Il lavoratore con partita IVA

di Luigi Oppedisano e Erminia Diana [*]

Oppedisano1. Il lavoratore autonomo

La base giuridica dell’attività del lavoratore autonomo con partita IVA è da ricercare nel contratto d’opera come definito dall’articolo 2222 del codice civile. La disciplina civilistica[1] definisce lavoratore autonomo colui che si obbliga a compiere un’opera o un servizio, dietro corrispettivo, con il lavoro prevalentemente proprio e senza alcun vincolo di subordinazione nei confronti di un committente. Il lavoro autonomo identifica perciò l'attività dei cosiddetti liberi professionisti e dei lavoratori autonomi manuali, escluse le figure imprenditoriali. Nel lavoro autonomo vengono distinte due categorie che corrispondono alle prestazioni di tipo manuale e di quelle di tipo intellettuale dove vanno collocate le libere professioni intellettuali del sistema ordinistico. Nella categoria dei lavoratori autonomi di tipo manuale vanno compresi gli agricoltori, i commercianti e gli artigiani, cioè quei soggetti che la legge definisce piccoli imprenditori.

La normativa fiscale, secondo l’art. 35 del D.P.R. 26/10/1972 n. 633[2], sono considerati titolari di partita IVA “i soggetti che intraprendono l’esercizio di un’impresa, arte o professione nel territorio dello Stato …”.

È da notare che nel lavoro autonomo vanno comprese alcune forme di collaborazione parasubordinata che si differenziano per la prestazione dell’attività lavorativa in forma non subordinata e neanche del tutto autonoma, ma in forma coordinata ed inserita nell’organizzazione dell’imprenditore committente. Rientra in tale forma di collaborazione autonoma il contratto di collaborazione a progetto di cui all’articolo 61 del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276.

Il prestatore d’opera, secondo la normativa vigente, svolge la propria attività lavorativa in maniera del tutto autonomo, senza continuità nell’esecuzione della prestazione, senza nessun coordinamento con l’attività del committente e senza alcun inserimento dal punto di vista funzionale nell’organizzazione aziendale. La prestazione d’opera, perciò, si contraddistingue per: l’assenza di vincoli di orario; la libertà nelle scelte delle modalità tecniche di esecuzione del lavoro da parte del lavoratore; il raggiungimento di un dato risultato finale; il compenso determinato in funzione delle opere eseguite e del servizio reso; l’assunzione del rischio economico da parte del prestatore di lavoro; l’irripetibilità e saltuarietà della prestazione. Nella pratica accade che il lavoratore riceve un solo incarico, anche se l’adempimento del medesimo richiede il compimento di una sequenza di atti in un certo arco temporale.

Oppedisano Diana 2 2Nel contratto d’opera il committente ed il prestatore d’opera, dopo aver provveduto a circoscrivere la consulenza o la prestazione d'opera, benché la normativa non richiede l’obbligatorietà della forma scritta, di solito si procede alla stipulazione di un contratto di prestazione d'opera che viene firmato dalle parti.

2. Il collaboratore con la partita IVA

Il legislatore, al fine di combattere l’esercito delle finte partite iva che in realtà possono nascondere collaborazioni a progetto o rapporti di lavoro subordinato, è intervenuto con il comma 26 dell’articolo 1 della legge 28/6/2012, n. 92 (c.d. legge Fornero) ha introdotto l'articolo 69 bis al D.Lgs. n. 276/2003[3]. La norma ha previsto l'applicazione dell'intera disciplina, anche per i profili previdenziali, relativa alle collaborazioni coordinate continuative di cui agli artt. 61 e seguenti del citato D.Lgs. n. 276/2003 con riferimento a quei rapporti lavorativi instaurati con titolari di partita IVA.

Il predetto articolo 69 bis, modificato dalla legge 7/8/2012, n. 134 (c.d. decreto sviluppo), prevede che le prestazioni lavorative rese da tale categoria di lavoratori (titolari di partita IVA), introduce una presunzione, salva prova contraria del committente, secondo la quale sono considerate rapporti di collaborazione coordinata e continuativa , pertanto soggette alla disciplina prevista per i contratti a progetto, qualora ricorrano come minimo due delle seguenti condizioni:

  1. che la durata della collaborazione con lo stesso committente abbia un arco di tempo complessivo superiore a 8 mesi all’anno, anche non continuativi, per due anni consecutivi;
  2. che il fatturato scaturente dalla collaborazione, anche se lo stesso è verso più soggetti riconducibili allo stesso centro d’imputazione di interessi, costituisca più dell'80% dei corrispettivi annui percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi, cioè due periodi continui di 365 giorni, non necessariamente coincidenti con l'anno civile;
  3. che la postazione fissa del lavoro possa essere ubicata nei locali in disponibilità del committente.


Oppedisano Diana 6 1Quanto alla durata della collaborazione, secondo quanto chiarito dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali[4] la stessa deve riguardare per ciascun anno civile (1.1 – 31/12) di un “periodo di otto mesi annui per due anni consecutivi”. Nell’ambito di ogni anno, il periodo deve essere pari almeno a 241 giorni, anche non continuativi.

Per quanto attiene poi al corrispettivo derivante dalla collaborazione, la predetta circolare, nel ricordare che lo stesso deve costituire almeno l’80% di quanto conseguito nell’arco di due anni solari e consecutivi, chiarisce che nel calcolo vanno compresi solo i corrispettivi derivanti da prestazioni autonome, pertanto tra le somme percepite non vanno comprese quelle ottenute da prestazioni di lavoro subordinato o di redditi appartenenti ad altra natura. Inoltre, in presenza di condizioni di monocommittenza, devono essere considerati, secondo il principio di competenza, i corrispettivi fatturati, benché ancora non incassati. Va precisato, altresì, che nel computo, secondo il disposto normativo, rientrano i compensi dovuti da più soggetti riconducibili allo stesso centro d’imputazione di interessi.

Per quanto riguarda, infine, la condizione della possibilità per il collaboratore di avvalersi di una postazione fissa di lavoro presso il committente, il Ministero chiarisce che la stessa “non deve necessariamente essere di suo uso esclusivo” .

Quando ricorrono almeno due dei predetti presupposti, il lavoratore in questione viene considerato un collaboratore coordinato e continuativo a condizione, ovviamente, che venga dimostrata la presenza di un progetto specifico. In mancanza del progetto, il rapporto ricade sotto la qualifica di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto di lavoro[5].

In ordine agli elementi distintivi del contratto a progetto deve aggiungersi che il novellato articolo 61, comma 1, del D.Lgs. n. 276/2003 prevede che il contratto di collaborazione coordinato e continuativo deve essere riconducibile ad uno o più progetti specifici. Il che significa che il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un risultato finale , quindi specifico , e la sola indicazione generica del progetto corrisponde all’assenza del progetto stesso. Inoltre, il progetto non può identificarsi con l’attività aziendale, esso deve risultare ben descritto e non può consistere in una mera e semplice descrizione delle mansioni del lavoratore senza nessun riferimento all’obiettivo da raggiungere. Alla luce dell’attuale legislazione, il progetto deve essere funzionalmente collegato ad un risultato finale, anche in riferimento alla forma del contratto, è richiesta esplicitamente la descrizione del progetto “con l’individuazione del suo contenuto caratterizzante e del risultato finale che si intende conseguire” [6]. La norma ha previsto che il progetto non può comportare lo svolgimento di compiti meramente esecutivi o ripetitivi, che possono essere individuati dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentativi sul piano nazionale. Al riguardo la circolare ministeriale n. 29/2012 a ragion veduta fa un distinguo tra i compiti meramente esecutivi e quelli meramente ripetitivi. I primi sono quelli caratterizzati dalla “mera attuazione di quanto impartito, anche di volta in volta, dal committente, senza alcun margine di autonomia anche operativa da parte del collaboratore” . Il riferimento è diretto al collaboratore che non “residua alcuna possibilità di autodeterminazione nelle modalità esecutive dell’attività”. Quanto ai secondi, la nozione di “ripetitività” indica quelle attività rispetto alle quali non è indispensabile alcuna indicazione del committente. Nella pratica, si tratta di quelle attività elementari che non richiedono, per la loro stessa natura e per il contenuto delle mansioni stesse, specifiche indicazioni di carattere operativo fornite costantemente dal committente, come avviene per il cameriere, il barista e per tante altre mansioni. La suddetta nota ministeriale, rivolta al personale ispettivo, in ordine a quelle attività non riconducibili ad un genuino rapporto di collaborazione coordinato e continuativo a progetto, invita a ricondurre nell’ambito della subordinazione gli eventuali rapporti posti in essere[7].

Oppedisano Diana 6 23. Deroghe alla fondatezza della presunzione

La presunzione non opera se la prestazione:

  • è caratterizzata da competenze teoriche di rilevante livello acquisite mediante la frequenza di importanti percorsi formativi, sia teorico che tecnico-pratico ed è svolta da un soggetto titolare di un reddito da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all'articolo 1, comma 3 della legge n. 233/1990 (pari ad € 19.196,00 per l'anno 2013).


Per quanto attiene il possesso di una qualifica o specializzazione attribuita da un datore di lavoro, il Ministero del Lavoro con la citata circolare (n. 32/2012) ha chiarito che in presenza di siffatta ipotesi la qualifica o la specializzazione sia posseduta perlomeno da dieci anni perché possa essere considerata garantita la capacità tecnico-pratica desumibile da rilevanti esperienze. Diventa importante evidenziare come i requisiti di competenza/capacità ed il limite reddituale vanno considerati congiuntamente.

  • è svolta nell'esercizio di attività professionali per le quali sia richiesta l'iscrizione in registri o albi, come previsto dal comma 3 dell’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003. Il D.M. 20/12/2012 del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali ha individuato gli ordini o collegi professionali la cui iscrizione non fa scattare la presunzione relativa di cui al predetto articolo 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003[8].


A titolo esemplificativo la predetta presunzione non opera nei confronti di quelle attività svolte da soggetti iscritti al Consiglio Nazionale del Notariato, al Consiglio Nazionale degli Ingegneri, al Consiglio Nazionale dei Chimici, all’Ordine Nazionale Forense, alla Federazione Nazionale Ordine dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri, alla Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani, all’Ordine Nazione dei Giornalisti, all’Ordine dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, all’Ordine nazionale dei consulenti del lavoro, ecc.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in risposta alla Confindustria, ha chiarito che la presunzione relativa di parasubordinazione non trova applicazione nei confronti della categoria professionale dei fisioterapisti quando gli stessi lavoratori risultano “iscritti ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni” [9].

L’articolo 3 del suddetto D.M. espressamente prevede che la sola iscrizione al Registro delle Imprese non costituisce elemento di esclusione dall’applicazione della presunzione suddetta.

4. Riqualificazione del rapporto

Se viene riscontrata l’esistenza della c.d. presunzione relativa, ed il committente non è in grado di fornire prova contraria, la riqualificazione del rapporto passa a collaborazione coordinata e continuativa e comporta l’applicazione del regime legale, fiscale e previdenziale tipico della co.co.pro. con l’imposizione del regime fiscale del lavoratore dipendente ed il sistema previdenziale previsto dalla gestione separata INPS (2/3 a carico del committente e 1/3 del collaboratore)[10]. Naturalmente tutto ciò in presenza di un contratto e che sia riconducibile ad un progetto.

Nel caso invece il committente non possa provare la stipula di un contratto a progetto con il lavoratore, la presunzione diventa assoluta con la conseguenza per il datore di lavoro di vedersi riqualificare il rapporto a lavoro subordinato con l’applicazione del relativo regime previdenziale, assicurativo e fiscale previsti per il lavoratore subordinato. Infatti, la mancata previsione del progetto secondo l’interpretazione autentica di cui all’articolo 1 comma 24 della legge 28/6/2012, n. 92, c.d. Fornero, l’individuazione di uno specifico progetto costituisce l’elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza comporta la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Inoltre, il novellato articolo 69, comma 2, del D.Lgs. 276/2003, integrando la disposizione ha stabilito che i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, anche a progetto, salvo prova diversa del committente, sono considerati rapporti di lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l’attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell’impresa committent e.

La riqualificazione in lavoro dipendente non opera, ovviamente, qualora il rapporto rientri in una delle ipotesi in cui è ammessa la stipulazione di co.co.co. non riconducibili ad un progetto come le collaborazioni occasionali di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell’anno solare ovvero, nell’ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nell’anno sia superiore a € 5.000,00 (mini co.co.co.)[11].

Si evidenzia che le novità introdotte dalla legge 28/6/2012, n. 92 trovano applicazione esclusivamente per i contratti di collaborazione stipulati successivamente al 18/7/2012, data in cui è entrata in vigore la stessa disposizione. Per i rapporti in essere alla data di entrata in vigore della suddetta legge, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si applicano solo decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della stessa legge n. 92/2012.

Oppedisano Diana 6 35. Conclusioni

La Legge Fornero, per arginare la nascita delle false partite IVA che in realtà molto spesso nascondono veri e propri co.co.pro o rapporti di lavoro di natura subordinata, con l’articolo 1, comma 26, ha cercato meglio tutelare i lavoratori, aggiungendo l’articolo 69 bis al D.Lgs. n. 276/2003.

Gli effetti della suddetta legislazione possono essere riscontrati solo dopo due anni dell’entrata in vigore della legge n. 92/2012, cioè dal 18 luglio 2014. Infatti, nel caso in cui si dovesse prendere in considerazione la postazione fissa e il fatturato di oltre l’80%, i controlli potranno essere fatti a decorrere dal 18 luglio 2014, data di scadenza dei due anni solari previsti dalla normativa. Se, al contrario, si dovesse scegliere le condizioni della durata della collaborazione e della postazione fissa, oppure la durata della collaborazione e il fatturato, la verifica potrà essere effettuata dall’inizio del 2015, atteso che il biennio interessato sarà il 2013/2014.

I collaboratori individuali di partita IVA, secondo alcuni organismi associativi[12], ormai hanno raggiunto numeri considerevoli: l’esercito delle partite IVA ha toccato quasi i 3 milioni e 400 mila persone che cercano ora di fare sentire le proprie rivendicazioni che sono il Contratto di inclusione, l’indennità di disoccupazione universale, l’equo compenso e il servizio per il lavoro.

L’attuazione dei predetti punti da svolgersi in due fasi: nella prima il contratto a termine senza causali e la durata stabilita dalla contrattazione collettiva, comunque, non superiore a tre anni; nella seconda fase prevedere la stabilizzazione con incentivi per le aziende che investono nell’occupazione stabile. I collaboratori delle partite IVA, costituiti a maggioranza da giovani, quasi sempre laureati e spesso sottopagati, si attendono il riconoscimento delle giuste e meritate tutele.

Note:

[1] L’art. 2222 del codice civile dal titolo “CONTRATTO D'OPERA” prevede: “Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV”.

[2] L’art. 35 del DPR n. 633/1972, a proposito dell’inizio dell’attività, prevede “I soggetti che intraprendono l'esercizio di un'impresa, arte o professione nel territorio dello Stato, o vi istituiscono una stabile organizzazione, devono entro trenta giorni farne dichiarazione all'ufficio dell'imposta sul valore aggiunto.
Dalla dichiarazione devono risultare:
1) la ditta, denominazione o ragione sociale e il nome e cognome del soggetto, se persona fisica, o di almeno un rappresentante dell'ente, società, associazione o altra organizzazione;
2) il domicilio o la residenza e, per i soggetti domiciliati all'estero, l'ubicazione della stabile organizzazione;
3) il tipo e l'oggetto dell'attività e il luogo o i luoghi in cui viene esercitata anche a mezzo di sedi secondarie, filiali, stabilimenti, succursali, negozi, depositi e simili, con l'indicazione del luogo o dei luoghi in cui sono tenuti e conservati i libri, i registri, le scritture e i documenti prescritti dal presente decreto e da altre disposizioni.

[3] L’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003, come modificato dall’art. 46 bis del D.L. 22/6/2012 n. 83, convertito nella legge 7/8/2012, n. 134, prevede: “1. Le prestazioni lavorative rese da persona titolare di posizione fiscale ai fini dell’imposta sul valore aggiunto sono considerate, salvo che sia fornita prova contraria da parte del committente, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, qualora ricorrano almeno due dei seguenti presupposti:
a) che la collaborazione con il medesimo committente abbia una durata complessiva superiore a otto mesi annui per due anni consecutivi;
b) che il corrispettivo derivante da tale collaborazione, anche se fatturato a più soggetti riconducibili al medesimo centro d'imputazione di interessi, costituisca più dell'80 per cento dei corrispettivi annui complessivamente percepiti dal collaboratore nell'arco di due anni solari consecutivi;
c) che il collaboratore disponga di una postazione fissa di lavoro presso una delle sedi del committente.
2. La presunzione di cui al comma 1 non opera qualora la prestazione lavorativa presenti i seguenti requisiti:
a) sia connotata da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico-pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio concreto di attività;
b) sia svolta da soggetto titolare di un reddito annuo da lavoro autonomo non inferiore a 1,25 volte il livello minimo imponibile ai fini del versamento dei contributi previdenziali di cui all’articolo 1, comma 3, della legge 2 agosto 1990, n. 233.
3. La presunzione di cui al comma 1 non opera altresì con riferimento alle prestazioni lavorative svolte nell’esercizio di attività professionali per le quali l’ordinamento richiede l’iscrizione ad un ordine professionale, ovvero ad appositi registri, albi, ruoli o elenchi professionali qualificati e detta specifici requisiti e condizioni. Alla ricognizione delle predette attività si provvede con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, da emanare, in fase di prima applicazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sentite le parti sociali.
4. La presunzione di cui al comma 1, che determina l’integrale applicazione della disciplina di cui al presente capo, ivi compresa la disposizione dell’articolo 69, comma 1, si applica ai rapporti instaurati successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione. Per i rapporti in corso a tale data, al fine di consentire gli opportuni adeguamenti, le predette disposizioni si applicano decorsi dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente disposizione.
5. Quando la prestazione lavorativa di cui al comma 1 si configura come collaborazione coordinata e continuativa, gli oneri contributivi derivanti dall’obbligo di iscrizione alla gestione separata dell’INPS ai sensi dell’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, sono a carico per due terzi del committente e per un terzo del collaboratore, il quale, nel caso in cui la legge gli imponga l’assolvimento dei relativi obblighi di pagamento, ha il relativo diritto di rivalsa nei confronti del committente.

[4] Con la circolare 27/12/2012, n. 32 il MLPS ha fornito indicazioni operative al personale ispettivo in ordine all’applicazione dell’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003.

[5] Così si esprime il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Generale per l’Attività Ispettiva – con la circolare 11/12/2012, n. 29 a proposito dei profili sanzionatori da applicarsi per la mancata individuazione del progetto, ai sensi dell’art. 61, comma 1, del D.Lgs. 276/2003. 

[6] Così stabilisce il MLPS con la circolare 11/12/2012, n. 29, già citata al n. 6.

[7] La circolare 11/12/2012 n. 29 del MLPS, già citata, comprende fra i compiti meramente esecutivi e quindi da ricondurre nella sfera del lavoro subordinato lo svolgimento delle seguenti attività: addetti alla distribuzione di bollette o alla consegna di giornali, riviste ed elenchi telefonici; addetti alle agenzie ippiche; addetti alle pulizie; autisti ed autotrasportatori; baristi e camerieri; commessi ed addetti alle vendite; custodi e portieri; estetiste e parrucchieri; facchini; istruttori di autoscuola; letturisti di contatori; magazzinieri; manutentori; muratori e qualifiche operaie dell’edilizia; piloti ed assistenti di volo; prestatori di manodopera nel settore agricolo; addetti alle attività di segreteria e terminalisti; addetti alla somministrazione di cibi o bevande; prestazioni rese nell’ambito di call center per servizi cosiddetti in bound

[8] Il Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali 20/12/2012 ha individuato i soggetti per la quale non opera la presunzione di cui all’art. 69 bis del D.Lgs. n. 276/2003. 

[9] Vedasi Intepello 26/6/2014, n. 16 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in risposta alla Confindustria.

[10] Tale previsione è contenuta nel 5° comma dell’articolo 69bis del D.L.gs. 276/2003, già citato al n. 4.

[11] L’esclusione della riqualificazione a contratto di lavoro di tipo subordinato è stata prevista dall’articolo 61, comma 2, del D.Lgs. n. 276/2003 il quale stabilisce: “Dalla disposizione di cui al comma 1 sono escluse le prestazioni occasionali, intendendosi per tali i rapporti di durata complessiva non superiore a trenta giorni nel corso dell'anno solare ovvero, nell'ambito dei servizi di cura e assistenza alla persona, non superiore a 240 ore, con lo stesso committente, salvo che il compenso complessivamente percepito nel medesimo anno solare sia superiore a 5 mila euro, nel qual caso trovano applicazione le disposizioni contenute nel presente capo”

[12] “L’Associazione 20 maggio”, nel pubblicare i dati Istat, mette in evidenza come sia nel primo che secondo semestre 2013 si registra una diminuzione di posti di lavoro autonomo rispettivamente del 2,9% del 3,5%. Quadrato Verde

[*] Il dott. Luigi OPPEDISANO è funzionario ispettivo, responsabile Linea Operativa “Edilizia – autotrasporti – industria e artigianato” Vigilanza Ordinaria della Direzione Territoriale del Lavoro di Cosenza. La dott.ssa Erminia DIANA è funzionario area amministrativa e giuridico contenzioso, responsabile dell’Ufficio relazioni con il pubblico della Direzione Territoriale del Lavoro di Cosenza. Ai sensi della circolare 18 marzo 2004 le considerazioni contenute nel presente scritto sono frutto esclusivo del pensiero degli autori e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.


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