Anno XI - n° 57

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2023

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Anno XI - n° 57

Maggio/Giugno 2023

La retribuzione del socio lavoratore di società cooperativa


di Erminia Diana e Luigi Oppedisano [*]

Oppedisano Diana 28

La legislazione sulla retribuzione dovuta al socio lavoratore di società cooperativa


Diana Oppedisano 57 1La Costituzione della Repubblica italiana ha sancito il diritto ad un’equa retribuzione del lavoratore prevedendo all’articolo 36 che la stessa deve essere proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato e, in ogni caso, sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa [1].

La Legge n. 142 del 3/4/2001, riguardante la revisione della legislazione in materia cooperativistica, con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore, all’articolo 1 prevede che tra il socio lavoratore e la cooperativa si instaurano due rapporti: il primo di tipo associativo che nasce con l’adesione del socio alla cooperativa ed il secondo di tipo lavorativo che si instaura o al momento dell’adesione a socio oppure in un momento successivo all’adesione stessa. La norma è stata oggetto di un intenso dibattito in ordine alle relazioni tra il rapporto associativo ed il rapporto di lavoro che si crea con il socio lavoratore.

In ordine ai diritti individuali e collettivi del socio lavoratore di cooperativa, l’articolo 2 della Legge n. 142/2001 stabilisce che l’esercizio dei diritti richiamati al titolo III della Legge n. 300 del 20/5/1970 “trova applicazione compatibilmente con lo stato di socio lavoratore, secondo quanto determinato da accordi collettivi tra associazioni nazionali del movimento cooperativo e organizzazioni sindacali dei lavoratori comparativamente più rappresentative”.

Il comma 3, dell’articolo 1 della predetta norma prevede che il socio lavoratore di cooperativa, con la propria partecipazione, instaura un rapporto di lavoro in forma subordinata o autonoma. La norma stabilisce inoltre che dall’instaurazione dei rapporti associativi e di lavoro scaturiscono gli effetti fiscali, previdenziali e gli altri effetti giuridici[2].

L’articolo 3 della predetta norma prevede il trattamento economico spettante al socio lavoratore che presta attività lavorativa con contratto di lavoro subordinato o con contratto di lavoro autonomo[3]. Per i rapporti di lavoro di tipo subordinato il trattamento economico deve essere proporzionato alla qualità e quantità di lavoro prestato e non può essere inferiore ai minimi previsti dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria analoga. Invece, per quanto riguarda i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contrattazione o accordi collettivi, il trattamento economico spettante deve essere non inferiore ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.

La norma, al comma 1 del predetto articolo 3, fa un richiamo al rispetto della clausola sociale di equo trattamento prevista dall'articolo 36 della Legge n. 300 del 20/5/1970, c.d. statuto dei lavoratori per quanto riguarda i capitolati di appalto per l’esecuzione di opere pubbliche[4].

La predetta norma al secondo comma dell’articolo 3 stabilisce che al socio lavoratore possono essere riconosciuti trattamenti economici aggiuntivi a titolo di maggiorazione retributiva secondo quanto stabilito dagli accordi stipulati e preventivamente deliberati dall’assemblea dei soci, nonché a titolo di ristorno nella misura non superiore al 30% dei trattamenti retributivi per l’integrazione delle retribuzioni o per l’aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, da deliberare in sede di approvazione del bilancio di esercizio.

L’articolo 6, comma 2, lettera a) della Legge n. 142/2001 fa obbligo alle società cooperative di lavoro di definire ed approvare un regolamento interno che deve essere depositato presso la competente ITL e deve contenere, tra l’altro, il richiamo ai contratti collettivi applicabili, per ciò che attiene ai soci lavoratori con rapporto di lavoro subordinato. Il legislatore nel riconoscere al socio lavoratore il diritto ad un trattamento economico complessivo alla quantità ed alla qualità del lavoro prestato e in ogni caso non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni simili, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine è finito per parificare la disciplina del trattamento economico dei soci lavoratori delle cooperative a quello dei lavoratori dipendenti dalle imprese capitalistiche. Va sottolineato inoltre che la norma richiama per il lavoro nelle cooperative anche i principi di proporzionalità e sufficienza previsti dall’articolo 36 della Costituzione.

L’articolo 7, comma 4, del D.L. n. 248 del 31/12/2007, convertito in Legge n. 31 del 28/2/2008, per quanto attiene il contratto collettivo da applicare ai soci lavoratori, stabilisce che “in presenza di uno o più contratti collettivi della stessa categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nei vari contratti applicano ai propri soci lavoratori, in base a quanto previsto dall'articolo 3, comma 1, della Legge n. 142 del 3/4/2001, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli stabiliti dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria[5].

Diana Oppedisano 57 2Il Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali, dopo circa un anno dall’entrata della Legge n. 142/2001, con la circolare n. 34 del 17/6/2002, avente ad oggetto revisione della legislazione in materia cooperativistica con particolare riferimento alla posizione del socio lavoratore – Legge n. 142 del 3/4/2001, ha fornito i primi chiarimenti circa i vari istituti di cui alla predetta norma. In particolare, per quanto concerne la retribuzione spettante al socio lavoratore ha affermato che, nel caso in cui il socio lavoratore scelga il contratto di lavoro subordinato, “diventa obbligatorio il rispetto dei valori minimi fissati dai contratti collettivi nazionali di lavoro”. Così il legislatore ha voluto riconoscere in capo al socio lavoratore con contratto di lavoro subordinato “un diritto al trattamento retributivo conforme alle prestazioni della contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine” [6].

Con la Legge n. 30 del 14/2/2003, il legislatore ha modificato alcuni istituti della Legge n. 142/2001 e con la circolare 18/3/2004 il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha fornito gli opportuni chiarimenti. Per quanto riguarda la retribuzione spettante al socio lavoratore delle “cooperative della piccola pesca di cui alla Legge n. 250/1958 possono, in deroga alle disposizioni sui trattamenti economici minimi da riconoscere ai soci lavoratori, corrispondere a questi ultimi un compenso proporzionato all'entità del pescato, secondo criteri e parametri da stabilirsi nel regolamento interno di cui all'articolo 6” [7].

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali con la circolare 6/3/2012 protocollo n. 37/0004610 ha richiamato l’attenzione in merito ai “criteri di quantificazione degli importi da assumere quale base imponibile della contribuzione obbligatoria che sono individuati dalla disposizione di cui all'articolo 1 della Legge n. 389 del 7/12/1989, alla luce dell'interpretazione autentica voluta dal legislatore ai sensi dell'articolo 2, comma 25, della Legge n. 549 del 28/12/1995, secondo la quale in caso di ipotesi di pluralità di contratti collettivi intervenuti per la medesima categoria, la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi previdenziali ed assistenziali è quella stabilita dai contratti collettivi di categoria stipulati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentativi della categoria”. Successivamente il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali è intervenuto in merito alla problematica richiamando i criteri di individuazione del C.C.N.L. comparativamente più rappresentativi nella categoria e ribadendo “che l'unico contratto da prendere come riferimento ai fini dell'individuazione della base imponibile contributiva ai sensi dell'art. 1, Legge n. 389/1989, come interpretato in via autentica ex art. 2, comma 25, Legge n. 549/1995, è quello stipulato” dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative della categoria.

La circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 28/4/2015 protocollo n. 37/0007068 in merito alla sentenza della Corte Costituzionale n. 51/2015, avente ad oggetto società cooperative – trattamenti economici, ha richiamato il contenuto della sentenza resa nel giudizio di legittimità costituzionale, in riferimento all'articolo 39 della Costituzione e dell'articolo 7, comma 4, del D.L. n. 248 del 31/12/2007, convertito dalla Legge n. 31 del 28/2/2008. La Corte Costituzionale ha concluso per l'infondatezza della questione di legittimità sollevata con ordinanza di rimessione dal Tribunale ordinario di Lucca sostenendo che la norma impugnata "lungi dall'assegnare ai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative efficacia erga omnes, in contrasto con quanto statuito dall'art. 39 della Costituzione, mediante recepimento normativo degli stessi”, richiama i predetti contratti e più precisamente i trattamenti complessivi minimi ivi previsti, quale parametro esterno di commisurazione da parte del giudice nel definire la proporzionalità e la sufficienza del trattamento economico da corrispondere al socio lavoratore ai sensi dell'articolo 36 della Costituzione. Nella circolare il Ministero per contrastare il dumping contrattuale nel settore cooperativo ha altresì ribadito che in caso di applicazione di un diverso contratto collettivo, rispetto a quello stipulato tra le organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale della categoria, il personale ispettivo procederà al recupero delle differenze retributive mediante l'adozione del provvedimento della c.d. “diffida accertativa”. Con la stessa disposizione il Ministero invita gli uffici territoriali a dare impulso all'attività degli Osservatori provinciali sulla cooperazione al fine di favorire la collaborazione tra i soggetti istituzionali e le parti sociali.

Diana Oppedisano 57 3L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 3 del 25/1/2018 richiama l’attenzione sulle conseguenze che ne derivano per la mancata applicazione dei contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale da parte delle imprese. In particolare l’INL mette in evidenza come l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale è necessario:

  • per l’ottenimento di benefici normativi e contributivi, così come stabilito dall’art. 1, comma 1175, Legge n. 296 del 27/12/2006;
  • poiché costituisce il parametro ai fini del calcolo della contribuzione dovuta, secondo quanto prevede l’articolo 1, comma 1, del D.L. n. 338 del 9/10/1989, uniformemente all’articolo 2, comma 25, della Legge n. 549 del 28/12/1995.


L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 7 del 6/5/2019, in ordine ai benefici normativi e contributivi, nonché al rispetto della contrattazione collettiva, ritorna sull’argomento e precisa che “il datore di lavoro che si obbliga a corrispondere ai lavoratori trattamenti economici e normativi equivalenti o superiori a quelli previsti dagli accordi e contratti collettivi stipulati da organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, può legittimamente fruire dei benefici normativi e contributivi indicati dall’art. 1, comma 1175, della Legge n. 296/2006 a prescindere di quale sia il contratto collettivo applicato”.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 9 del 10/9/2019, in merito ai benefici normativi e contributivi e rispetto della contrattazione collettiva, ritornando sull’argomento mette in evidenza che “nulla è cambiato in ordine a quanto già chiarito dal MLPS in merito agli obblighi di applicazione del contratto collettivo dell’edilizia per le imprese operanti nel settore ed ai connessi obblighi di iscrizione alla Cassa edile per ciò che riguarda l’assenza dei versamenti e che comporta una situazione di irregolarità contributiva che impedisce il rilascio del Durc e di conseguenza il godimento dei benefici normativi e contributivi”.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la circolare n. 2 del 28/7/2020, sempre in merito ai benefici normativi e contributivi e rispetto della contrattazione collettiva, nel richiamare le circolari n. 7 del 6/5/2019 e n. 9 del 10/9/2019, fornisce alcuni chiarimenti in merito ai contratti c.d. “leader”.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro con la nota 19/4/2023 prot. n. 687, in merito al CCNL comparativamente più rappresentativo, ha ricordato, secondo quanto stabilito dall’articolo 11 del D.Lgs. n. 36 del 31/3/2023, recante codice dei contratti pubblici, che:

  • “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente”;
  • “gli operatori economici possono indicare nella propria offerta il differente contratto collettivo da essi applicato, purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall'ente concedente”;
  • “le stazioni appaltanti e gli enti concedenti assicurano, in tutti i casi, che le medesime tutele normative ed economiche siano garantite ai lavoratori in subappalto”.


La nota dell’INL ribadisce altresì che sulla base della predetta normativa diventa proprio inevitabile per “le imprese che impiegano personale nell’ambito di appalti pubblici e concessioni l’applicazione del contratto collettivo stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale in vigore del settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro. La suddetta nota conclude nell’affermare che un aspetto analogo e determinante è quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l'attività oggetto dell'appalto o della concessione svolta dall'impresa anche in maniera prevalente. Qualora venga applicato un diverso contratto è necessario che vengano applicate le medesime tutele normative ed economiche oggetto della dichiarazione di equivalenza di cui al comma 4 del medesimo articolo 11 e delle verifiche di cui al successivo articolo 110”.


Conclusioni


Diana Oppedisano 57 4Il socio lavoratore di cooperativa, così come disegnato dal legislatore con la Legge n. 142/2001, oltre ad essere un normale membro della società cooperativa che concorre alla gestione dell'impresa, partecipa alla elaborazione di programmi di sviluppo, alle decisioni concernenti le scelte strategiche, contribuisce alla formazione del capitale sociale e inoltre mette anche a disposizione della società le proprie capacità professionali poiché nella generalità dei casi presta attività lavorativa alle dipendenze della società stessa.

Tali apporti differiscono dal rapporto che si instaura con un lavoratore dipendente non socio poiché, mentre il socio partecipa all’organizzazione della cooperativa, adempiendo così le obbligazioni scaturenti dal contratto di società, il lavoratore con contratto di lavoro subordinato resta del tutto estraneo dall’organizzazione produttiva dell’imprenditore e presta la propria opera nel quadro di un contratto di mero scambio.

È proprio in virtù della natura mutualistica del rapporto che si instaura tra la cooperativa e il socio lavoratore a far sì che quest’ultimo svolga un ruolo attivo nella gestione della stessa, partecipando alla formazione degli organi sociali e alla distribuzione degli utili, secondo i regolamenti interni. Per il maggiore impegno prestato dal socio lavoratore rispetto al lavoratore subordinato il legislatore ha riconosciuto in capo al socio lavoratore la possibilità di ottenere trattamenti economici aggiuntivi, come la maggiorazione retributiva ed il ristorno.

Nella società cooperativa la posizione giuridica del socio lavoratore è tuttavia contrassegnata da un insieme di regole di diritto societario e di norme di diritto del lavoro che in alcuni momenti non vengono sempre rispettate.

Sono proprio le crisi economiche e finanziarie degli ultimi tempi, iniziate intorno alla metà degli anni 90 dello scorso secolo, poi seguite dalla forte crisi finanziaria americana del 2007-2008 che ha provocato una consistente recessione interessando l'intero pianeta. Successivamente la crisi del 2011 ha causato un notevole aumento del debito pubblico che in alcune economie avanzate ha comportato rapporti debito pubblico/Pil elevato, mentre nel 2020 si è verificata la crisi causata dalla pandemia da Covid-19.

Per affrontare le crisi succedutesi nel corso degli anni gli stati, come l’Italia, hanno destinato parte delle finanze pubbliche per risolvere le varie problematiche derivanti da tali crisi, aumentando così il deficit pubblico e diminuendo il prodotto interno lordo.

In Italia il prodotto interno lordo, a partire dalla metà degli anni ’90 dello scorso secolo, non è cresciuto e tanto è stata causa di scarsa produttività con l’esigenza di ridurre fortemente i costi da parte delle imprese. È proprio nei momenti di recessione che le imprese, come pure le cooperative, per rimanere sul mercato devono ricorrere o alla riduzione dei costi o all’aumento dei ricavi e per ridurre i costi a volte l’organo di gestione della società decide di applicare ai rapporti di lavoro instaurati con i soci un contratto collettivo di lavoro c.d. pirata, apparentemente conveniente ma a scapito delle parti, quasi sempre ad evidente danno del socio lavoratore. La soluzione prospettata non è quella giusta poiché, per come previsto dalla legislazione, dalle disposizioni ministeriali e dalla giurisprudenza, la retribuzione spettante al socio lavoratore deve essere quella prevista dal contratto collettivo di lavoro stipulato dalle associazioni datoriali e sindacali maggiormente rappresentative a livello nazionale nella categoria.

Quali possono essere le conseguenze più significative per le società cooperative di lavoro che non applicano ai rapporti di lavoro instaurati con i propri soci lavoratori i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale? A parere degli scriventi la prima conseguenza è che la società cooperativa non può godere dei benefici normativi e contributivi, così come stabilito dall’articolo 1, comma 1175, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006. La seconda conseguenza per la cooperativa potrebbe essere l’applicazione da parte del personale ispettivo della ITL del provvedimento di diffida accertativa che consiste nel riconoscere al lavoratore la differenza contrattuale dovuta e la terza conseguenza potrebbe verificarsi al momento della revisione qualora il revisore dovesse proporre l’applicazione di un provvedimento sanzionatorio per il mancato rispetto del principio generale che contraddistingue la società cooperativa di lavoro per quanto concerne l’obbligo di fornire ai propri soci occasioni di lavoro a condizioni più vantaggiose di quelle che otterrebbero dal mercato. Quadrato Rosso

Note

[1] L’articolo 36 della Costituzione prevede:
“Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi”.

[2] L’articolo 1, comma 3, della Legge 3/4/2021 prevede:
“Il socio lavoratore di cooperativa stabilisce con la propria adesione o successivamente all'instaurazione del rapporto associativo un ulteriore rapporto di lavoro, in forma subordinata o autonoma o in qualsiasi altra forma, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata non occasionale, con cui contribuisce comunque al raggiungimento degli scopi sociali. Dall'instaurazione dei predetti rapporti associativi e di lavoro in qualsiasi forma derivano i relativi effetti di natura fiscale e previdenziale e tutti gli altri effetti giuridici rispettivamente previsti dalla presente legge, nonché, in quanto compatibili con la posizione del socio lavoratore, da altre leggi o da qualsiasi altra fonte”.

Diana Oppedisano 57 5 [3] L’articolo 3 della Legge n. 142 del 3 aprile 2001 stabilisce:
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 36 della Legge n 300 del 20 maggio 1970, le società cooperative sono tenute a corrispondere al socio lavoratore un trattamento economico complessivo proporzionato alla quantità e qualità del lavoro prestato e comunque non inferiore ai minimi previsti, per prestazioni analoghe, dalla contrattazione collettiva nazionale del settore o della categoria affine, ovvero, per i rapporti di lavoro diversi da quello subordinato, in assenza di contratti o accordi collettivi specifici, ai compensi medi in uso per prestazioni analoghe rese in forma di lavoro autonomo.
2. Trattamenti economici ulteriori possono essere deliberati dall'assemblea e possono essere erogati:
a) a titolo di maggiorazione retributiva, secondo le modalità stabilite in accordi stipulati ai sensi dell'articolo 2;
b) in sede di approvazione del bilancio di esercizio, a titolo di ristorno, in misura non superiore al 30 per cento dei trattamenti retributivi complessivi di cui al comma 1 e alla lettera a), mediante integrazioni delle retribuzioni medesime, mediante aumento gratuito del capitale sociale sottoscritto e versato, in deroga ai limiti stabiliti dall'articolo 24 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, ratificato, con modificazioni, dalla Legge n. 302 del 2 aprile 1951, e successive modificazioni, ovvero mediante distribuzione gratuita dei titoli di cui all'articolo 5 della Legge n. 59 del 31 gennaio 1992.

[4] I commi 1 e 2 dell’articolo 36 della Legge n. 300 del 20 maggio 1970 prevedono:
1. Nei provvedimenti di concessione di benefici accordati ai sensi delle vigenti leggi dallo Stato a favore di imprenditori che esercitano professionalmente un’attività economica organizzata e nei capitolati di appalto attinenti all’esecuzione di opere pubbliche, deve essere inserita la clausola esplicita determinante l’obbligo per il beneficiario o appaltatore di applicare o di far applicare nei confronti dei lavoratori dipendenti condizioni non inferiori a quelle risultanti dai contratti collettivi di lavoro della categoria e della zona.
2. Tale obbligo deve essere osservato sia nella fase di realizzazione degli impianti o delle opere che in quella successiva, per tutto il tempo in cui l’imprenditore beneficia delle agevolazioni finanziarie e creditizie concesse dallo Stato ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.

[5] L’articolo 7, comma 4 del D.L. n. 248 del 31/12/2007, convertito in Legge n. 31 del 28/02/2008, prevede:
“4. Fino alla completa attuazione della normativa in materia di socio lavoratore di società cooperative, in presenza di una pluralità di contratti collettivi della medesima categoria, le società cooperative che svolgono attività ricomprese nell'ambito di applicazione di quei contratti di categoria applicano ai propri soci lavoratori, ai sensi dell'articolo 3, comma 1, della legge 3 aprile 2001, n. 142, i trattamenti economici complessivi non inferiori a quelli dettati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale nella categoria”.

[6] MLPS circolare n. 34 del 17 giugno 2002.

[7] MLPS circolare n. 10 del 18 marzo 2004.

[*] Gli autori del presente articolo, già dipendenti dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, hanno svolto, rispettivamente, la funzione di ispettore del lavoro e di funzionario dell’area giuridica e contenzioso e sono stati collocati in pensione. Le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’ex Amministrazione di appartenenza.

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