Strumenti di controllo e strumenti di lavoro, articolo 4 Legge 300 del 1970

di Katia Provenzano [*]

Katia Elisabetta Provenzano 2La Legge Delega 183 del 2014 all’art. 1, co. 7, lett. f) ha demandato al Governo la “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro” di cui all’art. 4 della Legge 300 del 1970 e statuito che detta novella debba tener “conto dell'evoluzione tecnologica”, “contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell'impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore”.


L'attuale versione dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori prevede sostanzialmente due differenti fattispecie di controllo. La prima (co 1.) statuisce un ‘generale divieto’ al c.d. controllo intenzionale e all'utilizzo di impianti audiovisivi e di altre apparecchiature per finalità di controllo a distanza della attività dei lavoratori. La seconda (co 2), invece, consente il c.d. controllo preterintenzionale, ossia l'installazione di apparecchiature di controllo[1] e di impianti che siano richiesti da esigenze organizzative e produttive ovvero dalla sicurezza sul lavoro, anche quando possa derivarne (al di là dell'intenzione dell'imprenditore) una possibilità di controllo a distanza della attività dei lavoratori; condizione necessaria al controllo è che l'imprenditore si sia anticipatamente munito di un accordo con le RSA presenti nella unità produttiva o, in difetto di accordo, di una autorizzazione dalla Direzione Territoriale del Lavoro competente per territorio.


Sull'impianto normativo ora brevemente delineato è chiamato ad intervenire il Governo con l’art. 23 dello schema di decreto delegato in materia di semplificazione delle procedure[2]. Tale articolo ha l'ambizioso compito di innovare il quadro normativo di cui all’art. 4 St. Lav. alla luce della diffusione delle tecnologie informatiche e delle profonde innovazioni da queste apportate nell’ambito del diritto del lavoro; nonché di dare seguito a quanti in dottrina da tempo sostengono che l’art. 4 sia una norma datata, applicabile solo alla tecnologia dell’epoca nella quale fu emanata[3]. Oltre a ciò, l’intervento si caratterizza per la scelta di agganciare le modifiche, comprese quelle del regime sanzionatorio[4] (art. 171 L. 163 del 2003), alla moderna disciplina della protezione dei dati personali, dove primeggia il consenso individuale informato del lavoratore, il rispetto dei principi di necessità, pertinenza, proporzionalità e non eccedenza nel trattamento dei dati personali[5].


Provenzano 11 1Nel dettaglio, le principali innovazioni, alcune già note al diritto vivente[6], possono così sintetizzarsi. In primo luogo, oltre ai controlli per esigenze organizzative, produttive e di sicurezza per il lavoro, si autorizzano i controlli c.d. difensivi, ossia i controlli posti a tutela del patrimonio aziendale (primo periodo del comma 1). In secondo luogo si semplifica la procedura autorizzativa concertativa, ossia si riconosce la possibilità per le imprese con più unità produttive nella stessa provincia o in più regioni di stipulare l'accordo collettivo con le rappresentanze delle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale: ciò permette di superare il limite del ricorso a tanti accordi quante sono le unità produttive. Similmente, in mancanza di accordo sindacale, gli impianti e gli strumenti di lavoro potranno essere installati previa autorizzazione della Direzione Territoriale del Lavoro o, in alternativa (nel caso di imprese con unità produttive dislocate negli ambiti di competenza di più Direzioni Territoriali del Lavoro) del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali (secondo periodo del comma 1). Nel nuovo testo scompare invece la possibilità di impugnare le decisione della Direzione Territoriale del Lavoro[7]. In terzo luogo nessuna violazione di legge e nessuna procedura di autorizzazione deve essere richiesta dal datore di lavoro rispetto “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” [8] (comma 2). Si afferma infatti che gli strumenti assegnati al lavoratore per rendere la prestazione lavorativa (ad esempio pc, tablet e cellulari)[9] servano al lavoratore per adempiere la prestazione e pertanto non possano essere considerati strumenti di controllo a distanza. Non ci si discosta molto, anche in quest’ultima fattispecie, da quanto già prospettato in dottrina[10].


Provenzano 11 2Infine, si segnala la possibilità riconosciuta al datore di lavoro di poter utilizzare le informazioni raccolte tramite gli impianti di controllo (di cui al primo comma) e gli strumenti di lavoro (di cui al secondo) anche a fini disciplinari e sanzionatori ossia “a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro” in presenza di una duplice condizione: “che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli” e che sia rispettato quanto disposto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, (comma 3).


Chi è critico verso la novella ora riepilogata evidenzia come si tratti soltanto di una pretesa per legittimare la deregolamentazione a favore dell'impresa e il detrimento del diritto alla privacy e alla riservatezza del lavoratore che si realizza, da un lato, con il venir meno del generale divieto di utilizzare “impianti audiovisivi” e “altre apparecchiature” per finalità di controllo a distanza dell'attività dei lavoratori , dall'altro, con l'esonero dal controllo degli strumenti di lavoro in quanto tali.


A vanificare ogni timore circa un uso indiscriminato e non consentito degli strumenti di lavoro e di controllo è intervenuto il Dicastero del Lavoro con nota del 18.06.2015 da cui emerge chiaramente il principio secondo cui con la revisione dell’art. 4 Statuto non si attua un impoverimento di diritti o addirittura un affievolimento di un diritto[11] ad interesse legittimo: non è prevista alcuna liberalizzazione e l'art. art. 23 è in linea con le indicazioni del Garante della Privacy[12]. Quadrato Arancione

Note

[1] Per attrezzatura di controllo può intendersi qualsiasi congegno o parte di congegno dotato di potenzialità (o suscettibile di essere usato in funzione) di controllo, ovunque collocato e inserito, e non necessariamente caratterizzato da una sua distinta ed autonoma struttura o da una esclusiva destinazione al controllo.

[2] Schema di decreto delegato, attuativo del Jobs Act, in materia di “Razionalizzazione e semplificazione delle procedure e degli adempimenti a carico di cittadini e imprese e altre disposizioni in materia di lavoro e pari opportunità” (AG 176). Il 4 settembre 2015 , il Consiglio dei Ministri ha approvato alcuni Decreti attuativi del Jobs Act; fra questi anche quello relativo a “Disposizioni in materia di rapporto di lavoro” che, fra l’altro, contiene “la revisione della disciplina dei controlli a distanza del lavoratore, con un intervento sull’art. 4 dello Statuto dei lavoratori per adeguare la disciplina all’evoluzione tecnologica, nel rispetto delle disposizioni in materia di privacy”. Nel momento in cui andiamo in pubblicazione i Decreti approvati non sono ancora stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale.

Provenzano 11 3[3] Tra i numerosi autori si rinvia a titolo esemplificativo a E.Ghera, in Diritto del Lavoro, Cacucci Editore, pag. 92; F. Carinci, Rivoluzione tecnologica e diritto del lavoro, in RCDP, 1984, p. 224; diversa opinione in dottrina si registra ad esempio in: C.Zoli, Il controllo a distanza del datore di lavoro: l’art. 4 L. 300 / 1970 tra attualità ed esigenze di riforma, in RIDL, fasc. 4, 2009, 485 ss.

[4] Il datore di lavoro è punito, salvo che il fatto non costituisca più grave reato a norma dell’art. 38 St.Lav., con la pena alternativa dell’ammenda da € 154 a € 1549 o dell’arresto da 15 giorni a 1 anno. Nei casi più gravi la pena dell’arresto e dell’ammenda sono applicate congiuntamente.

[5] Tra i primi commentatori, a titolo esemplificativo e non esaustivo, si rinvia a P. Rausei, Jobs Act, controlli a distanza: cosa cambia per i datore di lavoro, in Ipsoa Quotidiano, 9 luglio 2015; A.Tursi, Jobs Act, cambio di rotta sui controlli a distanza?, in Ipsoa Quotidiano, 21 febbraio 2015.

[6] Cfr. Cass. Civ. n. 19955/2015 e n. 2

Provenzano 11 5[7] Il Garante della Privacy al riguardo ha puntualizzato che nel caso in esame si dovrebbe comunque ritenere applicabile la disciplina generale delle impugnazioni degli atti amministrativi: cfr. Audizione del Presidente A. Soro “Sugli schemi di decreti legislativi attuativi del c.d. job act” presso la Commissione lavoro della Camera dei deputati (9 luglio 2015) e la Commissione Lavoro del Senato (14 luglio 2015) consultabile sul sito del Garante per la protezione dei dati personali.

[8] L’esonero si estende anche “agli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze”.

[9] Sebbene risalente, si rinvia a Pret. Milano, 12 luglio 1988, in OGL., 1988, p. 936.

[10] In dottrina T. Padovani, Il controllo a distanza dell'attività lavorativa svolta mediante elaboratori elettronici, in RIDL., 1985, II, p. 255; R. Zallone, Art. 4 statuto dei lavoratori e nuove tecnologie: profili interpretativi, in OGL, 1984, p. 682; anche A. Usai, in Osservazioni in tema di controllo dell'attività dei lavoratori attuato mediante sistemi informatici, ritiene che “salvo casi particolari, in cui il controllo operato tramite gli elaboratori elettronici per il tipo particolare di lavoro riesca a dare il quadro completo ed analitico non solo di tutta l'attività, ma anche delle pause e dei tempi in cui il dipendente svolge il suo lavoro, generalmente gli strumenti informatici sono inidonei a costituire un mezzo di lesione della riservatezza e della dignità del lavoratore”.

[11] Se vero è che la dottrina quasi all'unisono identifica il bene protetto con la libertà e dignità del lavoratore, non altrettanta unanimità di opinioni si registra con riguardo all’individuazione delle particolari valenze in cui si sostanzia la tutela della libertà e dignità del lavoratore. Si è discusso, cioè, se nell’area protetta dalla norma rientri o no l’interesse del lavoratore alla riservatezza. In senso negativo vi è chi afferma che l’art. 4 dello Statuto non possa essere letto in chiave di garanzia di un preesistente diritto del lavoratore alla riservatezza, in quanto nel rapporto di lavoro il datore di lavoro, creditore della prestazione, ha pieno diritto di controllare la prestazione, in questi termini cfr. G. Pera, Sub articolo 4, in Commento allo Statuto, p. 28.

Provenzano 11 4 [12] Si legge nel comunicato del Dicastero: “nel momento in cui tale strumento viene modificato (ad esempio, con l’aggiunta di appositi software di localizzazione o filtraggio) per controllare il lavoratore, si fuoriesce dall'ambito della disposizione: in tal caso, infatti, da strumento che ‘serve’ al lavoratore per rendere la prestazione il pc, il tablet o il cellulare divengono strumenti che servono al datore per controllarne la prestazione. Con la conseguenza che queste ‘modifiche’ possono avvenire solo con l’accordo sindacale o l’autorizzazione”. Si rinvia per la lettura del comunicato alla pagina internet del MLPS; si rinvia altresì alla relazione di accompagnamento al progetto a firma del senatore Sacconi: in particolare pag. 24 -25.

[*] Avvocato e Dottore di ricerca in diritto del lavoro e previdenza sociale presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. Funzionario ispettivo presso la Direzione Territoriale del lavoro di Torino ove si occupa di attività istruttoria ricorsi al Comitato Regionale per i Rapporti di Lavoro istituito presso la DIL di Milano. Vincitrice 2009 del “Premio Massimo D’Antona”. Ogni considerazione è frutto esclusivo del proprio libero pensiero e non impegna in alcun modo l’Amministrazione di appartenenza.


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