Il socio lavoratore tra autonomia e subordinazione

di Luigi Oppedisano ed Erminia Diana [*]

Oppedisano1. La società cooperativa di produzione e lavoro

La società cooperativa è disciplinata dal libro V, Titolo VI, articoli 2511 e seguenti del codice civile.

La cooperativa di lavoro è un modello di società, assimilabile per diversi aspetti a quelle di capitali, in cui assume particolare importanza il rapporto personale dei singoli soci, i quali entrano nella società cooperativa per fini di mutualità, cioè attuare una reciprocità di prestazioni per ottenere opportunità occupazionali a migliori condizioni rispetto al mercato.

Secondo l’articolo 2511 del c.c. le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico. Lo scopo mutualistico è l’elemento di differenziazione della società cooperativa rispetto alle altre tipologie di imprese. Il concetto di scopo mutualistico con la riforma del diritto societario del 2001 è stato rivisto alla luce delle nuove opportunità di sviluppo del fenomeno cooperativistico in genere. Per realizzare tali scopi il legislatore ha concepito una disciplina più flessibile dell’istituto inserendo strumenti capaci di contribuire a una capitalizzazione necessaria ed adeguata alle nuove regole di mercato.

La riforma si è concretizzata principalmente con il passaggio dalla cosiddetta mutualità pura, ossia dallo scambio mutualistico solo tra soci, alla disciplina della società cooperativa differenziata per gli enti a mutualità prevalente ed enti a mutualità non prevalente.

Le cooperative a mutualità prevalente[1] possono essere destinatarie di agevolazioni pubbliche. Secondo la legislazione vigente[2], sono da considerarsi cooperative a mutualità prevalente quelle che svolgono prevalentemente attività a vantaggio dei soci, consumatori o utenti di beni e servizi e che per la realizzazione dell’oggetto sociale si avvalgono soprattutto del lavoro dei propri soci.

Oppedisano Diana 2 2L’articolo 2513 del c.c. ha previsto i criteri per la definizione della prevalenza, stabilendo che gli amministratori ed i sindaci devono documentare la condizione di prevalenza nella nota integrativa al bilancio, evidenziando contabilmente i seguenti parametri:
a) i ricavi dalle vendite dei beni e dalle prestazioni di servizi verso i soci che devono essere superiori al cinquanta per cento del totale dei ricavi delle vendite e delle prestazioni, ai sensi dell'articolo 2425, primo comma, punto A1;
b) il costo del lavoro dei soci che deve essere superiore al cinquanta per cento del totale del costo del lavoro di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B9 computate le altre forme di lavoro inerenti lo scopo mutualistico. E’ questo il parametro che riguarda principalmente le cooperative di lavoro;
c) il costo della produzione per servizi ricevuti dai soci ovvero per beni conferiti dai soci che deve essere superiore al cinquanta per cento del totale dei costi dei servizi di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B7, ovvero al costo delle merci o materie prime acquistate o conferite, di cui all'articolo 2425, primo comma, punto B6 del bilancio di esercizio.

Sono stati riportati anche i parametri diversi da quelli previsti per le cooperative di produzione e lavoro poiché quando si realizzano contestualmente più tipi di scambio mutualistico, la condizione di prevalenza è documentata facendo riferimento alla media ponderata delle percentuali delle lettere precedenti.

Nelle cooperative agricole di conferimenti la condizione di prevalenza esiste quando la quantità o il valore dei prodotti conferiti dai soci è superiore al cinquanta per cento della quantità o del valore totale dei prodotti.

Il maggiore obbligo delle società cooperative a mutualità prevalente è l’iscrizione presso l’albo delle società cooperative gestito dal Ministero dello Sviluppo Economico. Inoltre tali enti devono indicare nel proprio statuto le previsioni contenute nel suddetto articolo 2514 del c.c. e prevedere, altresì, il versamento obbligatorio del 3% dell’utile prodotto ai fondi mutualistici per lo sviluppo della cooperazione.

Secondo l’articolo 2522 del c.c. per costituire una società cooperativa è necessario che i soci siano almeno nove. Può, comunque, essere costituita una società cooperativa da almeno tre soci quando gli stessi sono persone fisiche e la società adotta le norme della società a responsabilità limitata, nel caso di attività agricola possono essere soci anche le società semplici.

La cooperativa nasce sulla base di uno statuto che diventa parte integrante dell'atto costitutivo, in cui vengono stabiliti gli scopi ed il funzionamento. Lo statuto, così come l'atto costitutivo devono essere firmati dai soci fondatori della cooperativa davanti ad un notaio.

Qualora successivamente alla costituzione il numero dei soci diventa inferiore a quello stabilito, esso deve essere integrato nel termine massimo di un anno trascorso il quale la società si scioglie e deve essere posta in liquidazione.

La norma riassume le caratteristiche fondamentali del modello cooperativo, richiamando espressamente la variabilità del capitale sociale, conservando un ruolo determinante sulla centralità dello scopo mutualistico nella qualificazione della società cooperativa. Per quanto riguarda le quote o le azioni, l'articolo 2525 c. c. prevede che il valore nominale di ciascuna quota o azione non possa essere inferiore ad € 25,00, né superiore ad € 500,00. Inoltre, il limite massimo in termini di quota di partecipazione o numero complessivo di azioni detenibile da ciascun socio è stato fissato in € 100.000,00.

In base a quanto stabilito dall’articolo 2519 del c.c. la cooperativa si può costituire secondo il modello di società per azioni (SpA) oppure secondo il modello della società a responsabilità limitata (SRL). In termini generali, se l'atto costitutivo della società nulla prevede, il modello di riferimento della società cooperativa è costituito dalla società per azioni. Perché trovino applicazione le norme sulla SRL l'opzione espressa dallo statuto deve concorrere con il rispetto delle condizioni che consentono positivamente e segnatamente di optare per questo tipo societario.

L05 Oppedisano Diana 9a società cooperativa si basa su alcuni principi fondamentali. Il primo è la mutualità [3], che si sostanzia con lo scambio mutualistico. Il secondo è il principio della porta aperta che si concretizza con l’opportunità per i nuovi soci di potersi aggiungersi ai soci preesistenti senza alcun limite di numero. Il terzo è costituito dalla democraticità della partecipazione, in base al quale i soci hanno uguale diritto di voto indipendentemente dalle quote di partecipazione al capitale sociale. Inoltre, il capitale è variabile in relazione al numero dei soci ed alle decisioni dell’assemblea.

Si evidenzia che la società cooperativa è governata dai seguenti organi sociali: l'assemblea dei soci, il consiglio di amministrazione o l’amministratore unico ed il collegio sindacale che diventa obbligatorio solo nei casi previsti dall’articolo 2477 del c.c.

2. Il socio lavoratore

Dal rapporto di lavoro scaturiscono diritti e doveri legati allo specifico contratto di lavoro stipulato tra il socio e la cooperativa: subordinato, autonomo o in qualsiasi altra forma con eccezione che occasionale. La norma, in modo esplicito prevede che in mancanza dell'adozione del regolamento interno le cooperative non potranno inquadrare i soci con un rapporto diverso da quello subordinato.

La norma che disciplina il socio lavoratore è la legge 3 aprile 2001, n. 142 che regola i rapporti di lavoro tra cooperativa e socio lavoratore[4]. La normativa, sicuramente innovativa, ha recepito quanto da diverso tempo ha richiesto il movimento sindacale sul carattere lavoristico della prestazione, o meglio del lavoro del socio, in controtendenza all’orientamento già consolidato della giurisprudenza sulla peculiarità ed onnicomprensività del rapporto associativo. L’intento del legislatore era quello di ridefinire la posizione del socio lavoratore nell’impresa cooperativa, tutelando altresì lo stesso lavoratore nella sua duplice condizione di socio (partecipazione concreta alle scelte programmatiche, progettuali e gestionali dell’impresa cooperativa) e prestatore di lavoro (tutela contrattuale, previdenziale e dei diritti sindacali).

Il legislatore ha compiuto una scelta chiara nel riconoscere il giusto rilievo al rapporto associativo introducendo il cosiddetto "principio del rapporto di scambio ulteriore". Accanto al rapporto associativo, si affianca un ulteriore rapporto che è quello di lavoro, il quale può assumere forme diverse: subordinato o autonomo o di qualsiasi altra forma, ivi compresa quella di collaborazione coordinata non occasionale.

I tempi ormai erano maturi ed il dibattito era acceso. È prevalsa la “teoria dualistica”[5] in base alla quale sono compresenti in capo al socio di due distinti rapporti con l’ente, quello societario e quello di lavoro. Pertanto, sono applicabili al socio lavoratore tutte le tutele giuslavoristiche tipiche del lavoro subordinato. Secondo la predetta teoria, si ritiene necessario stipulare un ulteriore rapporto contrattuale fra socio e cooperativa per disciplinare il rapporto del primo nei confronti della seconda. In sintesi, si affiancano alle regole societarie le regole giuslavoristiche tipiche per il rapporto instaurato. L’apporto lavorativo del socio è pertanto aggiuntivo rispetto a quello societario e da questi ne è distinto, rappresentando una prestazione accessoria in quanto sia stato previsto nell’atto costitutivo l’obbligo della prestazione lavorativa, oltre agli altri obblighi contrattualmente accettati dal socio al momento dell’associazione alla cooperativa.

Si evidenzia come in relazione al rapporto associativo, il socio lavoratore concorre alla gestione dell’impresa partecipando alla formazione degli organi sociali ed alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell’impresa; partecipa all’elaborazione di programmi di sviluppo ed alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell’azienda; contribuisce alla formazione del capitale sociale e partecipa al rischio d’impresa, ai risultati economici e alle decisioni sulla loro destinazione; mette a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo ed allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa. L’ulteriore rapporto può essere alternativamente di tipo subordinato, ovvero parasubordinato o autonomo.

05 Oppedisano Diana 8Il comma 1 dell’articolo 3 della legge 142/2001 stabilisce che le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e, comunque, non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

Le condizioni che disciplinano il rapporto con la società del socio lavoratore sono indicate nel regolamento interno.

La principale tipologia lavorativa utilizzata all’interno della società cooperativa è, certamente, rappresentata dal rapporto di lavoro come socio lavoratore subordinato che si distingue dall’ordinaria figura del lavoratore subordinato in virtù della partecipazione alla vita sociale della cooperativa, presupposto imprescindibile all’effettiva esistenza del rapporto associativo.

Nel rapporto di lavoro di tipo subordinato la retribuzione del socio non può essere inferiore rispetto ai minimi stabiliti dai contratti collettivi del settore o delle categorie affini; si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. statuto dei lavoratori) con esclusione dell'articolo 18. Infatti, in caso di cessazione del rapporto associativo (perdita della qualità di socio a seguito di esclusione o recesso) cessa anche il rapporto di lavoro: il socio escluso senza giusta causa o giustificato motivo non può chiedere di essere reintegrato nel posto di lavoro.

Inoltre, i diritti sindacali previsti dal titolo III - articoli da 19 al 27 - della legge 20 maggio 1970, n. 300, c.d. statuto dei lavoratori, possono essere esercitati solo in seguito alla stipulazione di un accordo collettivo tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative. I diritti a cui si fa riferimento riguardano: la costituzione delle rappresentanze sindacali aziendali, l’assemblea, il referendum, trasferimento dei dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali, permessi retribuiti, permessi non retribuiti, diritto di affissione, contributi sindacali e locali delle rappresentanze sindacali aziendali.

Nel rapporto di lavoro di tipo autonomo o in altra forma, per quanto attiene al corrispettivo, la normativa prevede che in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, si deve fare riferimento ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo. Anche per tale tipologia si applicano le disposizioni della legge n. 300/1970 (c.d. statuto dei lavoratori) relative alla libertà di opinione, al divieto di indagine sulle opinioni, al diritto di associazioni e attività sindacale, al divieto di atti discriminatori.

Con la riforma del diritto societario nella società cooperativa sono presenti sei diverse categorie di soci. Il socio lavoratore che riceve un compenso in forma di retribuzione con busta paga o nelle altre forma prevista dalla legge, per le prestazioni lavorative effettuate; il socio sovventore che riceve utili economici in relazione all’apporto di capitale, il socio fruitore che utilizza il servizio fornito, in relazione al capitale versato alla cooperativa (tipico nelle cooperative di consumo ed edilizie o di abitazione); il socio volontario che opera in modo spontaneo e gratuito senza fini di lucro (sono previsti nelle cooperative sociali); il socio cooperatore che partecipa al raggiungimento dello scopo mutualistico all'interno della cooperativa ed il socio onorario che è previsto nelle cooperative di produzione lavoro, generalmente ammesso per l'apporto di un contributo particolare. Questi ultimi soci non versano il capitale sociale, hanno diritto di parola, ma non di voto durante l'assemblea.

Un particolare riferimento merita l’argomento riguardante l'ingresso in cooperativa di nuovi soci. Nelle società cooperative vige il principio della “porta aperta” secondo cui chiunque, purché in possesso dei requisiti soggettivi richiesti dalla legge o dall'atto costitutivo, può chiedere di essere ammesso come socio nella società. Formalmente, l'aspirante socio deve presentare all'organo amministrativo una domanda di ammissione, indicando specificamente la qualifica di socio che intende assumere (cooperatore, sovventore o altra tipologia prevista) e la quota sociale che è disposto a sottoscrivere. L'organo amministrativo deve verificare la rispondenza dei requisiti soggettivi dell'aspirante e deliberarne l'ammissione in caso di esito positivo. La decisione dell’organo decisionale deve essere riportata sul relativo libro dei verbali e deve esserne fatto esplicito riferimento nell'annotazione da effettuarsi sul libro soci. L'ingresso in società di nuovi soci si perfeziona con la sottoscrizione ed il versamento della quota o azioni di capitale sociale e con la relativa annotazione nel libro soci.

05 Oppedisano Diana 3Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale per l’Attività Ispettiva[6] con riferimento alla sospensione del rapporto di lavoro con i soci lavoratori ha sostenuto, tra l’altro, come con “l’attribuzione al socio lavoratore dei diritti e delle libertà negoziali, derivanti dal rapporto di lavoro comporta il riconoscimento alla cooperativa della qualità di datore di lavoro e al contempo risulta finalizzata a garantire le tutele minime poste a presidio del socio stesso”. Inoltre, il suddetto dicastero ricorda come “l’articolo 6, comma 1 lett. d), della legge n. 142/2001 attribuisce all’assemblea la facoltà di deliberare all’occorrenza un piano di crisi aziendale, volto alla salvaguardia dei livelli occupazionali, mediante il quale stabilire “la possibilità di una riduzione temporanea dei trattamenti economici integrativi” di cui al comma 2, lettera b), dell’art. 3, nonché “il divieto per l’intera durata del piano di distribuzione degli eventuali utili”. Nel merito, il predetto Ministero ha sostenuto che “in caso di riduzione dell’attività lavorativa per cause di forza maggiore o di circostanze oggettive, ovvero nelle ipotesi di crisi determinate da difficoltà temporanee della cooperativa, il regolamento interno potrebbe prevedere l’istituto della sospensione del rapporto di lavoro e, dunque, della sospensione delle reciproche obbligazioni contrattuali, scongiurando in tal modo il rischio di eventuali licenziamenti”.

Alle società cooperative, a prescindere dalla tipologia di contratto scelta dai soci – subordinato, autonomo o in altra forma - si applicano le disposizioni in materia di sicurezza e igiene sul lavoro di cui al D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Inoltre, la normativa prevede che la società è tenuta ad effettuare gli adempimenti previsti dal D.Lgs. 21 aprile 2000, n. 181, per quanto attiene l'assunzione, la trasformazione e la cessazione del rapporto di lavoro del socio lavoratore. La comunicazione di assunzione deve essere comunicata al competente Centro per l'impiego entro il giorno precedente all’assunzione stessa mediante il servizio informatico C.O. e le comunicazioni relative alla trasformazione ed alla cessazione del rapporto devono essere effettuate, sempre mediante il Servizio informatico C.O., entro il termine di cinque giorni.

Il socio lavoratore impiegato secondo la tipologia contrattuale di lavoro subordinato o in qualsiasi altra forma, secondo quanto sancito dalla normativa, deve essere iscritto nel Libro Unico del Lavoro[7]

3. Il regolamento interno

Una norma particolarmente importante ai fini della disciplina generale del socio lavoratore è quella contenuta nell'articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142, dedicata all'obbligo da parte delle cooperative di approvare un regolamento interno.

È stato previsto, infatti, che le cooperative di lavoro di vecchia costituzione erano tenute a definire, entro il 31 dicembre 2003, un regolamento, approvato dall'assemblea dei soci, sulla tipologia dei rapporti che si intendevano istaurare, in forma alternativa, con i soci lavoratori. Attualmente il predetto regolamento deve essere depositato entro trenta giorni dall'approvazione presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio.

La norma stabilisce gli istituti che devono essere previsti dal regolamento, quali i contratti collettivi applicabili ai soci lavoratori con rapporto di lavoro di tipo subordinato e la normativa vigente per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato.

Inoltre, il regolamento deve prevedere:

  • le modalità di svolgimento delle prestazioni lavorative da parte dei soci, in relazione all'organizzazione aziendale della cooperativa ed ai profili professionali dei soci stessi, anche nei casi di tipologie diverse da quella del lavoro subordinato;
  • l'attribuzione all'assemblea della facoltà di deliberare, all'occorrenza, un piano di crisi aziendale, nel quale siano salvaguardati, per quanto possibile, i livelli occupazionali, con quanto ne consegue sotto il profilo della riduzione temporanea dei trattamenti economici e del divieto, per l'intera durata del piano, di distribuzione di eventuali utili. In caso di crisi aziendale, l'assemblea può deliberare forme di apporto anche economico, da parte dei soci lavoratori, alla soluzione della crisi, in proporzione alle disponibilità e capacità finanziarie;
  • la facoltà per l'assemblea delle cooperative di nuova costituzione di deliberare un piano d'avviamento alle condizioni e secondo le modalità stabilite in accordi collettivi tra le associazioni nazionali del movimento cooperativo e le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

La norma specifica prevede inoltre che, salve le fattispecie relative ai piani di crisi e di avviamento delle cooperative, ovvero quelle concernenti le cooperative della piccola pesca, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto al solo trattamento economico minimo previsti dai contratti collettivi nazionali[8]. Qualora non venga rispettato tale principio, il legislatore ha previsto che la clausola difforme è nulla.

Altro elemento derogatorio alla disciplina relativa all'applicabilità dei CCNL alle cooperative di lavoro riguarda le cooperative sociali finalizzate ad integrare nel mondo del lavoro persone svantaggiate[9]. Esse possono definire accordi territoriali con le organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative per rendere compatibile l'applicazione del contratto collettivo di lavoro nazionale di riferimento all'attività svolta. Tale accordo deve essere depositato presso la Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio.

L'articolo 6 merita alcune osservazioni aggiuntive. Il regolamento, nel rispetto alla norma contenuta nella lettera a) dell'articolo 6 della legge 142/2001, deve richiamare il CCNL applicabile e questo, tuttavia, non significa riprodurre passivamente la normativa contrattuale. Perciò, ai fini di una ricostruzione originale del regolamento, particolare attenzione deve essere rivolta agli aspetti sostanziali, con specifico riferimento all'orario di lavoro, al riposo settimanale, alle festività, al lavoro straordinario, notturno e festivo, alle ferie, al trattamento in caso di malattia ed infortunio, alle trasferte, al part-time, anche diversamente dalle parti normative del CCNL.

05 Oppedisano Diana 7Per quanto riguarda poi la nozione di stato di crisi aziendale, è opportuno consigliare di fare riferimento alle fattispecie previste dalla Direttiva 19 aprile 2001 dei Ministri del Lavoro e del Tesoro, avente ad oggetto la riduzione delle sanzioni civili connesse ad inadempienze contributive, ai sensi dell'art. 116, comma 15, della legge Finanziaria 2001. Le causali previste da siffatta Direttiva considerano la contrazione o sospensione dell'attività produttiva derivante da eventi transitori, non imputabili alla cooperativa; situazioni temporanee di mercato; crisi economiche settoriali e locali; una carenza di liquidità finanziaria connessa al documentato e ritardato introito di crediti maturati. Continuando sul tema della crisi aziendale, si asserisce che l'assemblea può deliberare particolari misure allo scopo di fare fronte la situazione e mantenere i livelli occupazionali. Nel merito, gli apporti dei soci lavoratori potrebbero consistere in una riduzione temporanea dei trattamenti economici che, alla luce di quanto disposto dall’articolo 6, comma 1 della lettera e) e dal comma 2 dell'articolo 6, della legge 142/2001, potrebbero essere inferiori al trattamento previsto dal contratto collettivo nazionale applicabile. Sono altresì ipotizzabili deliberazioni assembleari che prevedano apporti temporanei da parte dei soci lavoratori in termini di ore di lavoro gratuito predeterminate e di disponibilità alla flessibilità temporale nelle prestazioni lavorative.

Il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali[10], in ordine alla possibilità che il regolamento interno contempli l’istituto della sospensione del rapporto di lavoro con i soci lavoratori, ha fatto presente che siffatta “possibilità trova rispondenza nel dettato normativo laddove all’art. 1, comma 2 lett. d), L. n. 142/2001 si stabilisce che i soci lavoratori «mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell’attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa». Il predetto Dicastero sostiene ancora come «in conformità ai principi di trasparenza e parità di trattamento, si ritiene comunque necessario che le cause legittimanti la sospensione temporanea dell’attività, per le quali non è presentata richiesta di ammortizzatori sociali, siano specificatamente individuate dal regolamento interno e di volta in volta deliberate dal consiglio di amministrazione della cooperativa o comunque da chi abbia titolo secondo statuto».

Un richiamo specifico meritano gli Osservatori della Cooperazione istituiti presso le Direzioni Territoriali del lavoro, presieduti dal dirigente della D.T.L. ed ai quali partecipano i dirigenti dell’INPS e dell’INAIL, i rappresentanti dei sindacati maggiormente rappresentativi e i rappresentanti delle associazioni nazionali del movimento cooperativo AGCI, CONFCOOPERATIVE, LEGA NAZIONALE COOPERATIVE E MUTUE. Le D.T.L. convocano periodicamente gli Osservatori ed effettuano la vigilanza secondo gli impegni presi con le parti componenti l’Osservatorio nelle riunioni e secondo una programmazione annuale. Inoltre procedono ad esaminare regolamenti interni secondo le indicazioni della legge n. 142/2001, anche per verificare l’esatta indicazione delle tipologie contrattuali ed i o contratti collettivi applicabili. L’attività ispettiva espletata deve essere effettuata tenendo conto delle direttive ministeriali che prevedono il 30% delle ispezioni da effettuare nei confronti delle cooperative associate ed il 70% delle non associate.

4. La disciplina previdenziale applicabile al rapporto di lavoro del socio lavoratore

Il trattamento previdenziale ed assicurativo applicabile al socio lavoratore è quello previsto dal regolamento interno o, in mancanza di esso, dalla contrattazione collettiva di settore. La normativa ha previsto che i trattamenti economici dei soci lavoratori con i quali si è instaurato un rapporto di tipo subordinato, ad eccezione dei quelli erogati a titolo di ristorno, sono considerati, agli effetti previdenziali, reddito da lavoro dipendente.

La legge 27 dicembre 2006, n. 296, legge finanziaria 2007, ha disposto il progressivo aumento nel corso del triennio 2007 – 2009 della retribuzione giornaliera imponibile ai fini contributivi per i lavoratori soci di cooperative, al fine di arrivare gradualmente all’equiparazione della loro contribuzione previdenziale ed assistenziale a quella dei dipendenti dell’impresa in generale.

05 Oppedisano Diana 6La legge n. 296/2006[11] ha disposto l’aumento della retribuzione giornaliera imponibile dei lavoratori soci delle cooperative sociali, dei lavoratori soci delle cooperative operanti nell’area dei servizi socio-assistenziali, sanitari e socio-educativi e dei lavoratori soci di altre cooperative operanti in settori ed ambiti territoriali per le quali siano stati adottati decreti ministeriali ai fini del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza sociale (art. 35 del D.P.R. n. 797/1955 - T.U. sugli assegni familiari). La norma ha stabilito che la retribuzione giornaliera è aumentata del 30% per l’anno 2007, del 60% per l’anno 2008 e del 100% per l’anno 2009.

A decorrere dal 1° gennaio 2009, con la completa equiparazione delle modalità di determinazione dell’imponibile contributivo dei lavoratori soci a quelli dell’impresa, è cessata l’operatività del criterio convenzionale di determinazione dei periodi di occupazione. Di conseguenza, come per la generalità dei lavoratori anche per i lavoratori soci delle cooperative, la retribuzione imponibile ai fini contributivi deve essere rapportata al numero di giornate di effettiva occupazione. 

E bene ricordare che la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza ed assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione d'importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo[12]. L’INPS ricorda, inoltre, che anche i “datori di lavoro non aderenti neppure di fatto alla disciplina collettiva posta in essere dalle organizzazioni sindacali, in forza della predetta norma, sono obbligati, agli effetti del versamento delle contribuzioni previdenziali ed assistenziali, al rispetto dei trattamenti retributivi stabiliti dalla disciplina collettiva”.

Il legislatore ha previsto per diversi settori di attività i valori minimi di retribuzione giornaliera ai fini contributivi e gli stessi devono essere annualmente aggiornati in relazione all’aumento dell’indice del costo della vita[13]. Considerato che l’ISTAT ha accertato che per l’anno 2013 la variazione percentuale ai fini della perequazione automatica delle pensioni è stata pari all’1,1% ed il 9,5% del trattamento minimo di pensione a carico del fondo pensioni lavoratori dipendenti in vigore all’1/1/2014 è pari a € 500,88, il limite di retribuzione giornaliera rivalutata per l’anno 2014 risulta pari a € 47,58.

Al riguardo l’INPS[14] con la circolare n. 20/2014 ha stabilito, per l’anno 2014, che la retribuzione minima imponibile ai fini del versamento della contribuzione previdenziale ed assistenziale dei lavoratori di società ed organismi cooperativi di cui al D.P.R. 30/4/1970, n. 602 è fissata in € 47,58 giornaliera, pari al 9,5% del minimo di pensione del mese di gennaio 2014 e lo stipendio minimo contributivo mensile (minimale giornaliero per 26) risulta essere di € 1.237,08.

Quanto alle aliquote contributive, le società cooperative non godono di particolari agevolazioni. Tali enti cooperativi sono tenuti al versamento delle stesse aliquote contributive per la generalità delle imprese, a seconda comunque del settore di inquadramento.

Il legislatore, con il D.L. 31 dicembre 2007, n. 248[16], convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 2008, n. 31, intervenendo nuovamente sull’argomento, a voluto chiarire quali sono i trattamenti economici da riconoscere ai soci lavoratori. La norma ha stabilito che i trattamenti economici complessivi dei soci non possono essere “inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.

5. Il recesso dal rapporto associativo ed il licenziamento

Il recesso consiste in una dichiarazione di volontà attraverso la quale il socio si libera unilateralmente da un rapporto giuridico. Il recesso si spiega come una dichiarazione di volontà con cui il socio tronca il rapporto che lo lega alla società cooperativa, cioè quel rapporto societario, in modo tale di cessare di farne parte, vale a dire uscendo da essa.

Nella società cooperativa il tema del recesso bisogna trattarlo tenendo presente comunque dell’altro rapporto che lega la società al socio cooperatore, il quale non solo è parte del rapporto sociale, ma anche del rapporto mutualistico, quello che costituisce l’elemento principale di una società cooperativa, il principio che la contraddistingue dalle altre società.

Il recesso, nel particolare momento, rappresenta nella società cooperativa un argomento di eccezionale attualità per ragioni naturali, dato che esso rappresenta terreno di raffronto tra bisogno di stabilità e di crescita dell’impresa cooperativa e l’interesse dei soci a riconquistare la libertà contrattuale nonché al disinvestimento del capitale. Tali interessi possono entrare in conflitto soprattutto nei periodi di difficoltà dell’impresa e di crisi economica[16].

05 Oppedisano Diana 4Va messo in evidenza che quando il licenziamento del socio lavoratore viene disposto contestualmente alla perdita della qualifica di socio, non si applica l’articolo 18 della legge 20 maggio 1970, n. 300, c.d. statuto dei lavoratori. Nel merito si evidenzia che la legislazione ritiene che quando il licenziamento diviene la conseguenza dell’esclusione dal rapporto associativo, tuttavia, per decidere sulla legittimità del licenziamento è necessario e sufficiente decidere sulla legittimità dell’esclusione da socio. Inoltre, in caso di esclusione da socio e, di conseguenza, in caso di licenziamento, le garanzie per il lavoratore sono quelle associative. Nel merito la recente giurisprudenza[17] ha affermato che la competenza per la causa relativa alla delibera di esclusione del socio di cooperativa e per la causa connessa sul licenziamento del medesimo quale lavoratore spetta al giudice ordinario e non al giudice del lavoro.

Il comma 1 dell’articolo 2532 del c.c. prevede che il socio cooperatore può recedere dalla società nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo. La volontà di voler recedere, in ogni caso, deve essere comunicata alla società con lettera raccomandata ed il consiglio di amministrazione deve esaminarla entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione. Qualora i presupposti per il recesso non dovessero sussistere, gli amministratori devono darne tempestiva comunicazione al socio il quale può, entro il termine di sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione, presentare opposizione al competente tribunale.

Nella realtà, la disposizione in materia, cioè il comma 1 dell’art. 2532 c.c., non lascia alcuna ombra di dubbio nello stabilire che il socio di cooperativa può recedere soltanto “nei casi previsti dalla legge e dall’atto costitutivo”. Questo significa che il diritto di recedere sorge solamente in presenza di una specifica ragione riconosciuta dalla legge o dallo statuto. E ciò implica che il socio di una cooperativa non può recedere liberamente, ma solo in presenza di fatti, circostanze e vincoli previsti dalla legge (c.d. cause legali di recesso) o dallo statuto (c.d. cause statutarie di recesso).

Si aggiunge inoltre che per quanto riguarda il rapporto sociale, il recesso ha effetto normalmente dalla comunicazione del provvedimento di accoglimento della domanda e, qualora, la legge o l’atto costitutivo non dispongano diversamente, per i rapporti mutualistici tra socio e società, il recesso ha effetto con la chiusura dell'esercizio in corso, se la comunicazione è avvenuta tre mesi prima, diversamente, con la chiusura dell'esercizio successivo.

Nelle società cooperative di lavoro lo scambio mutualistico è rappresentato dalla prestazione lavorativa del socio lavoratore e, qualora dovesse venire meno tale opportunità, cioè la prestazione lavorativa, si verifica di sicuro lo scioglimento del rapporto di lavoro del socio con la società, ma potrebbe ancora coesistere il rapporto societario. Si pensi alla imprese operanti nel settore dell’edilizia quando chiude il cantiere perché il fabbricato è stato ultimato.

La legislazione vigente prevede che la cessazione del rapporto di lavoro del socio lavoratore deve essere comunicata al centro per l'impiego entro il termine di 5 giorni con il relativo modello comunicazione obbligatoria.

05 Oppedisano Diana 16. La retribuzione del socio lavoratore

Alla luce di quanto previsto dell’attuale normativa, l’emolumento del socio lavoratore non è più raffigurato dalla semplice partecipazione agli utili ed ai vantaggi mutualistici della cooperativa.

La nuova disciplina, la legge n. 142/2001, prevede, difatti, che la remunerazione deve essere parametrata alla contrattazione collettiva di settore[18] o nei casi in cui si tratti di rapporti di natura autonoma ai compensi previsti in altri settori di attività secondo gli usi.

In primis, va messo in evidenza come la norma, nel fare esplicitamente riferimento a quanto previsto dall’articolo 36 della legge 20 maggio 1970, n. 300 (c.d. Statuto dei Lavoratori), a proposito degli appalti pubblici, secondo la quale "nei capitolati di appalto attinenti all'esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l'obbligo per l'appaltatore di applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria o della zona", rinvia il ragionamento all’altro articolo 36, quello della Costituzione, secondo la quale "il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa". La disciplina stabilisce, altresì, che le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore che sceglie la forma del contratto di lavoro subordinato un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del settore.

Mentre al socio lavoratore che sceglie la forma del contratto di lavoro autonomo, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, devono essere riconosciuti i compensi medi in uso per prestazioni analoghe.

Il secondo comma dell'articolo 3 della legge 142/2001 stabilisce che ulteriori trattamenti economici possono essere deliberati dall'assemblea ed essere erogati: 1) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati tra le centrali cooperative e le organizzazioni sindacali, ai sensi dell'art. 2 della legge medesima; 2) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi suddetti, mediante integrazioni delle retribuzioni medesime ovvero mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti massimi di partecipazione individuale al capitale sociale, ovvero mediante distribuzione gratuita delle azioni di partecipazione cooperativa, di cui all' art. 5 della legge 31 gennaio 1992, n. 59.

Un elemento innovativo costituisce poi l'aumento al 30% del ristorno, con la possibilità di destinarlo anche ad aumento del capitale sociale. Il ristorno può, pertanto, essere utilizzato per diversi scopi, sostanzialmente riassumibili nell'aumento del trattamento retributivo o nell'aumento del capitale del socio. Inoltre, sempre in materia di ristorno, va evidenziata la norma contenuta nell'articolo 4, secondo comma, la quale stabilisce che le somme erogate a tale titolo non sono considerate agli effetti previdenziali reddito da lavoro dipendente. Perciò, sulle somme erogate a titolo di ristorno non si versano i contributi previdenziali.

La legge 14 febbraio 2003, n. 30 ha previsto un regime derogatorio per le cooperative della piccola pesca di cui alla legge 13 marzo 1958, n. 250, le quali possono corrispondere ai propri soci lavoratori un compenso proporzionato all'entità del pescato, secondo criteri e parametri stabiliti dal regolamento interno previsto dall'art. 6.

7. Conclusioni

A tutto quanto esposto si ritiene opportuno aggiungere che giova ricordare una particolare tutela per il socio lavoratore in caso di successione di appalti, regolata da previsioni contrattuali, tendenti a garantire il reimpiego (c.d. obbligo di assorbimento) presso il nuovo appaltatore dei lavoratori e dei soci lavoratori occupati presso il precedente appaltatore. Nel caso di mancato rispetto delle suddette previsioni contrattuali i lavoratori possono adire il giudice del lavoro per l’accertamento del proprio diritto all’assunzione presso l’appaltatore subentrante.

Inoltre, si evidenzia che alle società cooperative si applica l’istituto della responsabilità solidale prevista dall’art. 29, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003. In base a tale norma in caso di appalto di servizi il committente imprenditore o datore di lavoro è obbligato in solido con l'appaltatore, entro il limite di un anno dalla cessazione dell'appalto, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi e i contributi previdenziali dovuti.

In conclusione, si ritiene che la legge 142/2001 abbia posto fine ad un lungo dibattito sulla posizione del socio lavoratore. La mancanza di un assetto giuridico preciso aveva ingenerato notevoli diversità di trattamento in tutti gli aspetti contributivi e previdenziali. Notevole al riguardo è il potere contrattuale delle associazioni di rappresentanza che sottoscrivono contratti collettivi a favore del movimento cooperativo e che con la loro partecipazione agli Osservatori provinciali possono contribuire alla conoscenza del fenomeno cooperativistico del territorio e ad indirizzare l’attività di vigilanza sul lavoro in modo da contribuire a creare la cooperazione sana ed eliminare la concorrenza sleale tra le imprese e la diffusione dell’illegalità. Quadrato Azzurro

Note

[1] L’articolo 2514 del c.c. stabilisce che le cooperative a mutualità prevalente devono prevedere nei propri statuti:
a) il divieto di distribuire i dividendi in misura superiore all'interesse massimo dei buoni postali fruttiferi, aumentato di due punti e mezzo rispetto al capitale effettivamente versato;
b) il divieto di remunerare gli strumenti finanziari offerti in sottoscrizione ai soci cooperatori in misura superiore a due punti rispetto al limite massimo previsto per i dividendi;
c) il divieto di distribuire le riserve fra i soci cooperatori;
d) l'obbligo di devoluzione, in caso di scioglimento della società, dell'intero patrimonio sociale, dedotto soltanto il capitale sociale e i dividendi eventualmente maturati, ai fondi mutualistici per la promozione e lo sviluppo della cooperazione.

[2] Secondo l’articolo 2512 del c.c. sono da considerarsi società cooperative a mutualità prevalente, in ragione del tipo di scambio mutualistico, quelle che:
1) svolgono la loro attività prevalentemente in favore dei soci, consumatori o utenti di beni o servizi;
2) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, delle prestazioni lavorative dei soci;
3) si avvalgono prevalentemente, nello svolgimento della loro attività, degli apporti di beni o servizi da parte dei soci.
Le società cooperative a mutualità prevalente si iscrivono in un apposito albo, presso il quale depositano annualmente i propri bilanci.

[3] Il comma 1 dell’articolo 45 della Costituzione prevede che “La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l'incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità”.

05 Oppedisano Diana 2[4] Il comma 2 dell’articolo 1 della legge 3 aprile 2001, n. 142 prevede che “i soci lavoratori di cooperativa:
a. concorrono alla gestione dell'impresa partecipando alla formazione degli organi sociali e alla definizione della struttura di direzione e conduzione dell'impresa;
b. partecipano alla elaborazione di programmi di sviluppo e alle decisioni concernenti le scelte strategiche, nonché alla realizzazione dei processi produttivi dell'azienda;
c. contribuiscono alla formazione del capitale sociale e partecipano al rischio d'impresa, ai risultati economici ed alle decisioni sulla loro destinazione;
d. mettono a disposizione le proprie capacità professionali anche in relazione al tipo e allo stato dell'attività svolta, nonché alla quantità delle prestazioni di lavoro disponibili per la cooperativa stessa.
Il comma 3 dell’articolo 1 della legge 142/2001 prevede che “Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore e distinto rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.

[5] Enio ZAMBON, Convegno A.G.C.I. Toscana: LA COOPERAZIONE: VALORI ed IMPRESA, Follonica (GR), 27 gennaio 2006.

[6] MLPS – Interpello 24 gennaio 2013, n. 1 proposto dalle associazioni di tutela e rappresentanza del movimento cooperativa (AGCI – Confcooperative e Legacoop).

[7] MLPS – circolare 21 agosto 2008, n. 20.

[8] Il comma 2 dell’articolo 6 della legge 3 aprile 2001, n. 142 prevede che “Salvo quanto previsto alle lettere d), e) ed f) del comma 1, il regolamento non può contenere disposizioni derogatorie in pejus rispetto ai trattamenti retributivi ed alle condizioni di lavoro previsti dai contratti collettivi nazionali di cui all'articolo 3. Nel caso in cui violi la disposizione di cui al primo periodo, la clausola è nulla”.

[9] La deroga si applica anche alle cooperative sociali costituite per lo svolgimento di attività diverse - agricole, industriali, commerciali o di servizi - finalizzate all'inserimento lavorativo di persone svantaggiate di cui all’articolo 1, comma 1, lettera b) della legge 8 novembre 1991, n. 381.

[10] MLPS, interpello 24 gennaio 2013, n. 1.

[11] L’articolo 1, comma 787, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, prevede: “Per la categoria dei lavoratori soci di cooperative sociali di cui all'articolo 1, comma 1, lettera a), della legge 8 novembre 1991, n. 381, e di cooperative che esplicano l'attività nell'area di servizi socio-assistenziali, sanitari e socio educativi, nonché di altre cooperative, operanti in settori e ambiti territoriali per i quali sono stati adottati, ai sensi dell'articolo 35 del testo unico delle norme concernenti gli assegni familiari, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 1955, n. 797, decreti ministeriali ai fini del versamento dei contributi di previdenza ed assistenza sociale, la retribuzione giornaliera imponibile fissata dai suddetti decreti, ai fini dei contributi previdenziali ed assistenziali e' aumentata secondo le seguenti decorrenze, percentuali e modalità di calcolo: del 30 per cento per l'anno 2007; del 60 per cento per l'anno 2008; del 100 per cento per l'anno 2009. Il calcolo e' effettuato sulla differenza retributiva esistente tra la predetta retribuzione imponibile e il corrispondente minimo contrattuale giornaliero, di cui all'articolo 1, comma 1, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n. 338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389. Le contribuzioni versate sulle retribuzioni superiori a quelle convenzionali restano acquisite alle gestioni previdenziali. E fatta salva, nei periodi indicati al primo periodo, la facoltà di versamento dei contributi dovuti sulle retribuzioni effettivamente corrisposte, purché non inferiori all'imponibile convenzionale come sopra determinato. La contribuzione di cui al terzo e quarto periodo ha efficacia in proporzione alla misura del versamento effettuato”.

05 Oppedisano Diana 5[12] L’articolo 1 del D.L. 9/10/1989, n. 338, convertito in legge 7/12/1989, n. 389, si occupa della disciplina della retribuzione imponibile, dell’accreditamento della contribuzione settimanale e del limite minimo di retribuzione imponibile. In particolare il comma 1 prevede: “La retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all'importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.

[13] D.L.29/7/1981, n. 402 convertito con modificazioni nella legge 26/9/1981, n. 537.

[14] Con la circolare 6/2/2014, n. 20, l’INPS ha determinato per l'anno 2014 i minimali di retribuzione giornaliera per la generalità dei lavoratori. Si evidenzia come nella premessa della circolare si ricorda come “la contribuzione previdenziale e assistenziale non può essere calcolata su imponibili giornalieri inferiori a quelli stabiliti dalla legge” e “la retribuzione da assumere ai fini contributivi deve essere determinata nel rispetto delle disposizioni vigenti  in materia di retribuzione minima imponibile (minimo contrattuale) e di minimale di retribuzione giornaliera stabilito dalla legge”.

[15] L’articolo 7, comma 4, del D.L. 31 dicembre 2007, n. 248 convertito con modificazioni in legge 28 febbraio 2008, n. 31 prevede: "Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria".

[16] Antonio Fici, AUTONOMIA STATUTARIA E RECESSO DEL SOCIO NELLE SOCIETA’ COOPERATIVE, 2011.

[17] Corte di Cassazione – Sezione Lavoro 6 dicembre 2010, n. 24692.

[18] Il MLPS con lettera circolare 1 giugno 2012, n. 10310 ha fatto presente che "l'unico contratto da prendere come riferimento ai fini dell'individuazione della base imponibile contributiva ai sensi dell'art.1, L. n. 389/1989, come interpretato in via autentica ex art. 2, comma 25, L. n. 549/1995, è il contratto collettivo nazionale sottoscritto da CGIL, CISL e UIL/AGCI, LEGACOOP, CONFCOOPERATIVE".

[*] Il dott. Luigi OPPEDISANO è Ispettore del Lavoro, responsabile della L.O. n. 2 “Edilizia – autotrasporti – industria e artigianato” Vigilanza Ordinaria della Direzione Territoriale del Lavoro di Cosenza. La dott.ssa Erminia DIANA è funzionario area amministrativa e giuridico contenzioso, responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico della Direzione Territoriale del Lavoro di Cosenza. Ai sensi della circolare 18 marzo 2004 le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.


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