Anno X - N° 52

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Luglio/Agosto 2022

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Anno X - N° 52

Luglio/Agosto 2022

Reddito minimo, qualità dell’occupazione e questione salariale


di Angelantonio Viscione [*]

Angelantonio Viscione 52

Il Reddito di Cittadinanza (RdC), introdotto nel nostro Paese dal Decreto-Legge n. 4 del 28 gennaio 2019, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 26 del 28 marzo 2019, ha ormai superato i 36 mesi di concreta applicazione e, con il trascorrere del tempo, cominciano a diffondersi prime analisi che ne studiano gli effetti sociali ed economici. Come noto, si tratta di una forma di “Reddito Minimo” e “condizionato” a specifici requisiti di reddito, di patrimonio e di disponibilità a collocarsi o ricollocarsi nel mercato del lavoro. Sebbene vi sia una certa convergenza di risultati tra le analisi in merito ai suoi effetti sul tasso di povertà nel nostro Paese, vi sono invece punti di vista molto diversi in merito agli effetti che ha avuto e potrà avere sul tasso di disoccupazione. Vi è, però, generalmente scarsa attenzione ad altri aspetti fondamentali per il mondo del lavoro sul quale tutte le forme di Reddito Minimo possono avere un impatto rilevante come, ad esempio, la qualità dell’occupazione ed il livello medio del salario.


Reddito Minimo e disuguaglianze sociali


Viscione 52 3Innanzitutto, i primi studi di cui disponiamo in merito all’impatto del Reddito di Cittadinanza sulla povertà sono tendenzialmente concordi: la misura sembra contribuire efficacemente a contrastarla. Già nel XIX Rapporto annuale del 2020 dell’INPS[1], ad esempio, viene stimato l’impatto che l’intervento comporta in termini di riduzione della concentrazione dei redditi e della povertà. Secondo le stime INPS, infatti, il RdC riduce la povertà relativa (ossia l’insieme dei redditi equivalenti inferiori alla soglia di povertà) dal 14,9 al 14,2% e riduce il Poverty Gap Ratio (cioè lo scarto % del reddito dei poveri dalla soglia di povertà) dal 39,2 a 33,4%. Secondo queste stime, inoltre, la misura contribuisce anche a ridurre le disuguaglianze sociali: l’indice di Gini, che misura la concentrazione dei redditi di un’economia, si riduce infatti dal 33,9 al 33,2% ed il rapporto interquintilico dei redditi equivalenti (ossia il rapporto tra i redditi equivalenti posseduti dal 20% più ricco e più povero della popolazione) si riduce dal 6,4 al 5,9%. Si tratta di stime sostanzialmente in linea con le conclusioni del Rapporto Caritas del 2021[2] e del Policy Brief dell’Inapp del 2022[3].


I controversi effetti sull’occupazione


Risulta più controverso il tema degli effetti del Reddito Minimo sull’occupazione. Da un lato, infatti, vi è chi ritiene che una simile misura abbia un effetto negativo sull’offerta di lavoro, dal momento che garantisce comunque un salario di riserva che agirebbe da disincentivo ad entrare attivamente nel mercato del lavoro. Dall’altro lato, al contrario, vi è chi ritiene maggiormente determinante il contributo che una simile misura può dare, attraverso un conseguente incremento dei consumi, agli investimenti e, di conseguenza, all’incremento della produzione e della stessa occupazione. Con riferimento al nostrano RdC, ad esempio, la Presidentessa del Comitato Scientifico di Valutazione del Reddito di Cittadinanza istituito presso il Ministero del Lavoro, Chiara Saraceno, sostiene che il RdC non disincentiva affatto la ricerca di lavoro e l’occupazione: in suo recente intervento[4] spiega che la maggioranza dei percettori tenuti al patto per il lavoro (724mila su 878mila) ha avuto esperienze lavorative, anche di breve durata, proprio nell’arco temporale di ricezione del RdC e che, tra questi, 547mila persone hanno anche trovato occupazione alla fine del periodo. L’ultimo Rapporto annuale INPS, invece, sembra indicare una direzione almeno in parte diversa. Nel XXI Rapporto dell’Istituto[5], infatti, viene analizzata una popolazione di individui in età lavorativa che ha beneficiato del RdC e con almeno un’esperienza di lavoro dipendente privato tra il 2016 e il 2021. Secondo i dati amministrativi, il numero di soggetti occupati all’interno di questa popolazione è in crescita fino al 2019 (anno di introduzione del RdC) per poi, però, cominciare a ridursi. Come precisano gli autori stessi del Rapporto, si tratta solo di prime indicazioni non necessariamente legate alla misura introdotta ma, stando ad una prima lettura, il RdC potrebbe aver contribuito a favorire la loro fuoriuscita dal mercato del lavoro.

Come vedremo a breve, però, si tratta comunque di persone in condizioni di lavoro svantaggiate. Un dato da approfondire e che ci dice molto di più sul mondo del lavoro italiano e sul ruolo del Reddito Minimo nelle nostre economie.


Il tema della “qualità” dell’occupazione


Viscione 52 1Le 91mila fuoriuscite dal mercato del lavoro registrate nel campione di riferimento nel 2019, ossia nell’anno di introduzione del RdC, riguardano impieghi caratterizzati da retribuzioni e numero di settimane di lavoro mediamente inferiori a quelle rilevate invece per i lavoratori che in quell’anno continuano a restare nel mercato del lavoro: salari annui inferiori, in media, di 2.461 euro e periodi lavorativi inferiori, in media, di sette settimane. È per questo che il Rapporto INPS parla di fuoriuscite dal mercato del lavoro da parte di coloro che hanno posizioni di maggiore svantaggio. Dunque, se queste fuoriuscite sono davvero, per lo più, una conseguenza dell'introduzione di una forma di Reddito Minimo nell'economia italiana, allora vuol dire che questo genere di misura non provoca indistintamente una riduzione dell’offerta di lavoro ma, a quanto pare, riguarda proprio quegli impieghi meno retribuiti e più precari. In altre parole, garantire un reddito minimo che agisce da salario di riserva può anche permettere a lavoratori e disoccupati di rifiutare le occasioni di impiego che offrono condizioni di lavoro più difficili in attesa di occasioni meglio retribuite e meno precarie. I primi dati di cui disponiamo in merito agli effetti del Reddito di Cittadinanza sull’occupazione ci dicono, dunque, molto di più di quello che può sembrare a prima vista e che questi effetti non sono per forza così negativi.

Proseguendo questa indagine sui percettori/lavoratori, rileviamo anche che si tratta del 20% dei 4,8 milioni di percettori totali e che, tra questi, il 62% svolge un lavoro dipendente, di cui ben il 60% con contratti di lavoro a termine. Ricordiamo, a tal proposito, che i dati ISTAT sull’occupazione mensile rilevano in continuazione nuovi record nel numero di contratti a termine (3 milioni e 166mila lo scorso aprile, ad esempio). Considerando anche questo trend crescente e senza precedenti di precari in un’economia in cui lavorare garantisce sempre meno di uscire dalla povertà, il ruolo sociale del Reddito Minimo diventa allora ancora più rilevante.


Reddito Minimo e questione salariale


L’ultimo dato da approfondire sul mondo del lavoro italiano in seguito all’introduzione del Reddito di Cittadinanza riguarda la dinamica delle retribuzioni di chi non percepisce la prestazione. La ragione è la seguente. Una misura di Reddito Minimo finisce per garantire comunque un salario di riserva a chi non trova lavoro e a chi rifiuta quegli impieghi che offrono condizioni molto precarie e poco retribuite. Questo vuol dire, ovviamente, aumentare contestualmente la forza contrattuale dei lavoratori e delle loro organizzazioni sindacali nel domandare e rivendicare migliori condizioni di lavoro. Inoltre, come anticipato, una simile misura tende anche a stimolare i consumi e la domanda aggregata e, dunque, ad abbattere la disoccupazione. Dato che, al contrario, un’alta disoccupazione finisce in genere per esercitare pressioni al ribasso sui salari perché scoraggia le rivendicazioni da parte dei lavoratori, il Reddito Minimo riesce anche in questo modo ad aumentare il tasso di rivendicazioni e la forza contrattuale di lavoratori e sindacati. Il tema è molto rilevante perché, come dimostrato anche su questa rivista dal Presidente della Fondazione Di Vittorio[6], la questione salariale in Italia sta diventando sempre più grave ed urgente. Le tesi esposte poc’anzi trovano una conferma nelle prime analisi illustrate nel già citato XXI Rapporto INPS. Per rendere la rilevazione solida e coerente, il Rapporto considera la dinamica delle retribuzioni di una popolazione di lavoratori non percettori di RdC a bassa retribuzione (in particolare, quelli con un salario settimanale inferiore al primo quartile della distribuzione). Retribuzione e numero di settimane lavorate, che fino al 2018 conoscevano un trend decrescente, cominciano invece a crescere a partire dall’anno di introduzione della misura: nel 2019 il reddito settimanale passa da 296,862 a 300,018 euro; il reddito annuo da 7.390,839 a 7.520,227 euro; le settimane lavorate da 23,885 a 24,068. Un trend crescente che continua fino all’ultimo anno della rilevazione INPS, il 2021. Si tratta, ovviamente, solo di prime e parziali rilevazioni, ma questi dati svelano comunque le potenzialità ed il ruolo positivo che può rivestire il Reddito Minimo anche in termini di forza contrattuale e, dunque, di rivendicazioni salariali per lavoratori e organizzazioni sindacali.

Viscione 52 2In conclusione, dinanzi ad un dibattito mediatico spesso troppo superficiale e dicotomico sugli effetti del Reddito di Cittadinanza, un’analisi approfondita dei dati a disposizione ed un’attenzione maggiore a variabili come la “qualità” dell’occupazione ed il livello delle retribuzioni, ci dimostrano come un Reddito Minimo possa rivestire un ruolo sociale ed economico decisamente a favore del mondo del lavoro. In tal senso, migliorare e perfezionare il RdC, accanto all’urgente attuazione di politiche economiche di pieno impiego e di riforme fiscali e lavoristiche pro-labour, può contribuire attivamente a far uscire il nostro Paese dalla stagnazione salariale e produttiva in cui si trova e, dunque, ad imboccare un nuovo sentiero di sviluppo economico e sociale. Quadrato Rosso

Note

[1] XIX Rapporto Annuale INPS (2020). Capitolo 3 “Misure di contrasto alla povertà ed esclusione sociale”.

[2] Gallo G., Baldini M. (2021). “‘Chi’ riceve il Reddito di Cittadinanza e a ‘quanto’ ammonta” in “Lotta alla povertà: imparare dall’esperienza, migliorare le risposte. Un monitoraggio plurale del Reddito di Cittadinanza” a cura di Caritas Italiana. Edizioni Palumbi. Teramo.

[3] Bergamante F., De Angelis M., De Minicis M., Mandrone E. (2022). “Reddito di Cittadinanza: Evidenze dall’Indagine Inapp-Plus”. Inapp Policy Brief. n. 27, febbraio 2022.

[4] Saraceno C. (2022). "Dieci domande e risposte per conoscere davvero il Reddito di Cittadinanza". Il Menabò di Etica e Economia, n. N.176/2022.

[5] XXI Rapporto Annuale INPS (2022). Capitolo 4 “Politiche di sostegno alla famiglia e di promozione dell'equità”.

[6] Fammoni F. (2022). “L’Italia dei bassi salari e della precarietà”. Lavoro@Confronto, n. 51 Maggio/Giugno 2022.

[*] Funzionario pubblico e dottore di ricerca in Economia Politica. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza

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