Anno X - N° 53

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Settembre/Ottobre 2022

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Anno X - N° 53

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Le esternalizzazioni dei servizi pubblici in Europa

Uno studio del sindacato europeo dei servizi pubblici


di Nicoletta Grieco [*]

Nicoletta Grieco 53

Grieco 53 1Lo scorso 5 ottobre a Bruxelles, il sindacato europeo dei servizi pubblici Epsu, ha lanciato un report sulla problematica delle esternalizzazioni che stanno svuotando le pubbliche amministrazioni europee.

La lotta contro le privatizzazioni è da molto tempo al centro del lavoro di Epsu che, anche in collaborazione con PSI (la Global Union dei servizi pubblici), ha partecipato a svariati progetti anche per favorire la reinternalizzazione dei servizi pubblici in Europa e nel mondo.

Il rapporto è stato realizzato da Vera Weghmann, ricercatrice presso la PSIRU (Public Services International Research Unit della Greenwich University) ed individua nel periodo dell’austerità la nascita e la causa della grande stagione delle privatizzazioni.

In quel periodo in cui sono stati richiesti ed operati tagli soprattutto al pubblico gli Stati hanno fatto ricorso ad appalti al massimo ribasso o a consulenze, la cui natura riesce meglio ad aggirare eventuali norme sul blocco o sui tagli di posti di lavoro. L’austerità ha quindi favorito l’aumento delle consulenze ma, ironia della sorte, ha provocato costi superiori rispetto a quanto avrebbero comportato nuove assunzioni di personale interno.

Le consulenze, da parte di importanti Governi ed Amministrazioni, sono state estese anche a mansioni principali portando di fatto a una sorta di privatizzazione della politica. In questo modo, secondo il report, il divario tra mercato e Stato diventa sempre più labile, attori commerciali entrano a far parte dell’apparato governativo, sollevando seri problemi di trasparenza e responsabilità. Lampante l’esempio della Commissione Europea, che pare essersi affidata ai consigli di McKinsey nel rispondere alla pandemia di Covid-19 tramite il coinvolgimento del settore privato; i dettagli di tale operazione non sono tuttavia accessibili al pubblico, proprio per la natura dell’attore privato non soggetto alle regole pubbliche, minando dunque la trasparenza dell’Istituzione.

Ma sono molti i Governi che per l’effetto ‘panico da pandemia’ hanno fatto ricorso a consulenze esterne o appalti al massimo ribasso, perché non potevano far conto su un sistema pubblico che rispondesse prontamente a causa dei tagli subiti negli anni e l’eccessivo affidamento al mercato.

Due esempi emblematici emergono nel rapporto: in Francia, per far fronte al lento varo del programma di vaccinazione si è fatto massiccio ricorso a società di consulenza, tanto che all’inizio del 2022 il Senato francese ha avviato un’indagine pubblica relative a società come Accenture, McKinsey e Citiwell nella gestione della pandemia. Risulta dall’indagine che tra gennaio 2020 e gennaio 2021 sono stati stipulati circa 28 contratti tra 7 società di consulenza e il Ministero della Sanità francese per un valore di 11,3 milioni di euro.

Nel Regno Unito, il Governo ha usato la pandemia come scusa per aggirare le consuete procedure di appalto; procedure accelerate hanno dato priorità a molti contraenti che avevano legami personali con parlamentari e le imprese “clientelari” legate alla politica hanno avuto dieci volte più probabilità di ottenere contratti rispetto alle altre imprese. I contratti assegnati corrispondevano ad un valore di oltre 19 miliardi di sterline senza gara d’appalto, in alcuni casi a società prive di esperienza nel settore.

Altro tema che emerge nella ricerca è relativo alla spinta alla privatizzazione della pubblica amministrazione, dove l’introduzione della digitalizzazione può rientrare in un più ampio programma di riforme strutturali che prevede tagli di posti di lavoro ed esternalizzazioni. È provato che quando la digitalizzazione è guidata da fornitori privati, il rischio è che i posti di lavoro sicuri del settore pubblico vengano sostituiti da quelli esternalizzati del settore privato, e che vi siano conseguenze per la sicurezza dei dati e delle piattaforme.

Tuttavia, come ben evidenzia il report, nei paesi dove la Contrattazione Collettiva e/o le disposizioni di legge offrono maggiore protezione, come i Paesi nordici, il Belgio, l’Austria, la Spagna e l’Italia, l’impatto della privatizzazione, seppur dannoso, ha impatti meno devastanti.

Nei Paesi in cui la copertura contrattuale dei lavoratori pubblici e privati è alta (in Italia 100% per i pubblici e 74% per i privati), la presenza del contratto Collettivo nazionale garantisce diritti di base e autorità salariale e riesce a fronteggiare anche corposi processi di privatizzazione.

Il report inoltre fornisce alcuni esempi che testimoniano come la reinternalizzazione, oppure l’estensione di competenze prima privatizzate alla pubblica amministrazione, non sono un’utopia ma possono essere realtà virtuosa e che con una forte mobilitazione sindacale e la collaborazione di altri gruppi della società civile, è possibile.

Rilevanti gli esempi degli addetti alle pulizie nei Paesi Bassi, degli statistici in Svezia – servizi entrambi reinternalizzati dopo il fallimento del privato – oppure l’estensione delle competenze della pubblica amministrazione come per il Bundescloud in Germania, ovvero la creazione di cloud per l’amministrazione federale tedesca interamente gestita dal Ministero dell’Interno, con garanzie di maggiore sicurezza per i dati trattati.

La conclusione generale di questa relazione è che occorre ripensare il ruolo del settore privato nella pubblica amministrazione. La privatizzazione, le consulenze e l’outsourcing hanno provocato cambiamenti fondamentali nella struttura della pubblica amministrazione, svuotandone ampie parti e trasferendo competenze e professionalità al settore privato.

Per troppo tempo la politica di molti Governi è stata guidata dal presupposto neoliberale che la pubblica amministrazione sia intrinsecamente inefficiente, sovradimensionata e un ostacolo al cambiamento. Questa logica porta a chiedere che venga ridotta, privatizzata, ristrutturata o appaltata e che sia gestita più come un’azienda privata che come un servizio pubblico.

L’effetto è stato quello di minare lo sviluppo di istituzioni pubbliche solide e di qualità, che sono invece necessarie non solo per affrontare crisi come la pandemia di Covid-19, ma anche le sfide future come il cambiamento demografico e tecnologico e la crisi climatica.

Il settore pubblico deve trovare il modo di prepararsi a questi processi, con i giusti investimenti su personale e know-how, piuttosto che dipendere da aziende private alla ricerca di profitti.

Gli strumenti per combattere questo processo, emerge dal report, sono una forte contrattazione collettiva e una forte partecipazione sindacale che vigili sulla deriva delle privatizzazioni e per condizioni di lavoro dignitose e decenti per chi offre servizi pubblici, che devono essere garantiti, universali ed efficienti.

Un sindacato forte, unito, a livello europeo e a livello nazionale è una valida risposta a spinte neoliberiste che sbilanciano la pubblica amministrazione a favore dei profitti delle imprese private.

La ricerca dimostra che il settore pubblico continua a fornire servizi efficaci, efficienti e di qualità e che i servizi pubblici, avamposto di democrazia e portatori di diritti di cittadinanza, devono mettere al primo posto le persone e non i profitti. Quadrato Rosso

L’intero report è disponibile a questo link.

[*] Responsabile Dipartimento Internazionale FP CGIL

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