Regole e garanzie nello svolgimento del lavoro agile

Le prime indicazioni contenute in una recente circolare dell’INAIL
di Marica Mercanti [*]

Marica Mercanti 4Le finalità della sua introduzione

In data 14 giugno 2017 è entrata in vigore la Legge n. 81 del 22 maggio 2017, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2017, contenente “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l’articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato”, la quale ha disciplinato il cosiddetto “smart working” o “lavoro agile”.

Sulla necessità di fornire un quadro di riferimento normativo al lavoro agile è intervenuta la Confindustria, la quale ha ritenuto essenziale una regolamentazione in materia, vista la diffusione di tale modalità di lavoro in alcune importanti imprese (tra cui Vodafone, Ferrero, Barilla, ecc.), che hanno provveduto a disciplinare il lavoro agile attraverso accordi aziendali, in funzione delle esigenze della propria attività produttiva.

Le finalità della legge sono, come indicate dal 1° comma dell’art. 18, quelle di incrementare la competitività ed agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

Il lavoro agile si inserisce nella recente tendenza del mercato del lavoro di favorire una sorta di “lavoro sostenibile”, cioè un sistema di organizzazione del lavoro che possa realizzare risultati economici produttivi, promuovendo, allo stesso tempo, lo sviluppo delle capacità e delle competenze del lavoratore e consentendogli un adattamento dinamico delle condizioni di lavoro alle sue esigenze di vita, grazie alla maggiore autonomia di cui essi possono godere, resa possibile dalla mobilità e dall’uso di tecnologia portatile, che permette una dematerializzazione del luogo di lavoro.

Dal report “Smart working ed evoluzioni normative” redatto da JobsinAction sulla base dei dati dell’Osservatorio Smart working 2017 del Politecnico di Milano e presentato il 12 dicembre u.s. nella Sala Koch del Senato emerge che sono oltre trecentomila gli “smart workers” in Italia, il 60% in più rispetto al 2013. Un dato importante che esprime la necessità di promuovere, a livello contrattuale, un modello di organizzazione spazio-temporale innovativo del lavoro.

Lavoro agile e “smart working”: equivalente terminologia?

L’equiparazione linguistica tra l’espressione inglese “smart working “ e la traduzione italiana “lavoro agile” ha destato qualche dubbio, in quanto, mentre il lavoro agile esprime il concetto di una modalità lavorativa caratterizzata dalla dinamicità, fluidità ed elasticità, lo “smart working” si traduce letteralmente in “lavoro intelligente”, come a voler evocare una realtà lavorativa in cui si combina e si sprigiona efficienza, tecnologia e creatività.

Seppur le due espressioni non coincidono, si ritiene che l’uso delle medesime per indicare lo stesso fenomeno si ricolleghi all’esigenza di sottolineare una modalità di lavoro, agile appunto, che miri a diventare “smart” nella qualità.

Potremmo, per identificare le due espressioni linguistiche, equiparare il lavoro agile al concetto di mission (cosa fare e con quali modalità nel presente) e smart-working invece a quello di vision (ossia ciò che si prevede, si aspira a diventare nel futuro).

Definizione

L’art. 18 della L. 81/2017 al II Capo definisce il lavoro agile quale modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante un accordo tra le parti.

Il lavoro agile non rappresenta quindi una tipologia contrattuale, ma consiste in una prestazione di lavoro subordinato che può svolgersi:

  • anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi;
  • senza precisi vincoli di orario o luogo di lavoro;
  • con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  • in parte all’interno dei locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa;
  • entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.


Si pone in evidenza che, all’interno dello stesso comma, viene prima precisato che il lavoro agile può svolgersi “senza precisi vincoli di orario”, ma poi subito specificato “entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale”.

Il “senza precisi vincoli di orario” risulta necessario dal momento che la prestazione lavorativa può svolgersi al di fuori dei locali aziendali, rendendo di fatto difficile verificare il puntuale rispetto dell’orario di lavoro. Ci si chiede però come, invece, possa essere realizzabile e fattibile una verifica sulla durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale.

Mercanti 24 25 3L’accordo tra le parti

a) Forma scritta

Ai sensi dell’art. 19 della L. 81/2017 il lavoro agile deve formare oggetto di un accordo scritto tra le parti, ai fini della regolarità amministrativa e della prova. La forma scritta è una forma scritta ad probationem e non invece ad substantiam, caratteristica questa che avrebbe determinato la nullità dell’accordo se non stipulato per iscritto.
 

b) Elementi dell’accordo

L’accordo, che può essere stipulato sia a termine che a tempo indeterminato, disciplina, ai sensi degli artt. 19 e 21 della L. 81/2017:

  • l’esecuzione della prestazione lavorativa svolta all’esterno dei locali aziendali, anche con riguardo alle forme di esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro ed agli strumenti utilizzati dal lavoratore;
  • i tempi di riposo del lavoratore e le misure tecniche ed organizzative per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro;
  • l’esercizio del potere di controllo del datore di lavoro sulla prestazione resa dal lavoratore all’esterno dei locali aziendali nel rispetto dell’art. 4 dello Statuto dei lavoratori.

L’accordo individua, inoltre, le condotte connesse all’esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, che danno luogo all’applicazione di sanzioni disciplinari.
 

c) Recesso ed eventuale proroga

Qualora sia convenuto un termine all’accordo non è possibile recedere prima della scadenza, salvo giustificato motivo. Se l’accordo è a tempo indeterminato la legge prevede, sempre salvo giustificato motivo, un termine di preavviso di trenta giorni (elevato a novanta giorni se è il datore di lavoro a voler recedere dall’accordo stipulato con un soggetto disabile ai sensi della L. 68/1999).

Se l’accordo è a termine, si presume possa essere prorogato con l’accordo di entrambe le parti e non sussiste alcun limite numerico alla proroga, rappresentando il lavoro agile una modalità di esecuzione della prestazione.
 

d) Adempimenti

Secondo l’art. 23 della L. 81/2017 l’accordo per lo svolgimento della prestazione lavorativa in modalità di lavoro agile e le sue modificazioni devono essere oggetto delle comunicazioni obbligatorie di cui all’art. 9 bis del D.L. 510/1996 convertito dalla L. 608/1996 e succ. mod..

A decorrere dal 15 novembre 2017 gli accordi bilaterali di smart working possono essere inviati, dalle aziende sottoscrittrici o dai soggetti abilitati dalle stesse delegati, attraverso l’apposita piattaforma informatica messa a disposizione sul portale del Ministero del Lavoro. Per accedervi è necessario possedere il Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID). I consulenti del lavoro, già in possesso delle credenziali di accesso al portale, possono accedere senza SPID.

Nell’invio dell’accordo individuale devono essere indicati i dati del datore di lavoro, del lavoratore, della tipologia di lavoro agile (tempo determinato o indeterminato) e della sua durata. E’ inoltre possibile modificare i dati già inseriti o procedere all’annullamento dell’invio. Le aziende che sottoscrivono un numero di accordi individuali elevato possono effettuare la comunicazione in forma massiva.

Sorgono dei dubbi riguardo al termine per l’invio di tali accordi: entro le ore 24 del giorno precedente l’inizio della prestazione lavorativa in modalità agile come per la comunicazione Unilav di assunzione oppure entro i 5 giorni successivi come per le comunicazioni Unilav di trasformazione/ proroga/cessazione? Si resta in attesa di indicazioni ministeriali in merito.

Mercanti 24 25 1Trattamento economico,
certificazione delle competenze
e incentivi fiscali: medesimi diritti
dei non agili

A garanzia del fatto che il lavoratore agile non venga, con tale modalità di lavoro, ad essere sotto-inquadrato o sotto-retribuito, l’art. 20 comma 1 della L. 81/2017 prevede che il “lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”.

Il lavoro agile può essere potenzialmente applicato a tutte le categorie di lavoratori dipendenti. Potrebbero presentarsi delle problematiche per alcune tipologie contrattuali, tipo l’apprendistato. Pur non esistendo nessun divieto per tale tipologia, la modalità di lavoro agile, svolgendosi di fatto anche all’esterno dei locali aziendali, potrebbe risultare incompatibile con le finalità formative previste dall’apprendistato.

Al lavoratore impiegato in forme di lavoro agile, inoltre, può essere riconosciuto, nell'ambito dell'accordo sottoscritto ai sensi dell’art. 19, il diritto all'apprendimento permanente, in modalità formali, non formali o informali, e alla periodica certificazione delle relative competenze.

L’art. 18 comma 4 della L. 81/2017 prevede che “gli incentivi di carattere fiscale e contributivo eventualmente riconosciuti in relazione agli incrementi di produttività ed efficienza del lavoro subordinato sono applicabili anche quando l’attività lavorativa sia prestata in modalità di lavoro agile”.

Tale disposizione chiarisce, con finalità non discriminatoria, come il lavoratore agile possa concorrere all’eventuale bonus di risultato, se previsto, con lo stesso trattamento fiscale e contributivo previsto per gli altri lavoratori.

Le norme in materia di imposta sostitutiva del 10% sui premi di risultato prevedono infatti che il ricorso al lavoro agile, quale modalità flessibile di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato, possa essere considerato fattore di miglioramento nella qualità dei processi e, di conseguenza, dare diritto all’applicazione dell’imposta sostitutiva del 10%; si ritiene necessaria però la previa individuazione, nell’ambito della contrattazione collettiva, di appositi criteri di misurazione della performance dei lavoratori agili, viste le particolarità di svolgimento della prestazione lavorativa.

Il lavoro agile nella Pubblica Amministrazione

L’art. 18 comma 3 della L. 81/2007 afferma che le disposizioni relative al lavoro agile “si applicano, in quanto compatibili, anche nei rapporti di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 comma 2 del D.Lgs. n. 165/2001 e succ. mod., secondo le direttive emanate anche ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 124/2015 e fatta salva l’applicazione delle diverse disposizioni specificatamente adottate per tali rapporti”, senza aggravare, come precisa il comma 5, la finanza pubblica.

La Direttiva n. 3 del 1° giugno 2017 del Presidente del Consiglio dei Ministri, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 165 del 17 luglio 2017, fornisce indirizzi per l’attuazione del lavoro agile nella Pubblica Amministrazione attraverso una fase di sperimentazione e reca delle “linee guida” che disegnano il contesto normativo, l’ambito di applicazione e i destinatari, assegnando un ruolo determinante ai C.U.G. (Comitati Unici di Garanzia).

La Direttiva avvia quindi nel settore pubblico quanto già sperimentato nel settore privato, prevedendo che, entro tre anni, in ogni Pubblica Amministrazione, fino al 10% dei lavoratori pubblici, su richiesta, potrà avvalersi delle modalità di lavoro agile.

Le criticità del lavoro agile

Controllo a distanza

Una prima criticità riguarda il controllo a distanza, una materia che ordinariamente demandata alla contrattazione collettiva, viene rimessa ad accordi individuali. Si pone il problema che, attraverso eventuali modalità di controllo da remoto del lavoratore (sulla base delle sessioni di collegamento, del numero di pratiche da evadere, ecc.) si possano modificare i confini posti sul controllo a distanza dallo Statuto dei Lavoratori, ai sensi del quale, all’art. 4 comma 3 della L. 300/70 prevede che l’azienda debba fornire al lavoratore un’informativa contenente le caratteristiche, le modalità d’uso e le possibili forme di controllo che possono essere presenti negli strumenti tecnologici assegnati. In presenza di software in grado di monitorare l’attività lavorativa, il dipendente dovrà quindi ricevere adeguate informazioni sull’uso degli strumenti forniti, nel rispetto anche di quanto previsto dal Nuovo Regolamento Europeo sulla Protezione dei Dati (GDPR- General Data Protection Regulation- Regolamento UE 2016/679).

Mercanti 24 25 5Sicurezza informatica

Nell’esecuzione della prestazione lavorativa in modalità agile all’esterno dei locali aziendali, si pone il problema di come assicurare la più assoluta riservatezza sui dati e sulle informazioni aziendali disponibili sugli strumenti tecnologici assegnati al lavoratore per lo svolgimento dell’attività lavorativa, al fine di evitare che ai dati possano accedere persone non autorizzate presenti nel luogo di esecuzione della prestazione di lavoro.

Il lavoratore agile, così come gli altri, sarà pertanto responsabile della custodia degli strumenti e della riservatezza dei dati, ma in considerazione della particolarità dello svolgimento della prestazione lavorativa la sua “cura” dovrà essere ancora maggiore, al fine di evitare la diffusione dei dati personali che tratta nello svolgimento delle sue mansioni fuori dei locali aziendali.

A tal proposito, il già citato GDPR potrà essere utilizzato come strumento per disciplinare il lavoro agile sotto il profilo della sicurezza dei dati. Tale regolamento, a differenza del precedente codice della privacy, obbliga il titolare del trattamento a prevedere misure tecniche ed organizzative idonee a prevenire la perdita dei dati personali e volte a garantire la sicurezza informatica. Viene in qualche misura superato l’Allegato B del D.Lgs. n. 196/2003 in cui erano elencate le misure di sicurezza, per dare spazio ad una disciplina che responsabilizza ancor di più il datore di lavoro, nel rispetto del principio dell’“accountability”.

Salute e sicurezza

Ai sensi dell’art. 22 comma 1 della L. 81/2017 “il datore di lavoro garantisce la salute e la sicurezza del lavoratore che svolge la prestazione in modalità di lavoro agile e a tal fine consegna al lavoratore e al rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, con cadenza almeno annuale, un’informativa scritta nella quale sono individuati i rischi generali e i rischi specifici connessi alla particolare modalità di esecuzione del rapporto di lavoro”.

I rischi, sia generali che specifici, andranno valutati in collaborazione con il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione e il medico competente e, previa consultazione del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nel rispetto dell’art. 29, commi 1 e 2 del D.Lgs. n. 81/2008; seguirà poi il conseguente e necessario aggiornamento del Documento di Valutazione dei Rischi.

L’art. 22 della Legge 81/2017 stabilisce poi al comma 2 che “il lavoratore è tenuto a cooperare all’attuazione delle misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro per fronteggiare i rischi connessi all’esecuzione della prestazione all’esterno dei locali aziendali”.

Una domanda si pone.

Fermo restando l’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2008 comma 1, lett. a) dove viene precisato che per “lavoratore” si intende “la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo al fine di apprendere un mestiere, un’arte o una professione, esclusi gli addetti ai servizi domestici o familiari”, come può il datore di lavoro, nel caso del lavoro agile, e quindi nel caso di prestazioni svolte al di fuori dei locali aziendali, garantire la salute e la sicurezza del lavoratore?

Dando per assodato che il datore di lavoro dovrà fornire ai lavoratori agili i necessari DPI, inviare gli stessi alla visita medica, se prevista, entro le scadenze stabilite dal programma di sorveglianza sanitaria, fornire loro informazione, formazione ed addestramento, aggiornare l’informativa nel caso in cui venissero forniti al lavoratore altri strumenti o mezzi per l’esecuzione della prestazione, qual è il limite della sua responsabilità?

Nella sentenza n. 45808 del 5 ottobre 2017 la Cassazione Penale, Sez. IV, propone un orientamento che può rivelarsi funzionale ai fini di una corretta applicazione delle norme di sicurezza del lavoro in rapporto ad attività svolte al di fuori dei locali aziendali. In tale sentenza si precisa che i doveri di valutazione del rischio e di formazione del lavoratore gravanti sul datore di lavoro sorgono dal “generale obbligo di valutare tutti i rischi presenti nei luoghi di lavoro nei quali sono chiamati a prestare attività lavorativa i dipendenti, ovunque essi siano situati”. Viene poi specificato che la restrittiva nozione di “luogo di lavoro” rinvenibile nell’art. 62, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 81/2008, a fronte del quale si intendono per luoghi di lavoro “i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda e dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro” è posto unicamente in relazione alle disposizioni di cui al Titolo II del citato decreto. Da ciò ne deriva che con l’espressione “ovunque essi siano situati” si intende dare rilevanza, ai fini della salute e della sicurezza, ad “ogni tipologia di spazio che può assumere la qualità di luogo di lavoro, a condizione che ivi sia ospitato almeno un posto di lavoro o esso sia accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”.

Il datore di lavoro sarà dunque chiamato a rispondere di violazioni relative alla sicurezza in ogni tipologia di spazio configurabile come luogo di lavoro, a condizione che lo stesso sia informato in tempo utile ai fini della valutazione e prevenzione degli eventuali rischi presenti, che tale valutazione in determinati luoghi di esecuzione della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali sia possibile e che risultino adottate le necessarie misure di prevenzione e protezione. In caso contrario, il datore di lavoro non potrà consentire ai lavoratori di eseguire la prestazione lavorativa in tali luoghi di lavoro.

Mercanti 24 25 4La necessità della disconnessione

Come previsto dall’art. 19 comma 1 della L. 81/2017 l’accordo tra le parti deve individuare le misure tecniche ed organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro.

Qual è la motivazione che si cela dietro alla “necessità” della disconnessione?

Nell’epoca della digitalizzazione delle attività lavorative, laptop, tablet e smartphone sono strumenti che offrono soluzioni snelle e, allo stesso tempo, sono strumenti necessari per rendere la prestazione lavorativa.

La prestazione di lavoro eseguita in modalità agile potrebbe però esporre il lavoratore al rischio della cosiddetta “time porosity”, ovvero al pericolo di una reciproca interferenza e sovrapposizione tra tempo di lavoro e tempo di vita.

Ciò che si vuole evitare con la disconnessione è che il lavoratore diventi “vittima” della connessione permanente; in effetti essere “always on”, cioè sempre raggiungibili e disponibili per il datore di lavoro attraverso le nuove tecnologie mobili, può rendere difficile prendere le distanze dall’attività lavorativa. Se non fosse possibile questa disconnessione, la modalità di lavoro agile rischierebbe di svilire la ratio per cui è stata introdotta, in quanto, anziché agevolare la qualità della vita, finirebbe per far scomparire, fino ad annullare, il confine tra lavoro e propria sfera personale.

Tale disconnessione può essere definita come il “time-out” del lavoratore agile dalle strumentazioni tecnologiche usate per fini lavorativi, una sorta di pausa dal mondo telematico che lo mette in comunicazione con il lavoro, e può consistere nello spegnere il cellulare, nel non accedere alla posta elettronica, ecc.; una necessità che si ritiene sarebbe utile garantire alla platea dei lavoratori digitalizzati e non solo a quelli agili.

In questo contesto, la disconnessione appare quanto mai doverosa, al fine di limitare gli eventuali effetti negativi del lavoro agile sulla salute e sul benessere del lavoratore.

Il problema principale che si pone con riferimento a tale necessità resta però quello della sua effettività, cioè come assicurarne l’attuazione, in quanto è formalmente dichiarata senza che vengano previsti strumenti per la sua applicazione.

I chiarimenti INAIL sul lavoro agile

L’art. 23 comma 1 della L. 81/2017 afferma che “il lavoratore ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali dipendenti da rischi connessi alla prestazione lavorativa resa all’esterno dei locali aziendali” ed inoltre, come previsto al comma 3, ha diritto alla tutela contro gli infortuni sul lavoro occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, nei limiti e alle condizioni di cui all’art. 2 comma 3 del D.P.R. n. 1124/1965, quando la scelta del luogo della prestazione:

  1. sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa oppure dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative;
  2. risponda a criteri di ragionevolezza.


Si desume pertanto, in relazione alla tutela prevista per gli infortuni di cui al comma 3, che la scelta del luogo della prestazione debba essere alternativamente giustificata o dall’una o dall’altra motivazione indicata al punto 1), ma in entrambi i casi, tale scelta dovrà rispondere a criteri di ragionevolezza.

Poiché tanti sono i dubbi emersi dalla formulazione di questa previsione normativa, l’INAIL è intervenuta in data 2 novembre 2017 fornendo le prime indicazioni sul lavoro agile con la Circolare n. 48, sentiti i competenti uffici del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, risolvendo alcune criticità, ma lasciando ancora in sospeso delle altre.


a) Obbligo assicurativo

I requisiti oggettivi (lavorazioni rischiose) e soggettivi (caratteristiche delle persone assicurate) previsti dagli artt. 1 e 4 del D.PR. n. 1124/1965, ai fini della ricorrenza dell’obbligo assicurativo, sono confermati anche per il lavoro agile, rappresentando lo stesso una modalità di svolgimento dell’attività lavorativa e non una diversa tipologia contrattuale.


b) Classificazione tariffaria

Ai fini della corretta classificazione, nulla cambia rispetto alla classificazione compiuta in ambito aziendale, in quanto si applica l’art. 4 delle modalità per l’applicazione delle tariffe, secondo cui per lavorazione si intende “il ciclo di operazioni necessario perché sia realizzato quanto in esse descritto, comprese le operazioni complementari e sussidiarie purché svolte dallo stesso datore di lavoro e in connessione operativa con l’attività principale, ancorché effettuate in luoghi diversi”. La classificazione tariffaria segue dunque quella a cui viene ricondotta la lavorazione svolta in azienda, in quanto, come ribadito dall’INAIL, a parità di rischio deve corrispondere un’identica classificazione.


Mercanti 24 25 2c) Retribuzione imponibile

Nulla di diverso rispetto alla retribuzione imponibile prevista per i lavoratori che prestano l’attività lavorativa all’interno dell’azienda. La retribuzione su cui calcolare il premio sarà individuata nella retribuzione effettiva, costituita dall’ammontare dei redditi di lavoro dipendente di cui al combinato disposto dell’art. 51 del D.P.R. n. 917/86 e dell’art. 29 del D.P.R. n. 1124/1965. Tale reddito, se inferiore, dovrà essere uguagliato ai cosiddetti “minimali” giornalieri, ossia gli importi giornalieri non inferiori a quelli stabiliti dalla legge.


d) Tutela assicurativa

Per quanto riguarda la tutela assicurativa i lavoratori agili devono essere assicurati se, per lo svolgimento della loro attività, sono esposti alle fonti di rischio previste dall’art. 1 del D.P.R. n. 1124/1965, tra cui anche il rischio elettrico connesso all’uso di macchine di ufficio, quali mezzi telematici, computer, videoterminali. Il lavoratore agile è tutelato non solo per gli infortuni collegati al rischio della sua attività lavorativa, ma anche per quelli connessi alle attività prodromiche e/o accessorie purché strumentali allo svolgimento delle mansioni proprie del suo profilo professionale.

Una volta entrati nel campo di applicazione della tutela i lavoratori agili sono assicurati, applicando i criteri di carattere generale validi per tutti gli altri lavoratori, con il solo limite del rischio elettivo.

Che cosa si intende per rischio elettivo? Per “rischio elettivo” si intende quello che, “estraneo e non attinente all’attività lavorativa, sia dovuto ad una scelta arbitraria del lavoratore che abbia volutamente creato ed affrontato, in base a ragioni ed impulsi personali, una situazione diversa da quella inerente alla sua attività lavorativa e per nulla connessa ad essa” (Cass. Civ. n. 2642 del 22 febbraio 2012). Si viene a creare, in tal modo, una situazione interruttiva di ogni nesso tra lavoro, rischio ed evento.

La circolare prosegue ribadendo che gli infortuni occorsi mentre il lavoratore svolge la propria prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali e nel luogo prescelto dallo stesso sono tutelati se causati da un rischio connesso con la prestazione lavorativa.
La “connessione” che viene richiamata più volte dalla circolare, sottende ad uno degli elementi costitutivi la figura giuridica dell’infortunio indennizzabile, e cioè “l’occasione di lavoro”, di cui al D.P.R. n. 1124/1965, la quale può essere definita come il nesso tra la prestazione lavorativa e l’infortunio, cioè tra il lavoro ed il verificarsi del rischio cui può conseguire la lesione, nesso che può essere anche solo indiretto od occasionale. Lo svolgimento della prestazione costituisce dunque l’occasione dell’infortunio e non la causa, determinando l’esposizione del soggetto protetto al rischio del suo verificarsi. L’assicurazione interviene infatti per indennizzare non solo gli eventi causati da rischi tipici della mansione svolta, ma anche quelli che sono connessi, quindi collegati, alle condizioni socio-ambientali nelle quali la prestazione lavorativa viene espletata.


e) Infortunio in itinere

L’art. 12 D.Lgs. n. 38/2000, inserisce all’art. 2 del D.P.R. n. 1124/1965, “l’infortunio in itinere”, prevedendo che, “salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti”.

Alla base dell’infortunio in itinere vi è il criterio sopra richiamato dell’occasione di lavoro, nel senso che è sempre l’attività lavorativa stessa ad esporre il soggetto al rischio dell’infortunio, anche quello sulla strada, in quanto avviene in un tragitto, definito “normale”, che è necessario percorrere per arrivare alla sede di lavoro o per rientrare a casa dalla sede medesima.

Tale criterio diventa estremamente più complesso se viene prevista la possibilità di effettuare la prestazione di lavoro in modalità agile, al di fuori dei locali aziendali.

In questo caso la legge introduce, nel rispetto del requisito dell’occasione di lavoro ed al fine di gestire una modalità di lavoro che potrebbe prestarsi a divenire troppo “agile” dal punto di vista della tutela assicurativa, delle condizioni stringenti, prevedendo, per il lavoratore agile, l’indennizzabilità degli infortuni in itinere occorsi durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello prescelto per lo svolgimento della prestazione lavorativa all’esterno dei locali aziendali, quando la scelta del luogo della prestazione sia dettata da esigenze connesse alla prestazione stessa oppure dalla necessità del lavoratore di conciliare le esigenze di vita con quelle lavorative e risponda a criteri di ragionevolezza.

Questo quanto previsto dalla L. 81/2017. E la circolare INAIL? La circolare ribadisce tali condizioni, ma poi, ai fini della tutela, al “normale percorso di andata e ritorno” previsto dalla legge, aggiunge “… quando il fatto di affrontare il suddetto percorso sia connesso a esigenze legate alla prestazione stessa o alla necessità del lavoratore… omissis…”.

Da ciò ne deriva che, ai fini del riconoscimento dell’infortunio in itinere per il lavoratore agile, sia la scelta del luogo della prestazione che il percorso di andata e ritorno debbano rispondere ai requisiti sopra descritti.

Innegabile che tali restrizioni richiederanno un’ardua attività di accertamento, soprattutto in merito all’applicazione del criterio di ragionevolezza, un concetto-mezzo o, meglio, concetto-fine che lascia ampi spazi di discrezionalità nella ricerca di un equo contemperamento degli interessi in gioco. L’INAIL, nella circolare, mette appunto in evidenza la necessità di accertamenti volti a verificare la sussistenza dei presupposti sostanziali della tutela, in mancanza di indicazioni sufficienti desumibili dall’accordo sottoscritto tra le parti, il quale rappresenta lo strumento utile al fine di individuare i rischi lavorativi ai quali il lavoratore è esposto ed i riferimenti spazio-temporali ai fini del riconoscimento delle prestazioni infortunistiche. Un ruolo determinante è quindi riconosciuto anche dall’INAIL all’accordo tra le parti, che rappresenterà la cartina di tornasole alla base di qualsiasi accertamento; più elementi funzionali a tale scopo esso conterrà meno sarà complicato l’iter dell’accertamento. Tali elementi non sono obbligatori (in quanto non sono previsti dalla legge), ma si ritiene che diventino comunque indispensabili, se si vuole evitare, ad infortunio occorso, il rischio della mancata indennizzabilità dello stesso.


Mercanti 24 25 6f) Informativa sulle attrezzature/apparecchiature

Il datore di lavoro, in merito alle attrezzature/apparecchiature eventualmente messe a disposizione nello svolgimento della prestazione in modalità di lavoro agile, deve fornire al lavoratore un’adeguata informativa circa il loro corretto uso, assicurandosi che detti strumenti siano conformi al titolo III del D.Lgs. n. 81/2008 e succ. mod. nonché alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, facendosi carico di garantire nel tempo la permanenza dei requisiti di sicurezza con un’adeguata manutenzione.


g) Obbligo della denuncia di esercizio

L’obbligo della denuncia di esercizio sussiste solo per i datori di lavoro che non hanno già un rapporto assicurativo in corso con l’INAIL, mentre per gli altri l’obbligo ricorre solo nel caso in cui il lavoratore agile sia adibito a mansioni diverse che determinano una variazione del rischio.


h) Monitoraggio sul lavoro agile ed eventuale aggiornamento dei rischi

Le informazioni contenute nella comunicazione relativa all’avvenuta sottoscrizione dell’accordo tra datore di lavoro e lavoratore agile saranno trasmesse all’INAIL tramite un accordo di cooperazione con il Ministero concernente il trasferimento dei dati contenuti nelle predette comunicazioni, allo scopo di realizzare un monitoraggio sull’uso di tale strumento e sugli effetti prodotti ai fini assicurativi, oltre che per un eventuale aggiornamento dei rischi assicurati.

Conclusioni

La normativa attuale e la circolare INAIL rappresentano un primo quadro generale di riferimento sul lavoro agile.

Molti risultano ancora gli aspetti pratici ed operativi che dovranno essere chiariti; sarà necessario trovare in primis un equilibrio tra le esigenze produttive specifiche dell’organizzazione aziendale e gli obblighi di legge.

Il lavoro agile implica di fatto un cambiamento radicale su un fronte particolarmente delicato, quello del controllo da parte del datore di lavoro, fino ad oggi prevalentemente ancorato alla presenza fisica del lavoratore nel luogo di lavoro. L’uso del lavoro agile da parte dell’azienda richiede infatti un forte legame fiduciario con il lavoratore; tra le principali barriere emergono i pregiudizi culturali legati al timore che i dipendenti non lavorino, al di fuori dei locali aziendali, con lo stesso impegno.

Saranno proprio i lavoratori a determinare il successo e il futuro di tale modalità lavorativa, abbattendo tali barriere, attraverso un'unica strada possibile: lavorare con serietà, diligenza e professionalità, incentivati e ancor più motivati dalla possibilità di poter distribuire il proprio tempo in maniera più favorevole alle proprie esigenze di vita, dimostrando con i risultati che tale modalità può funzionare.

Soddisfatta l’azienda, agile e soddisfatto il lavoratore.

Lavoro agile quindi come opportunità di cooperare insieme, datore di lavoro e lavoratore, per il raggiungimento di un maggiore e reciproco “benessere”, sia lavorativo che personale, un punto di svolta che potrà garantire lo sviluppo di imprese che si renderanno attente e sensibili a tali dinamiche.

La sfida maggiore da superare è pertanto quella di “rinnovarsi”, compiendo un salto culturale non indifferente verso un nuovo approccio al lavoro, un approccio che coniugando l’ottimizzazione dei risultati con un ragionevole mix di flessibilità, autonomia e collaborazione, richiederà una capacità fondamentale e non certo di tutti, la capacità di guardare “oltre”. Quadrato Verde

[*] Funzionaria dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ancona. Vincitrice del Premio Massimo D’Antona 2013. Le considerazioni contenute nell’articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non impegnano in alcun modo l’amministrazione di appartenenza.

© 2013-2022 - Fondazione Prof. Massimo D'Antona