Anno VII - N° 34-35

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Luglio/Ottobre 2019

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Anno VII - N° 34-35

Luglio/Ottobre 2019

Caporalato…
abiura


di Stefano Olivieri Pennesi [*]

Olivieri Pennesi 28

Torniamo ad affrontare su queste pagine, dopo alcuni numeri della rivista Lavoro@Confronto, che rappresenta una fondamentale tribuna di pensieri e idee, ma anche una finestra aperta sul mondo del lavoro, il grave tema, multiforme, convenzionalmente denominato “Caporalato”.

È giusto, al riguardo, prendere avvio e spunto da quanto concretamente si può promuovere e realizzare grazie anche a finanziamenti dell’Unione Europea gravanti sul Fondo Sociale Europeo Pon inclusione e Fondo Asilo Migrazione ed Integrazione Fami.

Specificamente il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali all’inizio di questo anno 2019 ha emanato un “avviso pubblico” finalizzato alla presentazione di Progetti finanziabili atti alla “Prevenzione e il contrasto dello sfruttamento lavorativo in agricoltura”.

Evidentemente lavoro nero e/o irregolare che si associa inevitabilmente ad un cieco sfruttamento lavorativo, in particolar modo in ambito agricolo, assume nel nostro Paese dei connotati di assoluta gravità sempre più evidenti e presenti pressoché su quasi tutto il territorio nazionale, e quindi non più solo limitato, per dimensioni e geografia, ad alcune zone del Mezzogiorno.

A questo si deve aggiungere il fatto che in agricoltura l’occupazione vede esplicarsi prevalentemente con rapporti di lavoro discontinui ed instabili spesso di breve durata anche a causa del preminente carattere di stagionalità.

Olivieri Pennesi 34 1Non di meno i connotati di un crescente ricorso a forza lavoro migrante per lavorazioni, quelle agricole, per propria e insita natura faticose e quindi poco attrattive nei confronti della forza lavoro autoctona, spingono verso dinamiche influenzate da una crescente ed elevata incidenza di manodopera immigrata maggiormente soggetta, a causa di evidenti condizioni di vulnerabilità e fragilità all’attecchimento del fenomeno del lavoro irregolare accompagnato da salari sottopagati e quindi sostanziata da un bacino lavorativo comunemente dequalificato.

Tali forme di sfruttamento lavorativo implicano altresì conseguenze dirette rispetto ad una ingentissima evasione contributiva e fiscale, strettamente collegata.

Ciò detto il caporalato e le organizzazioni quali agro-mafie che sempre più invasivamente ne tengono le fila, oltre a rappresentare un elevato livello di pericolosità sociale sostanziano forme illegali di intermediazioni e reclutamento di forza lavoro al di fuori dei regolari canali di collocamento occupazionale, non assoggettando i lavoratori ai pertinenti contratti collettivi e ai minimi salariali e alle norme in materia di salute e sicurezza.

In questo contesto si inserisce pienamente la strategia nazionale messa a punto dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali riavviando nel settembre 2018 a Foggia (quale provincia simbolo di tale fenomeno) il cosiddetto “tavolo sul caporalato” che vede la partecipazione dei rappresentanti dei Ministeri direttamente interessati per rispettive materie, le Regioni, le organizzazioni di rappresentanza dei datori di lavoro, dei lavoratori, della cooperazione e del terzo settore.

Il tavolo è stato anche l’occasione per porre l’attenzione al miglioramento del sistema dei servizi per il lavoro l’integrazione socio-lavorativa degli addetti, la qualità ed eticità della filiera delle imprese agricole, la volontà di miglioramento delle misure previste dalla legge n. 199/2016, in particolare l’implementazione della “Rete del lavoro agricolo di qualità” e quindi della relativa “Cabina di Regia” individuata presso l’INPS.

Il tutto in costanza di una stretta collaborazione e sinergia tra gli organi ispettivi dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro e le forze dell’ordine nell’ambito di attività di Polizia Giudiziaria.

Tornando alla strategia posta in essere dal Ministero del Lavoro in tema di contrasto allo sfruttamento lavorativo e al caporalato, con la stessa si intendono finanziare azioni di prevenzione, integrazione e accompagnamento al lavoro con fondi UE Fami e Fse. Interventi volti a correlare politiche attive del lavoro con politiche di integrazione.

Si stanno pertanto promuovendo affidamenti diretti a cinque Regioni meno sviluppate del nostro meridione (Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Sicilia) col fine di realizzare azioni di prevenzione del lavoro sommerso e contrasto al fenomeno del caporalato per un importo pari a 30 milioni di euro.

Olivieri Pennesi 34 2Gli interventi si concentreranno su adeguati servizi per l’occupazione, come intermediazione per ben regolare incontro tra domanda e offerta di lavoro, formazione, condizioni alloggiative dignitose, un sistema di trasporto funzionale alle esigenze di spostamento della manodopera bracciantile da e per i luoghi di lavoro, assistenza sanitaria adeguata con presidi anche temporanei nonché possibilità di effettuazione delle visite mediche periodiche.

A questo punto pregevole di nota è la citazione del recentissimo decreto interministeriale dello scorso 4 luglio 2019 di concerto tra Ministro del Lavoro, proponente, Ministro delle Politiche Agricole, Ministro della Giustizia e Ministro dell’Interno.

Le premesse legislative per tale ultimo decreto sono da un lato la legge n.199/2016, dall’altro la più recente legge n.136/2018 recante “disposizioni in materia di contrasto al fenomeno del caporalato” che ha lo scopo di promuovere la programmazione di una proficua strategia per il contrasto al fenomeno del caporalato e del connesso sfruttamento lavorativo in agricoltura.

Questa norma istituisce presso il Ministero del Lavoro e Politiche Sociali il “Tavolo operativo per la definizione di una nuova strategia di contrasto al caporalato e allo sfruttamento lavorativo in agricoltura” che si compone di quindici rappresentanti. Le principali funzioni di questo tavolo sono:

  • Predisposizione di un piano triennale e linee di intervento
  • Indirizzo e programmazione attività istituzionali
  • Monitoraggio interventi
  • Monitoraggio sulla legge 199/2016
  • Coordinamento azioni intraprese dalle diverse istituzioni volti alla prevenzione del fenomeno
  • Condivisione buone prassi sperimentate a livello locale
  • Confronto su programmazione Fondi Europei
  • Elaborazione proposte normative
  • Collaborazione con la Cabina di regia presso l’Inps


Il tavolo è presieduto dal Ministro del Lavoro. È composto da un rappresentante per ogni Ministero: Interno, Politiche Agricole, Giustizia, Infrastrutture e Trasporti, un rappresentante Anpal, un rappresentante dell’Ispettorato Nazionale del lavoro, un rappresentante Inps, un rappresentante Comando Carabinieri Tutela del Lavoro, un rappresentante Guardia di Finanza, un rappresentante delle Regioni, un rappresentante dell’Anci – associazione comuni italiani.


Il tavolo è pensato e organizzato in sei gruppi di lavoro con rispettivi coordinatori per materia:

  1. Prevenzione vigilanza e repressione caporalato - coordinamento INL
  2. Filiera produttiva agroalimentare – coordinamento Mipaaf
  3. Intermediazione domanda-offerta di lavoro – coordinamento Anpal
  4. Trasporti – coordinamento Regione Basilicata
  5. Alloggi e foresterie temporanee – coordinamento Anci
  6. Rete lavoro agricolo di qualità – coordinamento Inps


Nel contesto generale delle “buone pratiche” presenti sul territorio, ed in particolare nelle Regioni Meridionali dove risulta storicamente più radicato il fenomeno del caporalato e più in generale alle azioni di contrasto ai fenomeni criminali in materia lavoristica, previdenziale e tributaria, menzioniamo le lodevoli iniziative ispirate e promosse da varie Procure della Repubblica. Segnatamente, anche in virtù della partecipazione diretta e/o conoscenza dell’autore del presente redazionale, ci si riferisce a “Protocolli d’Intesa” tra più Amministrazioni: INL, INPS, INAIL, Agenzia Entrate, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Aziende Sanitarie, attuati con l’egida delle Procure della Repubblica di Potenza e di Matera.

Olivieri Pennesi 34 3La premessa di carattere generale è la presa d’atto che il fenomeno crescente dell’intermediazione e del collocamento illecito della manodopera, sotto forma di caporalato, causa da una parte evidenti distorsioni del mercato del lavoro come della libera concorrenza tra le imprese, dall’altro canto causa anche rilevanti discriminazioni nei confronti di ingenti contingenti di lavoratori costretti ad accettare, in quanto facilmente ricattabili, condizioni illegali e moralmente riprovevoli, di sfruttamento.

In tali ambiti riescono agevolmente ad operare le organizzazioni criminali strutturate e coagulate, interne come pure esterne al nostro Paese che riescono ad infiltrarsi nei diversi settori produttivi e di servizi alle imprese (quello agricolo risulta tra i più esposti come anche quello dell’edilizia, dei trasporti, della logistica)

Risulta quindi di prioritario bisogno realizzare un’efficace azione di contrasto a tutte quelle condotte illecite creando un’azione cogestita tra l’autorità Giudiziaria le forze dell’ordine e le Amministrazioni statali preposte a presidio del lavoro, della fiscalità generale, previdenziale, assicurativa e in generale per la tutela dei diritti dei lavoratori anche sul versante della sicurezza ed igiene.

In tali ambiti di ricerca di legalità ad ogni livello bene si innestano iniziative anche della società civile, quali ad esempio quelle lanciate dalla “Associazione terre joniche” nella realtà agricola del Metapontino comunemente indicata come la California del sud.

Lo spunto è stato offerto dai recenti tragici eventi accaduti nell’ex plesso industriale “La Felandina” ubicata nel comune di Bernalda in provincia di Matera, dove ha perso la vita una bracciante agricola di nazionalità Nigeriana (e rispettosamente ne facciamo il nome, Eris Petty Stone, in Italia dal 2015) a seguito dello scoppio di un incendio in uno dei capannoni che compongono questo vero e proprio “Ghetto” in uso ormai da diversi anni da parte di svariate centinaia di lavoratori braccianti extracomunitari provenienti da una molteplicità di nazioni.

Queste maestranze fondamentali per la nostra produzione agricola, in Basilicata come nella quasi totalità delle altre zone di produzione del nostro Paese, troppo spesso vivono nei vari insediamenti spontanei, in condizioni igienico sanitarie precarie o inesistenti, in mancanza di corrente elettrica, acqua, gas, come anche altri servizi primari, igienici, di riscaldamento e refrigeramento, ecc.

Solo per menzionare luoghi e eventi tragici è bene rammentare altri insediamenti che nel nostro Paese sono tristemente famosi, formati da baracche di legno, plastica, cartoni, lamiere, in un assoluto degrado umano e culturale, tra questi i più significativi: San Ferdinando, Rosarno, Campobello di Mazara, Borgo Mezzanone, Rignano, San Severo, Castel Volturno, Piana del Sele, Pianura Pontina.

Tornando a parlare dell’esperienza della società civile, citiamo nuovamente l’Associazione Terre Joniche che ha dato vita al Forum delle Terre di Dignità, finalizzato ad affrontare la inumana condizione in cui sono costretti i lavoratori braccianti immigrati accampati con soluzioni di fortuna nel territorio Metapontino.

Evidentemente una delle necessità prioritarie è rappresentata dalla quantificazione dei bisogni e dei flussi di manodopera in agricoltura anche alla luce di un bisogno stringente di legalità in antitesi alla perdurante presenza della piaga che rappresenta il caporalato.

Governare con adeguata approssimazione le realtà imprenditoriali alla luce dei ciclici bisogni di manodopera agricola potrebbe contenere e limitare i fenomeni di illegalità.

Quantificazione periodica degli ettari di terreni destinati alle varie colture, organizzazione sistematica dei periodi di svolgimento delle lavorazioni, quantificazione della manodopera stimando i bisogni di uomini e donne bracciantili. In sostanza precostituire i veri e propri flussi di forza lavoro di cui si necessita.

Detti flussi composti da svariate migliaia di uomini e donne talvolta migrano a livello interregionale. Ciò non di meno necessitano, non trovandole, di condizioni umanamente adeguate per poter lavorare: abitazioni, servizi, trasporti, presidi medici, salari e sicurezza del lavoro, intermediazione lavorativa lecita, intermediazione culturale, formazione civica e specialistica.

Tali aspetti, evidentemente, richiedono la piena partecipazione e responsabilità anche delle Istituzioni locali e nazionali, oltre che ovviamente dei datori di lavoro.

Rendere fruibili le condizioni logistiche e operative per una “giusta e umana accoglienza” avendo un chiaro piano per gestire i fabbisogni con gli attori primari. Gestione trasparente del rapporto per l’incontro tra domanda e offerta di lavoro.

Olivieri Pennesi 34 4Governo e presidio efficiente delle strutture pubbliche denominate SUI – Sportelli unici per l’immigrazione, incardinati negli ambiti delle Prefetture e deputati al rilascio delle autorizzazioni inerenti l’occupabilità in base ai flussi concessi e autorizzati come pure deputati al rilascio delle autorizzazioni per le ricongiunzioni familiari degli extracomunitari, con la prevista verifica delle capacità reddituali dei richiedenti e della idoneità delle soluzioni abitative offerte.

Una particolare attenzione deve comunque essere riservata anche rispetto al sistema organizzato dai caporali, mettendo in campo una sorta di infrastrutturazione locale dei trasporti temporanei e periodici per agevolare e consentire il raggiungimento dei luoghi di lavoro agricolo, dalle strutture abitative di accoglienza dei braccianti.

Altro piano di intervento può e deve essere un miglior governo della filiera produttiva dal punto di vista dei livelli di remunerazione del prodotto, strutturando una idonea piattaforma commerciale a beneficio non solo della grande distribuzione, ma anche della piccola distribuzione, attivando magari soluzioni di e-commerce condivisi, in contesti il più possibile trasparenti e tracciabili.

Il tutto si lega a principi di umanità e giustizia con una reale mobilitazione delle comunità sociali locali e delle Istituzioni per contrastare con efficacia la barbarie e l’arretratezza degli inumani “ghetti” troppo spesso tollerati o peggio ignorati, nell’assoluta indifferenza.

In questo contesto ben dovrebbero operare al fianco delle Istituzioni le organizzazioni sindacali, datoriali di rappresentanza del mondo agricolo, come pure le Associazioni di volontariato, di cui il nostro Paese è fortemente irrorato, ma anche comunità e movimenti civili comitati civici vari e il grande apparato del mondo del volontariato, così ben radicato e presente nel nostro Paese.

Importante sarebbe inoltre un fattivo coordinamento delle varie iniziative, in ambito lavoro agricolo, sfruttamento e caporalato, che vengono intraprese a vari livelli: locali, regionali, nazionali, europei.


Olivieri Pennesi 34 5In conclusione tentiamo di riassumere didascalicamente, con un filo logico plausibile, cosa rappresenta e come si innesta il pervasivo fenomeno del Caporalato.

Iniziamo affermando cos’è concretamente il Caporalato. Si può dire che esso di certo agisce mettendo in connessione domanda e offerta di lavoro col fine di reclutare manodopera da poter offrire alle imprese tramite una sorta di “mercato parallelo”, in assoluta discrezionalità, sfruttando le braccia di uomini e donne quale forza lavoro caratterizzata dalla assoluta “assenza di capacità contrattuale”, sfruttando lo stato di assoluto bisogno e conseguente ricattabilità.

L’aspetto quindi centrale è il ricorso a varie forme di intermediazione sia formale che informale che bypassano il ricorso alle strutture pubbliche rappresentate dai “Centri per l’impiego CpI.

Questi cosiddetti intermediati (caporali) trattengono una parte del salario spettante ai lavoratori con la motivazione di trovare, per loro, occasioni di lavoro e garantendone una qualsivoglia continuità lavorativa come una sorta di fidelizzazione.

Una diversa forma (mi consento il termine) di para caporalato, evoluto, normato, avente caratteristiche camaleontiche e connotato da aspetti di relativa liceità, in quanto consentito dalla legge, si esplica ricorrendo al modello del lavoratore “somministrato” o anche “in affitto” ma con un contratto di lavoro sottoscritto con una delle varie agenzie private di somministrazione.

Le stesse agenzie formalmente svolgono una selezione dei lavoratori e li assumono per poi farli impiegare presso le aziende destinatarie.

Evidentemente il lavoratore (quale parte debole) con il bisogno di lavorare, tende ad accettare condizioni lavorative penalizzati dal punto di vista delle retribuzioni e dei vari trattamenti contrattuali e normativi.

Per il vero, tornando ad alcune dinamiche e caratteristiche del fenomeno del caporalato e alle sue forme basiche svolte sotto forma, ad esempio, del trasporto dei lavoratori verso i luoghi di lavoro, (magari con mezzi fatiscenti e rischiosi) previo contributo economico da corrispondere, o anche gli stessi caporali, essi stessi lavoratori impiegati sui campi nella veste di “capi squadra”, al fine di controllare quantità e qualità del lavoro degli altri, percependone una quota parte di salario.

Tutte queste rappresentano le forme di caporalato più subdolo e insinuante, che si affiancano ad altre forme maggiormente violente che si esplicano previo ricorso a vere e proprie forme di schiavitù e costrizione fisica e psicologica, relegando questi lavoratori oppressi e vessati al più cieco abbrutimento e isolamento senza alcun diritto riconosciuto come lavoratori.

Olivieri Pennesi 34 6Quello che possiamo e dobbiamo fare è contrastate in ogni modo questa barbarie, presidiando in primo luogo il territorio facendosi carico, le Istituzioni, nel dare vita al miglioramento, innovando fattualmente i sistemi di collocamento pubblico (come peraltro le recente riforma che ha introdotto le figure tanto discusse dei Navigator), ma anche agendo sui sistemi infrastrutturali dei trasporti pubblici, migliorando le politiche di edilizia abitativa temporanea e di supporto, strutturazione di servizi sanitari temporanei e itineranti, ma soprattutto controllare con ogni mezzo il territorio per fare venire alla luce ogni abuso nei confronti dei lavoratori, siano essi extra comunitari o meno, costretti a subire vessazioni e soprusi non tollerabili per i nostri standard di civiltà e cultura. Quadrato Rosso

[*] Professore a contratto c/o Università Tor Vergata titolare della cattedra di “Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro” nonché della cattedra di “Diritto del Lavoro”. Dirigente dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Le considerazioni contenute nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione cui appartiene.

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