Le grandi riforme del lavoro per un futuro migliore della nostra comunità

Intervista al Ministro Poletti
a cura di Fabrizio Di Lalla [*]

Di Lalla 13 2Pubblichiamo l’intervista che il Ministro Poletti ha voluto concederci su alcuni temi di scottante attualità per l’intera collettività nazionale e nello specifico per gli operatori che lavorano nelle varie strutture pubbliche che svolgono funzioni di vigilanza e di politica attiva del lavoro. Le risposte non sono per nulla banali, ma, piacciano o no, rappresentano in modo franco la sua visione del mondo del lavoro e chiariscono la terapia che sta portando avanti basata sulla convinzione che essa potrà contribuire a dare alla nostra comunità una prospettiva concreta per un futuro migliore.

Se ci riuscirà gliene saremo tutti grati nella convinzione che il lavoro rappresenta l’elemento fondamentale della dignità umana. Per alcuni aspetti del suo programma non credo che dovremo attendere molto. Mi riferisco, tanto per fare un esempio, al ripristino dell’unità ispettiva. Non sarà facile tradurre le norme in un modello operativo in grado di realizzare il progetto governativo, ma la nomina di Paolo Pennesi al vertice dell’Ispettorato ci induce a un ottimismo non certo fuori luogo, conoscendo la sua grande esperienza e professionalità nel settore.


Ministro, l’anno che è appena passato, verrà ricordato come quello dell’avvio delle grandi trasformazioni legislative e strutturali che hanno interessato il mondo del lavoro e i soggetti pubblici ad esso legati. Oltre ai tanti provvedimenti normativi specifici, emergono su tutto il Jobs act e l’istituzione delle due agenzie: l’Ispettorato Unico del Lavoro e l’Agenzia per le Politiche Attive del Lavoro; tanta carne al fuoco come non se ne vedeva da tempo immemorabile. Alcune innovazioni hanno già prodotto i loro primi effetti, altre sono in corso di attuazione. I risultati delle prime, come le assunzioni incentivate, sono in linea con le aspettative dell’esecutivo o comunque da valutare soddisfacenti? E’ possibile avere un dato definitivo e non controverso dell’incremento delle assunzioni a tempo indeterminato a tutt’oggi?

Il dato che emerge con assoluta evidenza è quello di una consistente stabilizzazione dei rapporti di lavoro. La decontribuzione triennale prevista nella legge di stabilità del 2014 e l’introduzione, a marzo dello scorso anno, del contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti -insieme con la “stretta” sulle collaborazioni a partire da giugno 2015- hanno determinato sia nuove assunzioni sia la trasformazione di contratti a vario titolo “precari”. La stabilizzazione complessiva dei rapporti di lavoro produce un mercato del lavoro qualitativamente migliore, con lavoratori le cui aspettative e prospettive di vita cambiano in positivo e possono dare anche una spinta alla ripresa dei consumi.

C’è stata, soprattutto negli ultimi mesi, qualche polemica strumentale sui dati relativi al lavoro, con commenti che lamentavano il numero eccessivo di fonti e la contraddittorietà dei numeri di volta in volta forniti. C’è, effettivamente, un problema reale dovuto, essenzialmente, alla difficoltà di omogeneizzare dati, come quelli dell’Istat, che sono frutto di un’elaborazione statistica sulla base di un’indagine campionaria condotta mediante interviste alle famiglie, con dati di natura amministrativa come quelli ricavati dal sistema delle comunicazioni obbligatorie al Ministero del lavoro o quelli tratti dalla banca dati delle comunicazioni Uniemens dell’Inps.

Per rispondere a questa criticità, poche settimane fa abbiamo siglato un accordo con Istat, Inps e Inail per realizzare un sistema informativo statistico del lavoro in grado di rispondere alle esigenze di dati e di analisi, di carattere strutturale e congiunturale, ottenuto attraverso l’acquisizione delle fonti amministrative, il loro successivo trattamento statistico e l’integrazione con il complesso dell’informazione statistica già disponibile. Per il momento, per avere un’idea dell’andamento delle assunzioni a tempo indeterminato, possiamo fare riferimento all’ultimo comunicato emesso dall’Inps, relativo ai primi 10 mesi del 2015. Da questi dati emerge che, nel settore privato, le nuove assunzioni sono state 1.437.547, il 29,8% in più rispetto allo stesso periodo del 2014 (329.785 in più, in cifra assoluta).

Le trasformazioni a tempo indeterminato di rapporti di lavoro a termine sono state 406.691 (+ 17% rispetto al 2014) La variazione netta dei contratti a tempo indeterminato (saldo tra assunzioni e cessazioni) ammonta a +507.691 (era stata +92.114 nello stesso periodo dell’anno precedente). Questi andamenti spiegano anche il cambiamento nell’incidenza delle assunzioni con rapporti stabili sul totale dei rapporti di lavoro attivati/variati, passata dal 32,0% dei primi dieci mesi del 2014 al 38,2% dello stesso periodo del 2015. Nella fascia di età fino 29 anni, l’incidenza dei rapporti di lavoro “stabili” sul totale dei rapporti di lavoro è passata dal 24,6% del 2014 al 31,5% del 2015. Sicuramente c’è ancora molto da fare, ma credo che si possa essere comunque soddisfatti di questi risultati.


Box Polettix13C’è molta attesa, dentro e fuori il ministero, per la nascita e l’entrata in funzione dell’agenzia ispettiva, ideata per superare la frammentazione della vigilanza tra più enti, causa d’inefficienza. Tuttavia, temiamo che la mancata unificazione organica del personale ispettivo che resterà nelle rispettive sedi di servizio possa inficiare l’obiettivo strategico governativo nel primo e forse anche in un lungo periodo. Toccherà affidarsi, per caso, ancora una volta, all’inefficace coordinamento? Cosa ci può dire in merito?

La norma prevede che l’agenzia non abbia mere funzioni di coordinamento, ma che il personale ispettivo di Inps e Inail passi alle dipendenze funzionali dell’Ispettorato. Questo significa che sarà l’Ispettorato nazionale del lavoro a gestire direttamente le funzioni di vigilanza e l’attività ispettiva. Voglio tra l’altro ricordare che è già stato nominato il Direttore dell’Agenzia e che il Consiglio dei Ministri del 23 dicembre scorso ha approvato, in sede di esame preliminare, lo statuto dell’Ispettorato.


Le finalità e i compiti del nuovo organismo per le politiche attive del lavoro, al di là delle generiche indicazioni della norma, non sembrano del tutto chiare. Avrà carattere gestionale con una propria struttura periferica o viceversa funzioni di coordinamento e indirizzo dell’esistente? Ci vuole illustrare il suo pensiero in merito?

Fino all’approvazione della riforma costituzionale, l’Anpal avrà funzioni di coordinamento dell’intera rete degli enti pubblici e privati che operano nell’ambito delle politiche attive. È infatti noto che, oggi, la competenza in materia di politiche attive è affidata, in via principale, alle Regioni. Una volta che sarà stata approvata la riforma, che riporta questa competenza allo Stato, avremo modo di valutare puntualmente quale potrà essere l’evoluzione delle funzioni dell’Agenzia.


La legge di stabilità ha ridotto di molto l’incentivo contributivo triennale previsto nel 2015 a favore delle imprese, finalizzato a incrementare le assunzioni a tempo indeterminato per ridurre il lavoro precario. I datori di lavoro per l’anno in corso potranno beneficiare “solo” dello sgravio del 40% sull’importo dovuto e per non più di due anni. Non teme che questo provvedimento governativo possa disincentivare le aziende alle assunzioni regolari e favorire il lavoro nero, vista l’eliminazione della figura dei co.co.co. e il conseguente restringimento dei contratti di collaborazione?

Premetto che la decontribuzione piena e di durata triennale prevista per le nuovo assunzioni del 2015 aveva un obiettivo preciso: produrre una “scossa” che incentivasse le imprese, insieme con il nuovo contratto a tutele crescenti, a considerare di nuovo il contratto a tempo indeterminato come la modalità normale, ordinaria di assunzione, dopo lunghi anni di prevalenza di forme contrattuali a vario titolo “precarie”. I risultati, come ho detto prima, mi pare possano essere giudicati confortanti. Nell’ultima stabilità abbiamo, appunto, confermato l’incentivo, pure in misura ridotta nell’entità e nella durata, perché vogliamo consolidarli, anche sotto il profilo della trasformazione in tempo indeterminato dei contratti di collaborazione.

Non credo affatto, quindi, che un incentivo ridotto possa tradursi in un favore al lavoro nero, anche perché, diversamente dai co.co. pro., restano salve le collaborazioni “vere”: tra queste cito, in particolare, le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, che prevedono discipline specifiche relative al trattamento economico e normativo in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore.


A questo proposito, l’obiettivo governativo di considerare il contratto a tempo indeterminato come il principale strumento del rapporto di lavoro, ci spinge a esaminare i guasti che la precedente deregulation ha provocato anche sotto l’aspetto pensionistico. L’enorme spazio dato ai lavori atipici grazie a un diverso e ridotto onere contributivo ha creato per questa generazione di lavoratori una discriminazione che inciderà negativamente quando ci sarà la loro uscita dal mondo del lavoro. In altri termini, i tanti anni di lavoro precario non potranno essere sommati al lavoro subordinato ai fini del calcolo della pensione perché i relativi contributi non possono essere unificati secondo l’attuale normativa. Perché non si fa promotore di un’iniziativa che possa sanare tale palese ingiustizia e dare ai tanti giovani d’oggi che saranno i pensionati di domani una maggiore serenità per il loro, seppur non prossimo, futuro?

Quello del futuro trattamento pensionistico di chi ha lavorato a lungo con un contratto precario è un tema che merita grande attenzione. Del resto, il nostro impegno per affermare la centralità del contratto a tempo indeterminato punta proprio a dare ai lavoratori l’opportunità di una “carriera” lavorativa più stabile e, di conseguenza, una contribuzione previdenziale più solida. Comunque, voglio ricordare che chi andrà in pensione con il sistema di calcolo contributivo (è il caso di tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dopo la riforma Dini del 1995) potrà valorizzare l’intera vita contributiva. Accanto a questo, per migliorare il trattamento pensionistico dei giovani, sarà opportuno promuovere un apporto maggiore delle forme di previdenza complementare. Quadrato Arancione

[*] Presidente della Fondazione Prof. Massimo D’Antona

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