Anno X - N° 52

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Luglio/Agosto 2022

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Anno X - N° 52

Luglio/Agosto 2022

Stato di attuazione della Legge 68/99

Un approfondimento sugli invalidi del lavoro


di Cristian Clemente [*]

Cristian Clemente 52

Clemente 52 1Oltre un miliardo di persone, quasi il 15% della popolazione mondiale, vive con qualche forma di disabilità; circa 785 milioni di queste sono in età lavorativa.

A livello globale le statistiche, ove disponibili, mostrano che i tassi di disoccupazione delle persone con disabilità sono più elevati e che i tassi di partecipazione al mercato del lavoro sono più bassi di quelli delle persone senza disabilità. La loro esclusione dal mercato del lavoro rappresenta una significativa perdita di potenziale: si stima che comporti una perdita di PIL compresa tra il 3 ed il 7% (OCSE, 2010).

All’interno dell’Unione Europea, il tasso di occupazione delle persone con disabilità negli Stati membri è di molto inferiore al 50%, rispetto a oltre il 70% della popolazione totale, mentre il tasso di disoccupazione (18,3%) è quasi doppio rispetto a quello generale (9,9%) (Eurostat, 2016).

A più di vent’anni dall’uscita della Legge 68/99 è arrivato il momento di fare il punto, di capire cos’ha funzionato e cosa no. Intanto che cos’è la Legge 68/99?


Il lavoro dei disabili è tutelato dall'ordinamento giuridico italiano attraverso un'apposita disciplina, contenuta nella Legge numero 68 del 1999, che lo regola in maniera differente rispetto al lavoro tradizionale, al fine di garantire anche ai soggetti svantaggiati un'adeguata presenza nel mondo del lavoro.

L'obiettivo è quello di ristabilire la garanzia di quelle opportunità che purtroppo, senza un apposito intervento, rischierebbero di essere compromesse. Le categorie protette sono categorie di lavoratori che, a causa di una disabilità, godono di tutele che ne facilitano l'accesso nel mondo del lavoro.

La principale categoria che la legge 68 del 99 tutela è quella dei disabili.

Rientrano in tale definizione innanzitutto gli invalidi civili con un'invalidità pari o superiore al 46% e gli invalidi del lavoro con un'invalidità pari o superiore al 34%.

Sono poi disabili ai fini della legge numero 68 del 1999 anche i non vedenti (tra i quali rientrano anche coloro che abbiano un residuo visivo non superiore a 1/10 in entrambi gli occhi), i non udenti e gli invalidi di guerra, gli invalidi civili di guerra e gli invalidi di servizio.

Oltre ai disabili, la legge numero 68 del 1999 tutela come categorie protette (unitamente al d.p.r. n. 333/2000) anche gli orfani e i coniugi superstiti di coloro che siano deceduti per causa di guerra, lavoro e servizio svolto nelle pubbliche amministrazioni e delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata.

Sono categorie protette, poi, i figli e i coniugi di grandi invalidi per causa di guerra, lavoro e servizio e i profughi italiani rimpatriati.

Le principali informazioni sui datori di lavoro e sulle persone con disabilità già impiegate sono ricavabili dalle dichiarazioni PID (Prospetto Informativo Disabili) che le aziende con almeno 15 dipendenti sono tenute ad inviare ai fini del rispetto dell’obbligo normativo e che quantificano le quote di riserva previste dalla normativa. Con un esercizio di estrema sintesi delle principali frequenze, si potrebbe delineare il profilo tipo della persona con disabilità occupata come di un uomo che vive in Lombardia, over 50, con ridotte percentuali di invalidità e che svolge una professione esecutiva nel lavoro d’ufficio del settore privato, con contratto a tempo indeterminato e full time.

Partendo dall’osservazione dei valori assoluti degli occupati con disabilità, infatti, il quadro generale riporta una situazione molto articolata, con la regione Lombardia che da sola occupa tante persone quanto l’intera area Sud e Isole. Il dato è in parte spiegato dalla presenza di un tessuto produttivo ad alta densità (che giustificherebbe però alti tassi in regioni con densità analoghe) ma anche dall’elevata presenza di persone con disabilità, che in Lombardia sono circa il doppio rispetto a regioni come il Piemonte o il Veneto.

I Prospetti Informativi delineano anche le caratteristiche principali dei datori di lavoro obbligati e soggetti alla presentazione della propria situazione per avvenute modifiche nell’assetto organizzativo.

Il numero dei datori di lavoro registrati nel 2018 è pari a 95.467.

Clemente 52 4Il totale delle imprese private che hanno effettuato le dichiarazioni secondo normativa assommano a 90.603 (pari al 94,9% di quelle presentate nell’anno specifico), di cui il 45,5% denuncia la presenza di posti non coperti alla data del 31 dicembre per lavoratori con disabilità sulla propria quota di riserva.

Gli avviamenti al lavoro presso datori di lavoro pubblici e privati comunicati nel 2016 sono stati 28.412, divenuti 34.613 nel 2017 e infine 39.229 nel 2018. In tutto il triennio il settore privato assorbe il 96% degli avviamenti complessivi.

Si tratta di numeri che, lontano dal corrispondere alle richieste espresse dalle persone con disabilità in cerca di occupazione, testimoniano di un impegno da parte degli attori del sistema che appare accresciuto negli anni, anche in considerazione dei processi di semplificazione introdotti dal legislatore.

Le categorie professionali dei prestatori di lavoro maggiormente indicate nella richiesta di avviamento dai datori di lavoro privati sono quelle di Operaio (29% circa) e Impiegato (18%), con le categorie di Quadri e Dirigenti che, insieme, non raggiungono mai l’1%.

Le assunzioni a tempo determinato, come si registra ormai da diversi anni, costituiscono la modalità contrattuale prevalente, con quote percentuali che variano negli anni dal 58% del 2016, al 60% dell’anno successivo, al 57% del 2018.

La quota delle donne assunte è sempre inferiore a quella degli uomini nel triennio e non corrisponde comunque al peso percentuale delle iscritte all’elenco della Legge 68/99.

Nel confronto degli occupati per percentuale di invalidità, l’indagine riporta il maggiore impiego di occupati con percentuali ridotte (fino al 66%). Oltre tale soglia sembra che il salto sia netto, senza grosse distinzioni, per coloro che hanno disabilità gravi o gravissime e che risultano occupati con percentuali minori. Il maggior numero di occupati con disabilità oltre il 66% spetta comunque al Nord Ovest, mentre il Nord Est fa registrare una quota del 70% di occupati con invalidità sotto il 66%.

Un aspetto di rilievo che è emerso dalla Giurisprudenza Europea è quello degli “accomodamenti ragionevoli”.

Questi ultimi possono essere sia interventi di carattere materiale, volti a rendere le strutture esistenti accessibili e fruibili anche da parte delle persone con disabilità, ma anche misure di carattere organizzativo (modifica dell’orario di lavoro, distribuzione delle mansioni o politiche formative).

I datori di lavoro hanno la possibilità di sottrarsi all’obbligo di prevedere accomodamenti ragionevoli, ove le modifiche e gli adattamenti necessari impongano loro un onere sproporzionato ed eccessivo.

Per valutare la gravosità di tale onere deve tenersi conto, fra l’altro, dei costi finanziari o di altro tipo che tale misura comporta, delle dimensioni e delle risorse finanziarie dell’impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni (ad esempio da INAIL).

Gli adattamenti ragionevoli sono misure appropriate, ossia misure efficaci e pratiche destinate a organizzare il luogo di lavoro in funzione della disabilità, ad esempio sistemando i locali o adattando le attrezzature, i ritmi di lavoro, la ripartizione dei compiti o fornendo mezzi di formazione o di inquadramento.


Qual è la situazione degli invalidi del lavoro?


L’ultimo dato ufficiale disponibile – la RELAZIONE SULLO STATO DI ATTUAZIONE DELLA LEGGE RECANTE NORME PER IL DIRITTO AL LAVORO DEI DISABILI (Anni 2016, 2017 e 2018) del 2021 – dipinge un quadro preoccupante.

Nel 2018 il numero di invalidi del lavoro iscritti al collocamento mirato era 17.933 su un totale di 733.708 persone: si tratta dello 0,02%!
Tra questi, coloro che sono stati presi in carico attraverso un Patto di Servizio Personalizzato nel 2018 sono stati 1.279 su un totale di 66.651: anche in questo caso lo 0,01%...

Un dato altrettanto sconfortante è quello degli avviamenti degli invalidi del lavoro: 673 nel 2016, 775 nel 2017 e 715 nel 2018: un dato che si attesta sempre sul 2% del totale.


Quali sono le cause di questa profonda dicotomia tra invalidi civili e del lavoro?


Clemente 52 3Innanzitutto il loro numero assoluto. Gli invalidi civili sono assai più numerosi ed è naturale quindi che in questi numeri ci sia un’assoluta prevalenza di queste persone.

Ma questo dato in parte nasconde una criticità: esistono davvero strumenti su misura per il ricollocamento degli invalidi del lavoro?

Si tratta di persone che nella maggior parte dei casi non possono più svolgere le mansioni precedenti e hanno quindi necessità di essere formati e orientati nuovamente nel mercato del lavoro. Non è inoltre da sottovalutare il trauma psicologico dovuto all’infortunio, che spesso causa depressione, ansia e panico e altri disturbi dello spettro psicologico.

Purtroppo anche le recentissime “LINEE GUIDA IN MATERIA DI COLLOCAMENTO MIRATO DELLE PERSONE CON DISABILITÀ” (Marzo 2022) non danno spunti innovativi in tal senso: addirittura gli invalidi del lavoro non sono mai citati.


Che cosa è possibile fare dunque?


ANMIL
, l’Associazione Nazionale tra lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro, ha deciso di mettersi in gioco in prima persona attraverso il progetto “Sportelli Lavoro ANMIL”, un innovativo percorso dedicato principalmente agli invalidi del lavoro, alle vedove e agli orfani dei caduti sul lavoro, che funziona come un collocamento mirato ad hoc per queste categorie.

L’idea alla base del progetto è rivoluzionare il concetto delle Agenzie, introducendo il modello di uno sportello di accoglienza e assistenza per le persone con disabilità e per i datori di lavoro soggetti agli obblighi della Legge 68 del 1999.

Gli sportelli svolgono attività di raccolta delle candidature e di orientamento delle stesse, indirizzando le persone ad attività formative o a percorsi di inserimento lavorativo (anche in partnership con Agenzie per il Lavoro e altri soggetti istituzionali).

Il primo obiettivo degli sportelli è l’integrazione socio-lavorativa degli invalidi del lavoro, delle vedove e degli orfani dei caduti sul lavoro e delle persone con disabilità.

Il secondo è la creazione di una rete nazionale che operi come collocamento mirato privato delle categorie sopra indicate.

L’intento è favorire, su tutto il territorio nazionale, la presenza e la fruibilità di servizi, strumenti e risorse adeguati, secondo i principi delle pari opportunità, a beneficio degli invalidi del lavoro e delle imprese interessate dalla norma del collocamento mirato.

Gli Sportelli Lavoro di ANMIL prevedono inoltre di realizzare, contestualmente alle attività di orientamento e accompagnamento all’inserimento e al reinserimento lavorativo, adeguate campagne di informazione e sensibilizzazione locali e nazionali rivolte alle aziende al fine di far comprendere come l’inserimento di un invalido del lavoro all’interno del proprio contesto aziendale possa trasformarsi da mero obbligo di legge a opportunità di visibilità e impegno sociale nei confronti del territorio in cui sono dislocate le unità produttive.

Clemente 52 2ANMIL supporta inoltre le aziende informandole adeguatamente sulle agevolazioni e gli incentivi (previsti dalla normativa nazionale, regionale e provinciale) connessi alle assunzioni delle persone con disabilità (fiscalizzazione degli oneri, incentivi alle assunzioni, contributi per l’adeguamento della postazione di lavoro e tutoraggio post assunzione, etc.).

Nello svolgimento di questo percorso ANMIL opera in stretta connessione e raccordo con tutti gli attori, gli enti e i servizi pubblici e privati che operano nei diversi territori di riferimento al fine di creare reti di confronto e collaborazione realmente efficaci, con l’obiettivo di perseguire il maggior numero di inserimenti lavorativi che siano duraturi nel tempo e soddisfacenti per tutte le parti coinvolte (imprese e lavoratori).


La strada è dunque ancora in salita e il lavoro da fare molto, ma in attesa di un intervento del legislatore che tenga conto delle peculiari necessità di ricollocazione degli invalidi del lavoro, dobbiamo rimboccarci le maniche ed essere noi stessi uno strumento di innovazione e cambiamento etico. Quadrato Rosso

[*] Coordinatore nazionale IRFA (Istituto per la Riabilitazione e la Formazione di ANMIL) e sportelli lavoro ANMIL

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