Anno VIII - N° 37-38

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Gennaio/Aprile 2020

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Anno VIII - N° 37-38

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Effemeridi • Pillole di satira e costume

Coronavirus
e vecchietti


di Fadila

È stata l’ultima volta che ho potuto passeggiare con il mio amico lungo la via principale del quartiere dove abito prima che calasse la notte su Roma e il resto dell’Italia; tutti a casa. Conversando con lui, gli facevo rilevare che avendo avuto la ventura di nascere prima di molti altri, siamo, a parere degli esperti e secondo la realtà che abbiamo davanti agli occhi, i soggetti esposti al più alto rischio di fronte all’attuale epidemia che sta colpendo il mondo e in particolare il nostro paese, risvegliando nell’inconscio collettivo le paure accumulate dall’uomo nel corso dei secoli nei confronti di tali pericoli, anche dove fino a ieri non si avvertivano ancora. Le strade del quartiere potevano definirsi affollate rispetto alla desolazione dei centri abitati del nord e la gente si comportava come sempre, buttandola spesso in caciara. Neppure la coda del carnevale di qualche settimana fa, era apparsa diversa da quella degli anni precedenti. Questo atteggiamento, dovuto certo all’assenza della malattia, rappresentava, a mio giudizio, anche un senso di sfida al presente e all’immediato futuro da parte dei romani che avendone viste di cotte e di crude sembrano non temere più nulla e hanno assunto un senso di sano scetticismo che li rende impermeabili alla realtà che li circonda, anche quando non è piacevole. Non credo sia puro cinismo piuttosto un sentimento non dissimile a saggezza acquisita da oltre duemila anni.

Anche il mio amico non manifestava alcuna paura e ben a ragione perché, come me, alla sua età non sono stati pochi i virus, reali e virtuali, affrontati e sconfitti. Esprimeva, invece, infinita amarezza per quel che, nella quasi totalità, andavano dicendo i media, impegnati a contrastare il panico che si stava impossessando della società. Per essere rassicuranti nei confronti della maggioranza della popolazione se ne uscivano battendo il tasto sul fatto che la mortalità legata all’infezione riguardava quasi esclusivamente le persone della terza età. Non contestava la sostanza della notizia rispondente, purtroppo, a verità perché gli anziani sono più attaccabili nei loro fisici indeboliti col trascorrere del tempo, ma il modo in cui veniva data sottintendendo che alla fine, se proprio tutto ciò fosse accaduto, lo si sarebbe potuto valutare come il male minore. Il non detto, a suo parere, doveva era questo: cari italiani state calmi perché in fondo se proprio le cose dovessero peggiorare e il virus dovesse provocare i danni temuti, a farne le spese sarebbero quasi esclusivamente gli anziani. Considerati i pro e i contro di tale eventuale situazione sul piatto della bilancia, il risultato non sarebbe poi così negativo perché al dispiacere per la loro perdita andrebbero contrapposti alcuni elementi altamente positivi per tante persone e per l’insieme della società.

Di fronte a una ipotetica pandemia e a una conseguente strage di innocenti, poveri vecchietti, infatti, ci sarebbero tanti soldi risparmiati per le pensioni che potrebbero essere spesi per finalità più utili. Un catastrofista (o realista?) ha ipotizzato che il picco del contagio potrebbe coinvolgere il sessanta per cento degli italiani con il conseguente decesso, facendo le debite proporzioni rispetto all’attualità, di un milione di essi. Ciò comporterebbe un risparmio annuo solo di pensioni per ben quindici miliardi di euro da investire per la ripresa. Ci sarebbero poi, una volta passato questo morbo, minor consumo di medicinali e meno ricoveri ospedalieri con una sensibile riduzione delle spese sanitarie. Né c’è da sottovalutare il minor disagio al volante dell’auto dovuto a un traffico più scorrevole perché, si sa, gli anziani guidano con una lentezza esasperante; tante case liberate e tanti risparmi redistribuiti tra i loro cari che avrebbero maggiori disponibilità di acquisti a tutto vantaggio della ripresa economica. Certo, vanno considerati anche quelli che tremano al solo pensiero di una simile evenienza e mi riferisco ai nipoti senz’altro reddito che la paghetta dei nonni, ma rappresentano sicuramente una parte limitata dei componenti della nostra società.

Forse tale amarezza faceva vedere al mio amico un quadro più fosco del reale, ma certo ho avuto anch’io il sospetto che ci sia più di qualcuno con simile aspettativa e non oso pensare che costituisca la maggioranza.

Per cercare di rincuorarlo, gli ho sottolineato la salute di ferro di entrambi. Poi, gli ho ricordato che le persone che se la possono permettere hanno un’arma valida per contrastare ogni avversità, quella della gioia di vivere. Per quel che mi riguarda essa è rimasta inalterata nel mio modo d’essere nonostante il trascorrere del tempo. Mi consente di guardare le avversità con serenità e determinazione, con l’aggiunta che ho sempre saputo vendere cara la mia pelle e anche questa volta non sarei da meno.

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