Anno IX - N° 45

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2021

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Anno IX - N° 45

Maggio/Giugno 2021

I navigator

Dalle criticità alla proroga prevista dal D.L. n. 41/2021


di Fabio Anselmi e Gloria Vindigni [*]

Anselmi Vindigni 45

La crisi nel mondo del lavoro, la conseguente disoccupazione e la continua mutevolezza del mercato hanno portato il legislatore a rivedere le politiche attive del lavoro introducendo il Reddito di cittadinanza, oggetto di un lungo percorso normativo frammentario e selettivo.

Il Reddito di cittadinanza, introdotto con il D.L. n. 4/2019, inizialmente visto come un reddito base, poi come un reddito minimo garantito seppur condizionato, è da considerarsi una misura inclusiva con caratteristiche proprie del reddito di base, nonché l’evoluzione di un istituto giuridico già presente quale il Reddito di inclusione. Con l’introduzione di tale strumento, il legislatore auspicava di sconfiggere la povertà, la disuguaglianza, favorire l’istruzione, la formazione e la cultura attraverso politiche attive e un sostegno economico che permettesse l’inclusione di soggetti socialmente emarginati nel mondo del lavoro. Nello specifico il Reddito di cittadinanza prevede, in presenza di determinati requisiti e a condizione dell’assolvimento di una serie di obblighi, l’erogazione di un contributo economico in favore dei nuclei familiari che risultano esserne i beneficiari.

L’art. 12 del decreto istitutivo del Reddito di cittadinanza ha sancito, a completamento della “componente passiva” della misura rappresentata dall’erogazione del reddito, l’introduzione della tanto discussa figura del navigator, quale invece “componente attiva” della misura. Il reclutamento è avvenuto tramite bando pubblico indetto da Anpal Servizi e la selezione si è basata, per ragioni di celerità e per l’elevato numero di domande pervenute, su età e titolo di studio.

La funzione nodale affidata a tali figure, così come chiarita a seguito della stipulazione di convenzioni bilaterali tra Anpal Servizi e le Regioni, consiste nell’offrire assistenza tecnica ai Centri per l’Impiego, in modo tale da fungere da cerniera tra gli operatori dei CpI e i percettori del Reddito, accompagnando i beneficiari nella realizzazione di un percorso che va dalla “convocazione” sino alla accettazione di un’offerta di lavoro congrua. Attraverso questa funzione affidatagli, il navigator permette di meglio garantire l’attuazione del principio di condizionalità: la disciplina del RdC, come già anticipato, condiziona l’erogazione del sussidio assistenziale al compimento di una serie di attività da parte del percettore, tra cui la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro, l’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo nonché altri impegni finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Anselmi Vindigni 45 1A ben vedere è da sottolineare che il loro ruolo non era ben definito ed è più volte mutato in seguito alle diverse modifiche normative: mentre nella versione originaria del D.L. n. 4/2019 gli veniva attribuito il compito di seguire personalmente il beneficiario nella ricerca di lavoro, nella formazione e nel reinserimento professionale, nella legge di conversione del 28 marzo 2019 n. 26 gli è stato assegnato il compito di offrire “assistenza tecnica” ai centri per l’impiego. Successivamente, in virtù dell’intesa raggiunta in Conferenza Stato-Regioni, si è sancito che qualunque intervento effettuato in materia di assistenza tecnica debba essere preventivamente concordato con le Regioni, rinviando a convenzioni bilaterali che ciascuna di queste avrebbe dovuto siglare con lo Stato per definirne il ruolo. Le convenzioni bilaterali poi sottoscritte, definendo le modalità attraverso le quali i navigator sarebbero stati operativi presso i CpI, hanno per la maggior parte ripristinato l’intenzione originaria del legislatore, prevedendo la possibilità del contatto diretto con i beneficiari del Reddito.

Nel percorso di istituzione e sviluppo della figura del navigator, che come già si può comprendere è stato piuttosto frammentario e non privo di discussioni, sono stati evidenziati numerosi aspetti critici, primo fra tutti la loro identità professionale. Diversi autori evidenziano infatti il perdurare dell’interrogativo circa l’assenza di un ben chiarito profilo professionale che debba possedere tale figura, affermando peraltro che sia addirittura difficile definirla come nuova figura professionale. Il principale motivo deve rinvenirsi nella fase genetica del navigator: Come già ricordato, nella fase di selezione e più in particolare nella specificazione dei requisiti richiesti, si è data rilevanza, probabilmente per ragioni di celerità, ai titoli e all’età piuttosto che all’esperienza, penalizzando di conseguenza la platea di candidati in possesso di comprovate esperienze nel settore delle politiche attive, a vantaggio invece di giovani neo-laureati. Appare dunque che le figure non siano in possesso di quelle competenze fondamentali per svolgere il ruolo affidatogli, competenze che vengono acquisite principalmente attraverso un’adeguata esperienza nel settore. Bisogna inoltre tener conto che i beneficiari della misura di sostegno comprendono spesso nuclei familiari che vivono in condizioni di disagio e difficoltà sociale oltre che economica, ragion per cui chi si occupa del percorso volto alla loro inclusione dovrebbe auspicabilmente possedere delle competenze di natura psicologica, sociologica e assistenziale, in modo tale da poter rispondere adeguatamente al carattere multi-dimensionale della povertà che affligge purtroppo tali famiglie.

Un secondo e altrettanto centrale problema che ha caratterizzato e caratterizza l’evoluzione della figura del navigator risiede nel rapporto tra questi e i Centri per l’impiego. Il raccordo tra componente passiva e componente attiva del Reddito di cittadinanza, da rivenirsi precisamente nel già menzionato principio di condizionalità nell’erogazione della misura assistenziale, può considerarsi fruttuoso solo laddove risulti efficace il reinserimento nel mondo del lavoro del beneficiario del reddito. I soggetti principali a cui tale compito è demandato sono i Centri per l’impiego e perciò, al fine di realizzare un efficace funzionamento della complessiva misura, risulta necessario un loro corretto funzionamento oltre che delle concrete opportunità di occupazione per i beneficiari. In altre parole, il disegno normativo complessivo del Reddito di cittadinanza può funzionare solo se funzionano i CpI, quali principali erogatori pubblici di politiche attive per il lavoro, e solo se il mercato sia in grado di fornire un adeguato livello di domanda di lavoro. In assenza di queste due condizioni il modello del RdC, come evidenziato da alcune voci critiche, sarebbe caducato della sua componente attiva, permanendone la sola componente passiva, trasformandosi di conseguenza in un mero sussidio assistenziale. Orbene, è noto agli addetti ai lavori come i CpI effettuino un’azione assai limitata nell’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro, sia perché non adeguatamente organizzati sotto il profilo strutturale e informatico, sia perché sotto-dimensionati e sotto-qualificati con riguardo al profilo delle risorse umane. Va perciò evidenziato come il disallineamento temporale tra introduzione del Reddito di cittadinanza da un lato, riforma e rafforzamento dei Centri per l’impiego dall’altro, abbia comportato l’erogazione del beneficio assistenziale in assenza dell’implementazione di adeguati interventi di politica attiva del lavoro, non potendo di conseguenza garantire l’effettività del principio di condizionalità, principio cardine dell’architettura normativa della misura.

In questo contesto caratterizzato da forti dubbi circa l’effettiva utilità di questa tipologia di figura è intervenuta la proroga dei contratti dei navigator i quali, assunti con contratto a termine, avrebbero dovuto interrompere la collaborazione il 30 aprile. Il Decreto Sostegni (D.L. n. 41/2021) emanato dal governo Draghi ed entrato in vigore il 23 marzo, ha previsto la proroga dei contratti fino al 31 dicembre 2021, in assenza della quale ben 2.980 professionisti sarebbero rimasti senza lavoro. Tale intervento si colloca nell’ambito di un progetto più ampio che mira al rafforzamento e al potenziamento dei centri per l’impiego, non a caso l’art. 18 del Decreto Sostegni prevede che l’aver prestato servizio in qualità di navigator costituirà titolo preferenziale nei concorsi pubblici banditi dagli enti pubblici territoriali e dalle agenzie ad essi dipendenti, compresi quelli per i Centri per l’impiego. Difatti lo stesso Governo, sia nella persona del Premier che in quella del ministro del lavoro, ha annunciato nuove assunzioni presso i CpI, riconoscendo che con l’introduzione del Reddito di cittadinanza si è reso ancor più necessario un incremento del personale operativo presso di essi.

Sorge allora spontaneo il chiedersi se non sarebbe stato opportuno evitare il disallineamento temporale tra rafforzamento dei Centri per l’Impiego e introduzione del RdC sia nella sua componente attiva che nella sua componente passiva. In effetti, se il destino dei navigator sembra essere quello di integrare stabilmente il personale presso i CPI grazie al titolo preferenziale previsto dal Decreto Sostegni, sorgono dubbi sulla bontà della scelta effettuata dall’allora governo con il D.L. n. 4/2019 di contrattualizzarli a termine, peraltro con le difficoltà brevemente esposte circa la loro professionalità e le difficoltà di coordinamento con le Regioni, anziché stabilizzarli tramite concorso pubblico presso i Centri per l’Impiego sin dall’origine. Quadrato Rosso

[*] Fabio Anselmi, Dottore in Diritto per le imprese e studente di Giurisprudenza presso l'Università di Udine, redattore di Lexacivis. Gloria Vindigni, Dottoressa in Giurisprudenza laureata presso l'Università degli Studi di Pavia e redattrice di Lexacivis.

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