Le misure per contrastare la crisi

Intervista di Fabrizio Di Lalla al prof. Enrico Giovannini, Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali [*]

Foto PresidentePubblichiamo l’intervista rilasciataci dal Ministro Giovannini che verte su alcuni temi di grande attualità nel mondo del lavoro ed è la sintesi del suo programma per contribuire al superamento di una delle più gravi crisi che l’Italia abbia mai attraversato.

Domanda - Ministro superata la grave crisi politica e ottenuta un’ampia maggioranza parlamentare sembra schiudersi per il governo un periodo che apre prospettive incoraggianti per riforme strutturali in ogni campo di cui il Paese ha bisogno. Anche il mondo del lavoro necessita di strumentazioni in grado di affrontare con successo il difficile momento in cui versa e per consentirgli di contrastare la sfida globale in condizioni migliori, senza gli attuali lacci e lacciuoli burocratici e con strutture all’altezza della situazione. Ci può dare alcune indicazioni su come intende affrontare questo complesso e difficile lavoro?

Risposta - Bisogna innanzitutto chiarire che il mercato del lavoro non ha bisogno di una nuova riforma globale, come ho sottolineato più volte, ma di un continuo monitoraggio dell’applicazione delle norme varate nel 2012 che porti ai necessari correttivi sul piano normativo, cosa che abbiamo fatto con il decreto legge di giugno. Una riforma come quella del 2012 non si può giudicare nello spazio di pochi mesi, peraltro di profonda recessione, ma ha bisogno di tempo per dispiegare le sue potenzialità. Certamente bisogna procedere nella direzione dello snellimento e della sburocratizzazione della legislazione sul lavoro. Abbiamo molte leggi e aggiungerne di nuove non serve: viceversa bisogna semplificare e accompagnare le leggi e i decreti con un attento lavoro di analisi e monitoraggio.

D - Il trend dell’aumento della disoccupazione continua in modo preoccupante e ancor più grave appare quello giovanile. I provvedimenti adottati con il decreto recante misure urgenti per il rilancio dell’occupazione convertito in legge il 7 agosto scorso sembrano incontrare il favore degli imprenditori. Tuttavia, anche se può essere considerato un primo passo importante, è sicuramente solo un elemento di ulteriori interventi. Perché non diventi una goccia nel mare immenso di coloro che sono senza lavoro si prevedono a breve altre misure in tal senso?

R - Gli incentivi all’occupazione giovanile sono solo una delle misure attivate con il decreto lavoro. Abbiamo messo in campo molto più degli sgravi contributivi sulle assunzioni dei giovani, che pure stanno portando ad oltre 11mila assunzioni aggiuntive. Il pacchetto di misure comprende, infatti, anche il finanziamento dei tirocini formativi, il fondo per stimolare l’autoimpiego e l’autoimprenditorialità, la semplificazione dell’apprendistato. La disoccupazione giovanile è una vera e propria emergenza nazionale e come tale richiede lo sforzo di tutti per poterla affrontare con efficacia. In vista dell’applicazione della “Garanzia Giovani” – la raccomandazione europea secondo la quale entro 4 mesi dall’uscita dalla formazione a un giovane deve venire offerto un lavoro, un tirocinio o un corso professionalizzante – abbiamo previsto la riforma dei servizi all’impiego, e invitato tutte le parti sociali, gli enti territoriali e le associazioni a fare uno sforzo straordinario per aiutare le nuove generazioni. Il Governo può mettere in campo gli strumenti che ritiene più adeguati, ma è evidente che solo con una crescita economica persistente e sostenibile si può risolvere il problema.

D - La crisi, infatti, ha toccato non solo i giovani ma i lavoratori di ogni età e professionalità. In questa vasta gamma di donne e uomini c’è anche una fascia di cui poco si parla, ma che a noi pare altrettanto colpita e sicuramente la più indifesa. È quella intermedia dai venticinque ai quarantacinque anni, in gran parte precaria per via della deregulation iniziata negli anni novanta dal secolo scorso e rimasta intrappolata in tale posizione dalla mancata espansione del mercato prima e dalla crisi dopo. Senza tutele e ammortizzatori sociali oggi e con scarse prospettive di una serena vecchiaia per via dei modesti contributi loro versati. Per questa umanità sofferente, trascurata dagli organi d’informazione, ha un progetto in grado di infondere nuova speranza?

R - I provvedimenti che stiamo mettendo in campo vanno oltre le tradizionali divisioni per fasce di età. In particolare, mi riferisco alle politiche attive del lavoro, proprio perché oggi non esiste più il lavoro di una vita, ma dobbiamo abituarci a una formazione continua per affrontare diversi cambiamenti nel corso della vita lavorativa. Inoltre, abbiamo eliminato il limite di età di 35 anni per l’avvio di imprese semplificate e abbiamo varato nuove misure per agevolare le assunzioni di coloro i quali beneficiano dell’indennità di disoccupazione (ASPI), e mi riferisco a persone di tutte le età. 

D - Oggi le strutture pubbliche, nate per favorire l’incontro tra domanda e offerta del lavoro e per garantirne un corretto svolgimento del rapporto appaiono strumenti non sempre adeguati. Nonostante gli interventi legislativi nel corso degli anni per adeguarle alla realtà socio economica in trasformazione, come il trasferimento di funzioni e uffici per il collocamento e le politiche attive del lavoro dallo Stato alle autonomie locali, i risultati non sono stati pari alle attese. È sotto gli occhi di tutti che tali organismi pubblici sono inadeguati e spesso solo autoreferenziali, come, ad esempio nel campo della formazione. Come intende intervenire sugli indirizzi di politica attiva del lavoro?

R - L’Italia investe nei Centri per l’impiego meno di un decimo della Francia e della Germania. Nelle agenzie del Regno Unito, ad esempio, lavorano quasi centomila persone contro le nostre 7mila. Con questo non voglio difendere a ogni costo le nostre strutture pubbliche, ma per operare efficacemente nel mercato del lavoro bisogna essere formati, preparati, conoscere l’Europa e le potenzialità del mercato comune: sono capacità che attualmente non abbiamo, ma stiamo lavorando per raggiungere un livello europeo di qualità di servizi. La Struttura di missione che è al lavoro da luglio presso il Ministero, con la presenza delle Regioni, delle Province, ecc., dovrebbe fornire indicazioni chiare su quale strada perseguire. Inoltre, non dobbiamo dimenticare che nel nostro Paese la formazione è una competenza regionale e questo è un ulteriore elemento di complessità.

D - Anche nel settore della vigilanza le armi sembrano spuntate. Organigrammi obsoleti, duplicazioni di interventi, coordinamento inefficiente hanno consentito e consentono l’evasione di miliardi di contributi. Il ministro Fornero aveva avviato il primo passo della razionalizzazione nel settore inserendo all’interno della legge di riforma del settore l’unificazione di alcuni enti previdenziali. Non si potrebbe andare oltre riportando a unità la funzione ispettiva?

R - La delega per la riorganizzazione degli enti strumentali viene rinnovata da anni ed il processo è ormai in piena attuazione. INPS e INPDAP sono oramai un unico ente, INAIL e INPS su diverse tematiche – come proprio le politiche ispettive – hanno iniziato a lavorare insieme, in concorso con le direzioni provinciali del ministero e il settore ispettivo. Sono riorganizzazioni e accorpamenti che hanno bisogno di tempo per dispiegare appieno i loro effetti, ma i passi avanti ci sono. La condivisione delle banche dati, come nel caso della lotta al lavoro irregolare, sta svolgendo un ruolo molto importante in questa prospettiva. 

D - Sarebbe utopico o insensato pensare alla creazione per il futuro, come è stato fatto nel settore fiscale, di un agenzia per il lavoro che gestisca tutta l’azione pubblica in materia dalle politiche attive al collocamento, alla vigilanza e alla tutela dei lavoratori, riportando ad unità un frazionamento che l’esperienza di decenni ha dimostrato non essere il sistema migliore?

R - Per valutare la creazione di un’Agenzia nazionale per il lavoro attendo, a breve, il risultato del lavoro della Struttura di Missione. Certamente, il futuro deve prevedere una profonda integrazione tra pubblico e privato e tra i diversi livelli territoriali: oramai le agenzie private e le strutture che possono fare intermediazione – quali ad esempio le università – sono diventati dei veri e propri attori del mercato del lavoro. Ma non dobbiamo dimenticare la dimensione europea e iniziare a vedere un mercato del lavoro composto da oltre 220 milioni di lavoratrici e lavoratori nell'Europa a 28. È un salto di qualità che dobbiamo fare per il futuro dei nostri figli, un futuro che si dispiegherà oltre i tradizionali confini culturali, linguistici, geografici. Per questo stiamo rafforzando la cooperazione con altri paesi europei verso una maggiore integrazione delle strutture che erogano servizi del lavoro.

[*] Il prof. Enrico Giovannini, Ministro del Lavoro dal 28 aprile 2013, è stato nel triennio precedente presidente dell’ISTAT. Nel corso degli anni ha ricoperto con successo numerosi incarichi tra cui per quasi un decennio quello di Chief Statistician e direttore della Statistic Directorate dell’OCSE promuovendo in tale organismo importanti innovazioni. È autore di diversi saggi tra cui: “Fabbisogno pubblico, politica monetaria e mercati finanziari”, pubblicato nel 1992 da Franco Angeli, “Le statistiche economiche”, edito nel 2006 da Il Mulino, “Understanding economic statistics”, edito nel 2008 dall’OCSE


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