Anno X - N° 54

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Novembre/Dicembre 2022

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Anno X - N° 54

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Il sindacato europeo a difesa della sanità pubblica


di Nicoletta Grieco [*]

Nicoletta Grieco 53

Il 9 dicembre a Bruxelles, in occasione del Consiglio Europeo dei Ministri della salute, delegazioni di operatori sanitari e sociosanitari di tutta Europa hanno partecipato a una manifestazione indetta da EPSU.

Il titolo della manifestazione era emblematico: “Trasforma gli applausi in azioni concrete: salari dignitosi - più personale - no alla privatizzazione”.

Sappiamo tutti che durante la pandemia, in tutta Europa, si sono moltiplicate le manifestazioni di stima verso il personale sanitario, che, con grande senso di abnegazione e costo della propria vita, ha assistito senza sosta le cittadine e i cittadini.

Ma la memoria è a corto termine nei Governi europei e, dopo gli applausi, tutti i Paesi sembrano condividere le stesse gravi problematiche, ma i Governi non sembrano comprendere l'urgente necessità di affrontare la mancanza di personale nei sistemi sanitari di tutta Europa ed il rischio che gli stessi possano collassare.

Mancanza di personale, salari bassi e scarso riconoscimento professionale; in più l’attacco delle multinazionali, che portano avanti il profitto dinanzi al benessere della cittadinanza, ai sistemi pubblici europei.

Durante la pandemia, che ha travolto per prima l’Italia, abbiamo toccato con mano quanto una strategia comune europea sia necessaria a fronteggiare le grandi crisi e quanto l’unità dei sindacati dei servizi pubblici sia fondamentale.

I servizi sanitari nazionali sono stati messi a dura prova dallo tsunami provocato dal Covid. Sulla pelle delle lavoratrici e dei lavoratori, ma anche delle cittadine e dei cittadini, è stata fronteggiata una situazione di emergenza eccezionale che ha fatto emergere quanto i tagli indiscriminati al pubblico, quanto le privatizzazioni dei servizi avessero deteriorato i sistemi sociosanitari. La pandemia ha mostrato in tutta la sua spietatezza che senza il pubblico si muore, che solo il pubblico può garantire cure adeguate e può salvare vite umane.

Circa un mese fa, alcuni membri della Commissione Covid – istituita dal Parlamento Europeo anche su sollecitazione di Epsu – in visita alle Regioni italiane colpite per prime dalla pandemia, hanno ricevuto nelle proprie mani una lettera delle lavoratrici e dei lavoratori della Lombardia. Citiamo testualmente un estratto: “Regione Lombardia ha infatti cercato di gestire l’emergenza sanitaria dando una risposta solamente ospedaliera – più che raddoppiando i posti letto in terapia intensiva –, ma senza poter contare su un sistema di sanità territoriale che aveva smantellato da tempo. Gli ospedali si sono saturati presto e il sistema sanitario, dopo circa 20mila contagi, è andato in tilt. Il sistema sanitario ha fallito all’urto del virus per la mancanza della rete territoriale, con la medicina di base sempre più impoverita e abbandonata nel tempo, per seguire un modello che, negli anni, non solo ha dato sempre più spazio al privato, ma si è anche concentrato su ospedali ad alta specialità.”

Questo estratto della lettera delle lavoratrici e dei lavoratori lombardi spiega in poche righe quanto scelte sbagliate di privatizzazione, di “americanizzazione” dei sistemi sanitari – in questo caso da parte di un governo regionale – hanno influito negativamente sulla gestione del Covid, distruggendo la medicina territoriale e la prima assistenza, per centralizzare sempre di più la sanità lombarda. E hanno messo in evidenza quanto un sistema di eccellenza, perlopiù privatizzato, che si è concentrato su settori specifici tralasciandone altri, non è in grado di gestire l’emergenza, perché la pandemia non può essere gestita solo con l’ospedalizzazione, ma bisogna garantire un filtro di medicina di prossimità.

In poche parole, la lettera dichiara che il sistema, che deve essere pubblico, deve essere sostenuto, finanziato e rafforzato e non impoverito, come invece inesorabilmente è stato fatto durante gli anni dell’austerity.

L’Europa ha dimostrato, dopo la crisi del Covid, che esiste una alternativa all’austerity, con una decisione importante che è stata quella dei Piani di Ripresa e Resilienza.


Grieco 54 1Il PNRR è certamente una sfida importante anche per la sanità, ma non si può non constatare che gli investimenti sono spesso parziali e non accompagnati da una spesa consolidata che deve concentrarsi sempre di più sul personale, per nuove assunzioni, ma anche per un salario dignitoso accompagnato dal riconoscimento della professionalità.

Alla manifestazione del 9 dicembre il sindacato europeo ha chiesto azioni comuni relativamente alla sanità e un sempre maggior coordinamento per affrontare le crisi che coinvolgono tutti gli stati membri. È il momento di prendere coscienza che i problemi dei sistemi sociosanitari sono comuni a tutti i Paesi europei: salari bassi, necessità di assunzioni e riconoscimento professionale e sociale, tutte questioni comprese nella piattaforma di Epsu.

Il sindacato europeo chiede un’Europa in cui si investa per migliorare la sanità e i servizi pubblici, a partire da nuove assunzioni, e per la qualità della sanità pubblica, una delle spine dorsali dell’Europa democratica.

La Commissione dovrebbe garantire un vero coordinamento, come avvenuto nella fase delle campagne vaccinale, per far sì che alcuni standard di servizio vengano garantiti in tutti i Paesi, nonché per fronteggiare altre future eventuali emergenze in campo sanitario. Va aumentato il coordinamento europeo tra gli Stati membri in materia di sanità e la collaborazione tra Epsu e le istituzioni europee per vigilare sui sistemi di accreditamento al privato, nonché la cooperazione tra le organizzazioni sanitarie internazionali – tra cui l'OMS Europa, l'OIL Europa, il Consiglio d'Europa e le istituzioni dell'UE – per affrontare le sfide del settore sanitario.

Va rafforzata la contrattazione collettiva e la sanità va esclusa da qualsiasi misura di austerità, perché deve essere considerata come bene primario e difesa dalla privatizzazione selvaggia.

Le lavoratrici e i lavoratori vanno tutelati contro i rischi psicosociali e le sindromi post Covid, proteggendoli da carichi di lavoro troppo intensi e riconoscendo il Covid come malattia professionale.


I sistemi sanitari nazionali sono tra le basi delle democrazie europee perché hanno valore universalistico, che elimina ogni tipo di disuguaglianza, e perché garantiscono un diritto fondamentale.

La sanità pubblica non può essere considerata un costo ma un valore, un valore che produce benessere e garantisce democrazia e va difeso, così come vanno difesi le lavoratrici ed i lavoratori che tanto hanno dato durante la pandemia sacrificando le loro vite per salvare le nostre.

A Bruxelles, per dare voce alle loro richieste, la FP CGIL è stata in piazza insieme alle altre organizzazioni sindacali europee. Gli applausi non bastano più. Quadrato Rosso

[*] Responsabile Dipartimento Internazionale FP CGIL

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