Trasferimento d’azienda e appalti nell’ordinamento “multilivello”: tra problematiche aperte e possibili evoluzioni

di Marco Cuttone [*]

Marco Cuttone1. La distinzione tra “appalto” e “trasferimento d’azienda”

Le interconnessioni sussistenti tra la disciplina sugli appalti e quella sul trasferimento d’azienda rappresentano una tematica di studio di notevole attualità, inoltre l’incertezza delle soluzioni adottate sia in sede legislativa che in sede giurisprudenziale, consegnano all’interprete una serie di dubbi ancora privi di risposte univoche.

Com’è noto la disciplina sul trasferimento d’azienda è contenuta all’interno dell’art. 2112 del c.c. ed è stata modificata a seguito dell’adeguamento della disciplina nazionale alle direttive succedutesi a partire dalla fine degli anni ’70, mentre la disciplina sull’appalto trova la propria regolamentazione all’interno dell’art. 1655 del c.c. Tenendo a mente le due discipline considerate occorre comprendere se, in caso di successione d’appalto di attività c.d. “labour intensive”, sia possibile ravvisare un trasferimento d’azienda in presenza di continuità dell’attività precedentemente svolta con passaggio dei lavoratori addetti, ma in assenza di trasferimento di beni materiali. Occorre preliminarmente rilevare che gli appalti c.d. “labour intensive” sono caratterizzati dalla circostanza che l’attività esternalizzata è posta in essere senza l’apporto significativo di beni o strumenti materiali ed è resa attraverso l’attività di lavoro dei dipendenti dell’appaltatore. Tale tipologia di appalti è centrale nel nostro sistema produttivo ed è frequentemente riscontrabile nel settore dei servizi di pulizia, di vigilanza, di assistenza sociale.

Varrà rilevare che ai fini di fornire una risposta all’interrogativo su riferito occorre tener in considerazione la presenza dell’art. 29 c. 3 del D.lgs 276/2003 che prevede che “l’acquisizione di personale già impiegato nell’appalto, a seguito di subentro di un nuovo appaltatore in forza di legge, di contratto collettivo nazionale o di clausola del contratto di appalto, non costituisce trasferimento di azienda o di parte di azienda”. Tale intervento, di dubbia compatibilità comunitaria, ha gettato di fatto un colpo di spugna sulla possibilità che un trasferimento di lavoratori, anche in attività c.d. labour intensive, possa rappresentare un trasferimento d’azienda.

2. Disciplina degli appalti e concetti “entità economica organizzata” e “mutamento di titolarità”

I concetti di “entità economica organizzata” e “mutamento della titolarità” sono di fondamentale importanza per rispondere all’interrogativo appena formulato. In tal senso il perimetro applicativo della disciplina sul trasferimento d’azienda ha subito profonde divaricazioni tra quanto disposto in sede nazionale e quanto invece stabilito in sede comunitaria. A livello nazionale si riscontra una definizione di trasferimento di un’attività economica organizzata ancorato fortemente al dato materiale, mentre sul versante comunitario è stata elaborata una nozione più affine al concetto di trasferimento di un’entità economica dai connotati immateriali. L’interpretazione nazionale è stata storicamente influenzata dalla nozione di azienda ai sensi dell’art. 2555 del codice civile. Tuttavia l’interpretazione domestica ha dovuto far i conti con il contributo della normativa e della giurisprudenza comunitaria che ha elaborato una nozione più elastica e moderna di trasferimento d’azienda.

Difatti, i giudici comunitari[1], nell’elaborazione della nozione di entità economica organizzata, hanno affermato la sovrapposizione tra “trasferimento d’azienda” ed “appalto di servizi” elaborando in tal modo una nozione profondamente antitetica rispetto a quella ricercabile all’interno del nostro ordinamento nazionale. La CGUE ha difatti affermato, sebbene con sfumature diverse, che ricorre un trasferimento d’azienda ogni qualvolta una attività economica venga trasferita da un soggetto ad un altro. Sulla scorta di tale ragionamento il trasferimento di beni materiali tra un soggetto ad un altro non è un fattore determinante in caso di attività c.d. “labour intensive”. Di contro, la giurisprudenza italiana ha elaborato una nozione di trasferimento d’azienda che rendeva incompatibile ogni sovrapposizione tra trasferimento d’azienda e successione d’appalto[2].

Cuttone 12 1Sulla scorta del ragionamento condotto in sede comunitaria, nel caso in cui il contratto d’appalto si caratterizzi per un’alta intensità di lavoro e l’appaltatore o il nuovo appaltatore procedano all’assunzione di una parte rilevante del personale del committente o del precedente appaltatore, in base al diritto comunitario si avrà un trasferimento d’azienda ed una totale sovrapposizione tra le discipline di appalti e trasferimento. Difatti in tal caso i lavoratori sono stabilmente addetti a un ramo d’impresa e hanno acquisito un complesso di nozioni, e di esperienze essendo capaci di svolgere le loro funzioni presso il nuovo datore di lavoro. La loro autonomia può concretizzarsi non solo attraverso la natura e le caratteristiche della concreta attività svolta, ma anche in ragione di altri elementi come la direzione e l’organizzazione del personale, il suo inquadramento, le peculiari modalità di articolazione del lavoro e i metodi di gestione. La condizione appena riferita si avvera quando oggetto del trasferimento è un gruppo di dipendenti, stabilmente coordinati e organizzati fra loro, la cui capacità operativa è assicurata dal fatto di essere dotati di un particolare know-how. In questi casi l’assenza di beni è solo apparente, in quanto si verifica la presenza di beni immateriali, rappresentati dal know-hpw in possesso delle maestranze coinvolte. Dunque, in base al diritto comunitario, si riscontra un trasferimento d’azienda quando all’atto della stipulazione di un contratto d’appalto per la cui realizzazione è prioritaria l’attività di lavoro dei dipendenti, l’appaltatore procede ad assumere una parte rilevante del personale precedentemente addetto al servizio a prescindere dalla derivazione dell’obbligo di assunzione.

In base a quanto sin qui esposto si può affermare come trasferimento d’azienda e appalto coincidano ogni qualvolta il conferimento di un servizio in appalto o la successione di un imprenditore ad un altro, si accompagnino al trasferimento, diretto o indiretto, di una entità economica che può, negli appalti labour intensive, essere individuata nel passaggio di semplici rapporti di lavoro. In questi casi le previsioni stabilite dai contratti collettivi o dai capitolati d’appalto non possono assumere autonomo rilievo rispetto alla disciplina inderogabile legale contenuta nell’art. 2112 del codice civile. Tali clausole possono operare solo nel caso in cui gli elementi per individuare un trasferimento d’azienda non siano configurabili.

Come già rilevato il quadro appena tracciato deve però fare i conti con quanto disposto dal terzo comma dell’art. 29 della Legge Biagi. Occorre quindi verificare se tale norma determina all’interno dell’ordinamento italiano una deroga all’art. 2112 del codice civile, e se la stessa escluda a priori che il passaggio di dipendenti da un imprenditore a un altro possa configurare il “mutamento nella titolarità” o di una “entità economica organizzata” rilevante ai fini di un trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda.

Nel fornire una risposta all’interrogativo posto la dottrina si è divisa profondamente al proprio interno: una parte ha ritenuto che l’art. 29 comma terzo del d.lgs 276/2003 deroghi all’art. 2112 del codice civile e sia una norma in chiaro contrasto con il diritto comunitario[3], mentre altra parte ha cercato invece di perseguire un’opera di bilanciamento delle due normative ritenendo che perché si possa configurare la fattispecie di “entità economica organizzata” occorre il passaggio di elementi materiali significativi[4]. Altri ancora hanno ritenuto che la norma della riforma Biagi si limiti a confermare il disposto dell’art. 2112 del codice civile[5], in base a quest’ultimo orientamento l’acquisizione del personale già impiegato nell’appalto non costituisce trasferimento d’azienda o di ramo d’azienda. La successione dell’appalto quando è accompagnata dal passaggio del personale potrà solo in alcuni casi determinare il subentro nella titolarità “dell’entità economica organizzata” e dunque determinare un trasferimento d’azienda.

3. Trasferimento d’azienda e appalti: una risposta che tarda ad arrivare

Le interconnessioni esistenti tra la materia degli appalti e quella del trasferimento d’azienda possono dunque generare differenti e talora opposte interpretazioni. La tematica affrontata si scontra inoltre con i profili di compatibilità tra normativa nazionale e disciplina comunitaria. Il tema solleva interrogativi rilevanti sulla capacità degli organismi comunitari di vigilare sul livello qualitativo della legislazione con cui i singoli Stati membri si adeguano alle prescrizioni comunitarie. La disciplina sul trasferimento d’azienda e le sue influenze sulla successione negli appalti, rappresentano, come visto, uno degli argomenti più roventi sul quale la pratica, la dottrina, e la giurisprudenza si sono dovute interrogare.


Cuttone 12 2Tuttavia la Corte di Giustizia dell’Unione Europea non è ancora stata messa nelle condizioni di pronunciarsi sulla compatibilità del terzo comma dell’art. 29 della Legge Biagi con la disciplina sovranazionale sul trasferimento d’azienda. La mancata pronuncia in materia non è certamente imputabile ai giudici comunitari che in nessun modo avrebbero potuto pronunciarsi sulla compatibilità del disposto del terzo comma dell’art. 29 del d.lgs 276/2003 se non chiamati in causa da un rinvio pregiudiziale dei giudici nazionali italiani. Questi ultimi, a seguito dell’approvazione della Legge Biagi, si sono distinti per una gelosa pratica di risoluzione “domestica” del problema. Inoltre, non sono state d’ausilio neanche le parti sociali che, attraverso l’operazione di contrattazione collettiva, hanno tentato di sopperire a livello negoziale alle manchevolezze della disciplina nazionale, complicando in tal modo il quadro normativo.

Di contro, i lavoratori e le imprese coinvolte nelle operazioni di successione degli appalti di servizi avrebbero bisogno di una definitiva soluzione della problematica. Al fine di dirimere le incertezze sollevate nel presente contributo possono essere percorsi due differenti sentieri. Sulla scorta del primo il legislatore nazionale attraverso un intervento correttivo potrebbe modificare – attraverso una iniziativa legislativa autonoma – l’impianto giuridico complessivo fuoriuscito dalla “Riforma Biagi”, abrogando o modificando il terzo comma dell’art. 29 del d.lgs. 276/2003.

Tale iniziativa favorirebbe la riconducibilità della successione di appalti in attività c.d. “labour intensive” all’interno della fattispecie del trasferimento d’azienda.


Sulla scorta del secondo sentiero, in caso di inerzia da parte del legislatore italiano, i giudici nazionali potrebbero operare un rinvio pregiudiziale presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europa. Quest’ultima in tal modo avrebbe una duplice chance: da un lato potrebbe fornire una risposta in ordine alla conformità del terzo comma dell’art. 29 del d.lgs 276/2003 con la disciplina comunitaria in materia di trasferimento d’impresa, e dall’altro avrebbe l’occasione di chiarire in modo maggiormente dettagliato il proprio orientamento affermativo in ordine all’applicabilità della disciplina sul trasferimento d’azienda alle fattispecie di successione d’appalto nei settori “labour intensive”. In tal modo potrebbero essere ulteriormente chiariti i contorni nelle intersezioni delle due discipline. In particolare, potrebbe ulteriormente esser specificato se trasferimento di un gruppo lavoratori dotato di una propria autonomia e capacità organizzativa possa configurare, anche in assenza di substrati materiali significativi, un trasferimento d’impresa ai sensi del diritto comunitario. Quadrato Verde

Note

[1] C. Giust 18 marzo 1986, c- 24/84, Spijkers, C. Giust 12 Novembre 1992, c-209/91 Watson Rask, C. Giust. 14 Aprile 1994, c 392/92, Schimdt.

[2] Cass, 18 Marzo 1996, n. 2254, 1997.

[3] A. Andreoni, Impresa modulare, trasferimento d’azienda, appalti interni: la soft law sul ciclo di produzione, in GHEZZI ( a cura di), il lavoro fra progresso e mercificazione. Commento critico al decreto legislativo n. 276/2003, Roma, 2004, pp. 197 s.

[4] A. Vallebona, La riforma del lavoro, CEDAM, Padova, 2004, p. 127.

[5] E. Gragnoli, Contratti di appalto di servizi e trasferimento d’azienda, in Dialoghi fra dottrina e giurisprudenza, 2004.

[*] Dottorando di ricerca in Diritto del Lavoro Europeo presso l'Università di Catania - Vincitore del Premio Massimo D'Antona 2015 (http://www.fondazionedantona.it/Premi/Prima.html)


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