Effemeridi: pillole di satira e costume

Rotto da na vita
di Fadila

Effemeridi 17 2Chiedo scusa ai lettori se per parlare di sanità pubblica ricorro a un’esperienza personale di qualche tempo fa. Fino allora ne sapevo solo per sentito dire; conoscenza, insomma, di secondo grado fornitami dai mass media che non fanno altro che parlare prevalentemente di sprechi e inefficienze, definendo spesso in modo sprezzante mala sanità questo servizio pubblico essenziale.

Tornando a quel che ho potuto toccare con mano quando in un grande ospedale romano è stata ricoverata una persona a me cara per una patologia che stava mettendo a rischio la sua vita, il primo approccio non è stato per nulla tranquillizzante. Mentre, infatti, ero in attesa dell’ascensore per recarmi al settore interessato, il mio sguardo si è posato sulla porta d’accesso, dove a caratteri cubitali era stato segnata con pennarello nero la frase in romanesco ‘rotto da na vita’. Se tanto mi da tanto, ho pensato, sono dolori. Quasi a confermare questo mio pensiero negativo, sul retro della stessa porta ho potuto leggere il seguito dello scritto in vernacolo che completava il pensiero dell’autore: ‘ste merde nun sanno aggiustà manco un ascensore’. Figuratevi che brivido ha percorso la mia schiena.

Invece, con piacevole sorpresa ho trovato efficienza, professionalità di prim’ordine, strutture e dotazioni strumentali all’avanguardia, cui si sono aggiunti due requisiti importanti: assistenza continua e umanità verso i malati. L’intervento chirurgico delicatissimo e lunghissimo è avvenuto a ridosso di Ferragosto, ma lì dentro gli operatori medici e paramedici erano al completo e si sono prodigati, garantendo le cure del caso, giorno e notte. Tutti in base al proprio modo d’essere, hanno fatto a gara per dare il meglio di sé, scrupolosi nel verificare i parametri delle condizioni dei pazienti e carichi di umiltà e umanità, sia nel fare i lavori più duri, sia nel cercare di strappare un sorriso a quelle persone sofferenti anche con atteggiamenti goffi che nella loro vita privata, ritengo, non avranno mai assunto.

Ognuno ha agito su quel difficile palcoscenico come sapeva e poteva fare e qui ne voglio ricordare solo alcuni tra i tanti. C’era la fatina affettuosa, così era definita dai pazienti, che non mostrava alcuna insofferenza alle continue richieste di aiuto, non meno di una figlia verso genitori in difficoltà fisiche. C’era il gigante buono, un omone che al primo approccio poteva incutere un certo timore, ma dietro quella scorza ingannatrice mostrava tutta la sua gentilezza. C’era, infine, l’infermiere medico che per esperienza e interesse culturale sapeva tutto sull’andamento di ogni ricoverato e dava le prime utilissime informazioni sempre confermate dai medici di turno.


Effemeridi 17 1Certo, non tutto funziona bene, ma, come si dice, la perfezione non è di questo mondo. Il vitto, innanzi tutto, non sembra ben curato e basterebbe poco per migliorarlo, anche perché oltre al proprio dolore i ricoverati hanno ben poco cui pensare e, per distrarsi un poco, il cibo diventa l’argomento più importante della giornata di quella comunità dolorante. Ci sono anche altre cose che non vanno, come le lungaggini burocratiche, né mancano i lavativi, una piaga diffusa ovunque nel pubblico impiego, che gettano un’ombra che colpisce i tanti che vanno oltre il proprio dovere. Cose importanti sicuramente, ma non determinanti in un luogo, dove spesso ci si gioca la propria esistenza.

Per questo non ha nulla di retorico e formale il mio ringraziamento a quanti hanno ridato una vita degna di essere vissuta alla mia persona amata, a cominciare dal chirurgo che dopo oltre cinque ore di delicato intervento, si è presentato a me dicendomi con la più grande semplicità del mondo pochissime parole; tutto era andato bene e si potevano nutrire moderate speranze. A volte poche parole valgono più di tutto il parlare del mondo. Quadrato Azzurro

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