Anno XI - n° 56

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Marzo/Aprile 2023

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Anno XI - n° 56

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Digitalizzazione della PA: cinque “errori” da non commettere

I diritti fondamentali previsti dal CAD e orientati dall’applicazione della normativa europea


di Manuel Carusi [*]

Manuel Carusi 56

Digitalizzazione della PA: il Codice dell’Amministrazione Digitale ed i “diritti digitali” fondamentali


Il Codice dell’Amministrazione Digitale viene alla luce nell’ordinamento giuridico italiano con il d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82 [1], un Testo Unico che riunisce le norme riguardanti la digitalizzazione della Pubblica Amministrazione nei rapporti con i cittadini e le imprese.

Il fondamento costituzionale del CAD va rintracciato nell’art. 97 della Costituzione[2], che, menzionando il principio di “buon andamento”, rende traducibile, anche ai fini della digitalizzazione della PA, i principi di “efficienza, efficacia ed economicità” richiesti all’azione amministrativa.

Carusi 56 1Il processo di digitalizzazione della PA comporta una migrazione dei dati e degli applicativi informatici delle singole amministrazioni verso un “ambiente cloud” unitario, al fine di sopperire alle carenze di affidabilità e capacità elaborativa che affliggono i sistemi a livello locale, così da rendere alla collettività servizi più sicuri ed integrati. Oltre ciò, il processo di transizione digitale della PA si prefigge la creazione di un unico profilo digitale, in modo tale che le amministrazioni abbiano a disposizione le informazioni sui cittadini “una volta per tutte”, in applicazione del principio del once only, secondo il quale si deve evitare di chiedere a cittadini ed imprese informazioni già fornite in precedenza.

Segni tangibili di questo processo in divenire sono dati dall’adozione dell’Identità digitale[3], mediante SPID (Sistema pubblico di identità digitale), CIE (Carta d’identità elettronica) e ANPR (Anagrafe nazionale della popolazione residente); sempre in questa direzione, possono essere richiamati il Domicilio Digitale [4]; l’App. IO[5] (quale principale punto di contatto tra Enti e cittadini per la fruizione dei servizi pubblici digitali); l’adozione di pagoPA[6] (la piattaforma digitale per i pagamenti verso le pubbliche amministrazioni); ed infine il miglioramento dell’esperienza dei servizi pubblici digitali, sia attraverso l’accesso a siti internet più facilmente fruibili dall’utenza[7], sia attraverso una attività di alfabetizzazione e sviluppo delle competenze digitali dei cittadini [8].

A tale ultimo proposito, riferimenti pratici sono reperibili nello sviluppo dell’iniziativa del “Servizio civile digitale”, nella diffusione dei “Centri di facilitazione digitale” e del Syllabus “Competenze digitali per la PA”, ovvero il documento che descrive l’insieme minimo delle conoscenze che ogni dipendente pubblico, non specialista IT, dovrebbe possedere per partecipare attivamente alla trasformazione digitale della Pubblica Amministrazione.

Questi interventi sono volti a favorire l’uso delle nuove tecnologie per promuovere una maggiore partecipazione dei cittadini, anche residenti all’estero, al processo democratico e per facilitare l’esercizio dei diritti politici e civili, nonché migliorare la qualità degli atti della pubblica amministrazione (art. 9 CAD).

Il CAD risponde ad un duplice fine, ovvero: da un lato, imporre alle pubbliche amministrazioni l’obbligo di dematerializzare gli atti, i documenti, gli archivi, nonché digitalizzare i procedimenti ed i servizi all’utenza; dall’altro, costituire il concetto di “cittadinanza digitale”, ossia la facoltà per il cittadino di esercitare digitalmente i propri diritti e doveri nei confronti della PA.

Volendo schematizzare la “rivoluzione digitale” imposta dal legislatore, si potrebbe pensare che dalla tradizionale relazione:
Amministrazione + Diritti e doveri = Cittadino + Diritti e doveri

Si è passati alla:
Amministrazione + Digitalizzazione dei processi/Diritti e doveri = Cittadinanza digitale + Diritti e doveri digitali


Coesistenza della normativa Cad e del Regolamento EU eIDAS nell’ottica del rapporto tra le fonti del diritto dell’ordinamento giuridico italiano ed europeo: definizioni di “documento informatico” e “documento elettronico”


Carusi 56 2Secondo il sistema delle fonti del diritto, il Regolamento eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature) ovvero il Regolamento UE n. 910/2014 sull’Identità digitale ha l’obiettivo di fornire una base normativa a livello europeo per i mezzi di identificazione elettronica degli Stati membri. Esso è affiancato, in Italia, dal Codice dell’Amministrazione Digitale e dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 13 novembre 2014 – in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici –.

L’interazione tra le fonti del diritto nazionale ed europeo deve essere ricostruita sia ai sensi dell’art. 288 TFUE[9], sia in base alla giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’UE, che, nella sua ultra settantennale storia, ha forgiato il principio del primato del diritto europeo su quello degli Stati membri[10].

Espressione di questa “prevalenza orientativa” del diritto europeo su quello interno è lo Sportello Digitale Unico (Single Digital Gateway), operativo in Italia dal 12 dicembre 2020, attraverso il portale “La tua Europa” e fruibile da tutti i cittadini ed imprese europei.

Da un punto di vista strettamente normativo, il Regolamento EU eIDAS n. 910/2014 contiene, all’art. 3, comma 35, la definizione di “documento elettronico”, consistente in “qualsiasi contenuto conservato in forma elettronica, in particolare testo o registrazione sonora, visiva o audiovisiva”; esso, come un “Giano bifronte”, risulta speculare rispetto alla nozione di “documento informatico”, che, ai sensi dell’art. 20 del CAD, è la “rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti”, in contrapposizione al documento analogico.


I cinque “errori digitali” da non commettere coerentemente all’avanzamento del processo di transizione digitale della PA


1) L’“analogizzazione” di un documento nativo digitale
Utilizzare documenti digitali è un obbligo per la PA. A volte, nonostante si abbia ingresso di documenti nativi digitali (ad es. una pec con allegato un pdf), si procede alla stampa della pec: il documento così creato costituisce un “errore digitale”, visto che non presenta più le caratteristiche di accessibilità del pdf originale. A questo punto, quando in ingresso si hanno documenti digitali, la valutazione del dirigente o del funzionario delegato dovrebbe essere svolta in modo digitale, accedendo direttamente alla pec, da inoltrarsi successivamente al sistema di gestione del protocollo, con l’indicazione, nel corpo della mail o dell’assegnazione informatica, della decisione presa.


2) Accettazione di istanze cartacee autografate
Redigere un documento word, stamparlo, firmarlo e scansionarlo per procedere alla protocollazione rappresenta un “errore digitale”. A questi fini, occorrerebbe dotare gli sportelli degli Uffici Relazioni con il Pubblico della PA di strumentazione che consenta di apporre la firma elettronica grafometrica (ad esempio il display con pennino che si usa in banca o presso l’ufficio postale) per permettere l’acquisizione del documento direttamente in formato digitale.


Carusi 56 33) Emissione per uso interno od esterno di disposizioni o decreti dirigenziali
A volte, nonostante si abbia un documento informatico word, si procede alla sua stampa per la firma del funzionario delegato o della dirigenza. Il documento firmato manualmente e riscansionato costituisce un “errore digitale”. In questo caso, si presenterebbero problemi sia in termini di accessibilità interna, che in termini di accessibilità esterna: se il documento è un bando di gara o concorso, l’utente con disabilità (ad esempio il non vedente) non potrebbe fruire delle indicazioni contenute nell’atto, perché lo stesso è una semplice scansione e non ha più il carattere di documento digitale che il word iniziale garantiva.
Tra l’altro, la firma digitale di un documento word ha il vantaggio di non diffondere la firma autografa dei funzionari incaricati o del dirigente, in modo da evitarne la riproduzione ad opera di eventuali malintenzionati.


4) Trasmissione di documenti a mezzo posta
Le PPAA, i gestori di servizi pubblici, le società a controllo pubblico, le imprese ed i professionisti sono obbligati ad eleggere un domicilio digitale (artt. 6-bis e 6-ter CAD): per questi utenti, dunque, la trasmissione di atti deve avvenire esclusivamente in modo digitale; ai cittadini, invece, viene riconosciuta una mera facoltà di eleggere domicilio digitale (art. 6-quater CAD).
A volte, però, per trasmettere documenti a chi possiede domicilio digitale, si utilizza ancora la posta ordinaria con raccomandata e ricevuta di ritorno, quando invece i canali corretti sarebbero:

  • Pec reperibili sul registro “Indice PA”, per comunicare con PPAA ed i Gestori di pubblici servizi;
  • Pec reperibili su Ini-Pec, per comunicare con Imprese e Professionisti;
  • Pec per comunicare con i cittadini che possiedono domicilio digitale presso un indirizzo di posta elettronica certificata (si sottolinea il limite per cui, ad oggi, esistono solo delle Linee guida INAD, ai sensi dell’art. 6-quater CAD).

In molte Amministrazioni è in corso l’interfacciamento tra la firma digitale per i funzionari, il sistema di redazione dei verbali ed il loro invio via pec.


5) Formazione sulla transizione digitale per funzionari e dirigenza: un processo ancora in itinere
Il carico di lavoro dei funzionari delegati e della dirigenza, in molti casi, non permette di approfondire la materia della transizione digitale. Quest’ultima, benché obbligatoria, non riesce a trovare ancora piena applicazione pratica. I piani formativi previsti dal PNRR dovranno spingere maggiormente verso l’aumento della formazione sulla transazione digitale del personale della pubblica amministrazione per raggiungere le milestone e i traguardi finali necessari in materia. Quadrato Rosso

Note

Carusi 56 4[1] Si richiamano le modificazioni ed integrazioni apportate al Codice con il d.lgs. n. 159/2006, d.lgs. n. 235/2010, d.lgs. n. 179/2016, d.lgs. n. 217/2017, l. n. 120/2020, l. n. 108/2021, l. n. 156/2021, l. n. 233/2021, l. n. 234/2021 e l. n. 79/2022.

[2] Art. 97 Cost.: “[…] 2. I pubblici uffici sono organizzati secondo disposizioni di legge, in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione. […]”.

[3] Cfr. Art. 3-bis CAD “Identità digitale e Domicilio digitale”.

[4] Cfr. Art. 3-bis CAD “Identità digitale e Domicilio digitale”.

[5] Tale applicazione è una delle espressioni di cui all’art. 7 CAD “Diritto a servizi online semplici ed integrati”.

[6] Cfr. Art. 5 CAD “Effettuazione di pagamenti con modalità informatiche”.

[7] Cfr. Art. 8-bis CAD “Connettività alla rete internet negli uffici e nei luoghi pubblici”.

[8] Cfr. Art. 8 CAD “Alfabetizzazione informatica dei cittadini”.

[9] Art. 288 TFUE: “[…] Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in tutti gli Stati membri”.

[10] Per una più diffusa trattazione sul principio della primauté delle norme europee su quelle interne, vedasi M. Cartabia, Principi inviolabili e integrazione europea, Milano, 1995.

Bibliografia e link

Linee guida AgID sull’Accessibilità
Syllabus delle competenze digitali AgID
• Appunti della lezione del 28/02/2020 dell’Avv. Ricciulli, Università di Roma 3, “Dalla digitalizzazione dei documenti alla digitalizzazione dei processi. INPS-ValorePA”
Avanzamento Digitale
Difensore civico per il digitale
Registro Indice PA
Registro INIPEC
Agenda digitale
• E. De Giovanni, “Gli interventi legislativi in materia di digitalizzazione della PA connessi all’attuazione del PNRR”, in A. Lalli (a cura di), “L’Amministrazione Pubblica nell’era digitale”, Torino, 2022, p. 91 ss.
Sistema Pubblico di Identità Digitale (Spid)
Firma digitale dei documenti con SPID
Digitalizzazione della PA
Codice Amministrazione Digitale
Italia digitale 2026
Sportello Unico Digitale

[*] Ispettore tecnico in servizio presso l'Ispettorato Territoriale del Lavoro di Roma. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza. All'articolo ha collaborato anche la dott.ssa Emanuela Zilli, ispettrice dell'ITL di Roma.

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