Anno X - N° 51

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2022

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Anno X - N° 51

Maggio/Giugno 2022

L’impresa sociale in agricoltura


di Luigi De Marco [*]

Luigi De Marco 51

L’impresa sociale


De Marco 51 1L’impresa sociale è un’attività economica professionalmente organizzata di utilità sociale, che trova la sua definizione e regolamentazione nel Libro V del Codice Civile ed, in particolare, nel D. Lgs. n. 155/2006, recante “Disposizioni in materia di disciplina dell’impresa sociale”.

Il suo aspetto caratterizzante sta nell’estensione dell’oggetto tipico dell’impresa mediante la previsione di una serie di servizi di utilità generale rivolti all’esterno della compagine sociale, che vanno ad aggiungersi all’esistenza dei seguenti requisiti specifici richiesti dal citato D. Lgs. n. 155/2006: ricavi superiori al 70% per l’attività prevalente svolta in settori di utilità sociale e presenza in azienda di lavoratori svantaggiati o disabili in misura non inferiore al 30% della forza lavoro complessiva e presente in organico.

L’impresa sociale, per la sua finalità sociale e di utilità civica, rientra nel cosiddetto “Terzo Settore”, che si colloca al di fuori del settore pubblico – Primo Settore – e di quello commerciale – Secondo Settore – ed è costituito dal complesso di enti privati che perseguono, senza scopo di lucro, finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale. Un’impresa sociale deve, pertanto, rivolgere la propria attività prevalentemente (ovvero in misura superiore al 70% dei propri ricavi) ad attività di utilità sociale, i cui settori sono indicati all’art. 2, 1° comma, del D. Lgs. n. 155/2006 e sono i seguenti: assistenza sociale e sanitaria; servizi strumentali alle imprese sociali; assistenza socio- sanitaria; turismo sociale; ricerca ed erogazione di servizi culturali; educazione, istruzione e formazione; tutela dell’ambiente e dell’ecosistema; valorizzazione del patrimonio culturale; formazione universitaria e post-universitaria, nonché formazione extra-scolastica.

L’impresa sociale viene costituita con atto pubblico e il relativo atto costitutivo deve esplicitare il suo carattere sociale in base a quanto previsto dal D. Lgs. n 112/2017, con l’indicazione dell’oggetto sociale e dell’assenza dello scopo di lucro. L’atto costitutivo viene poi, a cura del notaio rogante o degli amministratori, depositato presso il Registro delle imprese in cui è stata stabilita la sede sociale. Anche per le operazioni di trasformazione, fusione e scissione è prevista la persistenza dell’assenza di scopo di lucro per i soggetti risultanti dagli atti posti in essere. Lo stesso avviene per la cessione d’azienda o del ramo d’azienda, che deve essere realizzata in modo da preservare il perseguimento delle finalità di interesse generale. In caso di cessazione dell’impresa sociale o di rinuncia volontaria allo status di impresa sociale, con proseguimento dell’attività, il patrimonio residuo deve essere devoluto ad altri enti appartenenti al Terzo Settore, costituiti ed operanti da almeno tre anni o a particolari fondi previsti dal citato D. Lgs. n. 112/2017. Le regole relative alla devoluzione del patrimonio non si applicano per le imprese sociali costituite in forma di società cooperativa e per gli enti ecclesiastici.

Con Decreto n. 54/2022 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha regolamento la disciplina delle attività di controllo volte a verificare il rispetto, da parte delle imprese sociali, delle disposizioni di cui al D. Lgs. 3 luglio 2017 n. 112.

Ciascuna impresa sociale è assoggettata a controllo ordinario, almeno una volta all’anno, e riguarderà la verifica della gestione amministrativo-contabile; dell’effettivo perseguimento delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociali; dell'effettivo svolgimento in via principale e in forma di impresa di una o più attività di interesse generale; del rispetto dei limiti e delle condizioni concernenti il principio dell’assenza dello scopo di lucro e del rispetto delle disposizioni in materia di coinvolgimento dei lavoratori e degli altri soggetti interessati al governo dell’impresa.

Le ispezioni straordinarie potranno essere disposte, invece, dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali qualora si renda necessario procedere ad ulteriori controlli sugli esiti di quelli già effettuati.

De Marco 51 2La riforma ha, in particolare, disciplinato la funzione ispettiva nei confronti delle imprese sociali e l’obiettivo era quello di assicurare, attraverso controlli mirati, la genuinità delle imprese sociali, in considerazione che beneficiano di un trattamento normativo di favore ed in particolare un trattamento fiscale agevolato.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, attraverso l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ed attraverso controlli periodici, assicura che le imprese sociali rispettino le previsioni normative, con un sistema simile a quanto già avviene per le revisioni delle società cooperative.

Nel caso in cui l’ispezione evidenzi una violazione delle norme o dei requisiti che regolano l’impresa sociale, il controllore diffiderà l’impresa sociale a rientrare nei canoni della legittimità entro un congruo termine.

Nell’impresa sociale, accanto ai lavoratori ordinari, devono essere impiegate le seguenti categorie di lavoratori:

  1. lavoratori svantaggiati, tra i quali rientrano quelli privi da almeno 24 mesi di un impiego regolarmente retribuito o quelli privi da almeno 12 mesi di impiego regolarmente retribuito, che appartengono a determinate categorie, espressamente indicate;
  2. persone svantaggiate o con disabilità; persone beneficiarie di protezione internazionale, nonché persone senza fissa dimora, le quali versino in una condizione di povertà tale da non poter avere un’abitazione in autonomia.

Lo status di impresa sociale si acquista, in particolare, quando i lavoratori impiegati nell’azienda e rientranti nella categoria di cui alla lettera b) non siano inferiori al 30% rispetto ai lavoratori complessivamente impiegati; mentre i lavoratori di cui alla lettera a) non devono essere per più di un terzo[1].

Nella lettera a) rientrano anche i lavoratori molto svantaggiati, che sono quelli individuati ai sensi dell’art. 2, numero 99, del Regolamento (UE) n. 651/2014. Nell’impresa sociale è, inoltre, ammessa la presenza di attività di volontariato, ma con un limite numerico di lavoratori volontari, che non possono essere più dei lavoratori impiegati e l’impresa sociale è obbligata a tenere un apposito registro dei volontari, i quali devono essere assicurati contro gli infortuni e le malattie connesse allo svolgimento dell’attività lavorativa, nonché per la responsabilità civile verso terzi.


L’impresa agricola sociale


In ambito agricolo l’impresa sociale trova la sua regolamentazione nella Legge 18 agosto 2015 n. 141, recante “Disposizioni in materia di agricoltura sociale” ed il suo aspetto caratterizzante è rinvenibile nell’estensione dell’oggetto tipico di impresa agricola, disciplinato dall’art. 2135 c.c., il quale recita: “È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di animali s’intendono le attività volte alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria di un ciclo stesso, di carattere vegetale o animale che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Si intendono comunque connesse le attività esercitate dall’imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento degli animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni e servizi, mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge”.

De Marco 51 3L’impresa agricola sociale, pur conservando tutti gli elementi caratterizzanti l’impresa, deve però necessariamente esercitare un’attività di interesse generale, per finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale, in cui il fine sociale si integra con quello economico in quanto il perseguimento degli obiettivi sociali è subordinato al conseguimento di risultati legati all’attività di impresa e quindi a finalità lucrative, che coesistono con le finalità solidaristiche.

L’art. 2, comma 3, della Legge n. 141/2015 qualifica le attività di agricoltura sociale quali attività connesse all’agricoltura. Le prestazioni sociali che possono essere svolte dall’impresa agricola sociale sono: 1) inserimento socio-lavorativo di lavoratori con disabilità e di lavoratori svantaggiati, di persone svantaggiate e di minori in età lavorativa inseriti in progetti di riabilitazione e sostegno sociale; 2) prestazioni ed attività sociali e di servizio per le comunità locali mediante l’utilizzazione delle risorse materiali e immateriali dell’agricoltura per promuovere, accompagnare e realizzare azioni volte allo sviluppo di abilità e di capacità, d’inclusione sociale e lavorativa, di ricreazione e di servizi utili per la vita quotidiana; 3) prestazioni e servizi che affiancano e supportano le terapie mediche, psicologiche e riabilitative finalizzate a migliorare le condizioni di salute e le funzioni sociali, emotive e cognitive dei soggetti interessati anche attraverso l’ausilio di animali allevati e la coltivazione delle piante; 4) progetti finalizzati all’educazione ambientale e alimentare, alla salvaguardia della biodiversità, nonché alla diffusione della conoscenza del territorio attraverso l’organizzazione di fattorie sociali e didattiche riconosciute a livello regionale, quali iniziative di accoglienza e soggiorno di bambini in età prescolare e di persone in difficoltà sociale fisica e psichica.

L’agricoltura sociale è, quindi, un’impresa agricola a tutti gli effetti, che svolge anche un’attività sociale, che, tuttavia, non altera la natura imprenditoriale dell’iniziativa agricola.

L’impresa agricola sociale rientra nelle attività connesse se è però rispettato il “principio della prevalenza”, dell’attività agricola su quella “solidaristica” ed, in tal caso, possono usufruire dell’intero regime fiscale per l’agricoltura, in particolare per quanto riguarda l’iva, con la possibilità di utilizzare il regime speciale previsto dall’art. 34 del D.P.R. n. 633/1972.

Alle imprese agricole sociali può essere richiesta l’apertura del fascicolo aziendale sul SIAN – Sistema Informativo Agricolo Nazionale, l’iscrizione nella sezione speciale delle imprese agricole presso il Registro delle imprese, istituito presso la Camera di Commercio, nonché la relativa gestione previdenziale.

Alle Regioni spetta il compito di istituire “Registri”, al fine di monitorare l’esercizio dei servizi e delle prestazioni offerte dagli operatori dell’agricoltura sociale.

Con D.M. 21 dicembre 2018 n. 12550 sono stati fissati i requisiti minimi e le modalità di realizzazione dell’agricoltura sociale, tra cui, in particolare, si rinviene il carattere di regolarità e continuità richiesto per lo svolgimento delle attività, anche per quelle a carattere stagionale.
La verifica del rapporto di connessione previsto dall’art. 2135 c.c. avviene sulla base del confronto tra il fabbisogno di manodopera necessaria per lo svolgimento delle attività strettamente agricole ed il fabbisogno di quella necessaria allo svolgimento delle attività sociali.

Tuttavia ci sono tante aziende agricole che erogano implicitamente un servizio sociale nei confronti di soggetti deboli in quanto vi sono molte famiglie conduttrici di imprese agricole che presentano tra i propri componenti un soggetto con svantaggio. Si tratta di situazioni che, nel corso degli anni, hanno segnato, da sempre, le famiglie agricole, nelle quali l’inclusione del soggetto svantaggiato di rado richiedeva il sostegno della collettività. Diverso è il caso delle realtà agricole che svolgono una funzione sociale in modo esplicito.

L’agricoltura, come elemento di supporto terapeutico-riabilitativo o di inserimento lavorativo e di inclusione sociale, si caratterizza per una particolare versatilità che non rinveniamo negli altri settori extra-agricoli. Nell’impresa sociali le scelte dell’imprenditore non sono tanto quelle della massimizzazione del profitto bensì il perseguimento prevalentemente di obiettivi di carattere sociale.

Va comunque rilevato che i prodotti che si ottengono dalle attività agricole non portano i segni delle eventuali difficoltà delle persone che hanno contribuito al processo produttivo ed è per questo motivo che l’agricoltura si presta maggiormente al perseguimento dei detti fini. Infatti, a parità di altre condizioni, dalle olive raccolte da un soggetto ad esempio con ridotte capacità mentali si ricaverà un olio del tutto comparabile con quelle raccolte dal più esperto degli olivicoltori. Lo stesso può dirsi dell’annaffiatura di un orto o dell’alimentazione di galline da uova, e via discorrendo. Questa proprietà, indubbiamente più presente in agricoltura rispetto ad altri settori produttivi risulta di estremo interesse per le potenzialità di commercializzazione che i prodotti dell’agricoltura sociale presentano.

De Marco 51 4All’attività agricola sociale vengono, pertanto, riconosciute nuove funzioni, che ci portano a cogliere la visione multifunzionale dell’agricoltura, in considerazione della sua capacità di toccare vari aspetti della vita umana.

Tra le varie possibili forme di agricoltura multifunzionale emerge, in particolare, come innanzi detto, la capacità delle aziende di rispondere in modo diretto ai nuovi bisogni della collettività. Difatti, nel 2012, il Comitato Sociale ed Economico Europeo aveva affermato che “lo scopo dell’Agricoltura sociale è quello di creare le condizioni all’interno di un’azienda agricola che consentano a persone con specifiche esigenze di prendere parte alle attività quotidiane di una fattoria, al fine di assicurarne lo sviluppo e la realizzazione individuale, contribuendo a migliorare il loro benessere”. L’attività sociale in ambito agricolo si lega, pertanto, ad un modello di welfare territoriale e di prossimità, basato sull’azione pubblica di tutela dei cittadini a partire dalle fasce più deboli e la Legge n. 141/2015 si inserisce in tale ambito, consacrando l’agricoltura sociale come un aspetto della “multifuzionalità” delle imprese agricole[2]. Quadrato Rosso

Note

[1] Gugliotta Valerio, Bollettino ADAPT 6 novembre 2017 n. 37.

[2] Cairo Mariateresa, Fattorie didattiche e fattorie sociali, Milano 2018.

[*] Avvocato. Funzionario I. L. presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Benevento. Professore universitario a contratto di Diritto dell’Unione Europea e Diritto Internazionale presso l’Istituto universitario SSML ISC di Campobasso. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.

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