gratuito o con mero rimborso delle spese effettivamente sostenute ed idoneamente documentate.

[6] Vedasi Lavoro@Confronto n. 9 Maggio/Giugno 2015 pagg. 29 -32.

[7] D.Lgs. 81/2008 art. 3 co.8: «Nei confronti dei lavoratori che effettuano prestazioni occasionali di tipo accessorio, ai sensi dell'articolo 70 e seguenti del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni e integrazioni, il presente decreto legislativo e tutte si applicano con esclusione dei piccoli lavori domestici a carattere straordinario, compresi l'insegnamento privato supplementare e l'assistenza domiciliare ai bambini, agli anziani, agli ammalati e ai disabili».

[8] Art. 21 D.Lgs. 81/2008 «Disposizioni relative ai componenti dell'impresa familiare di cui all'articolo 230-bis del codice civile e ai lavoratori autonomi».

[9] Attualmente le Federazioni che hanno istituito il settore professionistico sono sei e precisamente Calcio, Ciclismo, Basket, Golf, Motociclismo e Pugilato.

[*] Tiziano Argazzi è Funzionario attualmente in servizio presso la Direzione Territoriale del Lavoro di Rovigo.
Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero personale dell’Autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.


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