L’art. 2103, 8° comma c.c. stabilisce che il lavoratore può essere trasferito da un’unità produttiva ad un’altra solo in presenza di comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive con nullità di qualsiasi patto contrario.
La norma richiede la presenza di motivi oggettivi su cui fondare il trasferimento esistenti nel momento in cui lo stesso viene attuato.
Un’ipotesi peculiare di trasferimento è quella per incompatibilità ambientale che si determina quando la presenza del dipendente genera un clima di tensione nell’ufficio e contrasti tra lavoratori tali da comprometterne il buon andamento.
In questa evenienza si configurano quelle “ragioni tecniche, organizzative e produttive” che rendono legittimo il trasferimento del lavoratore.
Il merito di tale scelta risulta insindacabile e non è richiesta l’inevitabilità, ma soltanto la ragionevolezza della possibilità realizzata.
La giurisprudenza ha, infatti, sottolineato che il trasferimento per incompatibilità aziendale prescinde dalla colpa in quanto va ricondotte alle esigenze di carattere tecnico, organizzativo e produttivo di cui all’art. 2103 c.c.
L’istituto in esame sembrerebbe non avere carattere disciplinare come espressamente sancito dalla giurisprudenza che ha esaminato la vicenda di un trasferimento seguito a un procedimento disciplinare per gravi carenze nella lavorazione di visti dichiarandone l’illegittimità.
Tale decisione, però, è stata ribaltata dalla pronuncia della Corte di Appello che ha visto conferma in Cassazione a favore della legittimità di tale trasferimento in quanto la sanzione disciplinare aveva creato tensione e sfiducia tra colleghi tale da alterare il buon andamento dell'ufficio sostanziando le ragioni tecniche e organizzative richieste dalla disposizione del codice civile.
Anche un litigio tra colleghi può essere alla base del trasferimento ambientale se compromette il lavoro dell’ufficio (Cassazione, ordinanza n. 27226 del 26 ottobre 2018).
È il datore che, di volta in volta, deve valutare se la situazione va ad integrare i motivi richiesti espressamente dal legislatore del codice. Il controllo giurisdizionale sull’esistenza di tali presupposti non può entrare nel merito delle scelte effettuate dal datore, ma deve limitarsi ad accertare la sussistenza dei requisiti richiesti dalla norma.
Di recente sul tema del trasferimento per incompatibilità ambientale si è pronunciato il Tribunale di Milano con la sentenza n. 581 del 10 febbraio 2025 che ha ritenuto legittimo il trasferimento di una lavoratrice caregiver ai sensi della legge 104/1992.
La ricorrente affermava l’illegittimità del trasferimento avvenuto, in base alla sua tesi, a seguito di presentazione di una denuncia per mobbing posto in essere a suo discapito da colleghi e superiori.
Il Tribunale di Milano ha ritenuto infondata la tesi della ricorrente ritenendo possibile il trasferimento per incompatibilità ambientale anche se attuato nei confronti di lavoratore caregiver.
Il giudice ha, inoltre, ritenuto irrilevante la precedente denuncia per mobbing avvalorando la circostanza in senso favorevole alla scelta del datore. Il trasferimento, infatti, rappresenta una delle misure adottabili, ai sensi dell’art. 2087 c.c., per la tutela della salute e della sicurezza del lavoratore e uno strumento utile per far combaciare le esigenze del datore con il prestatore dell’attività senza interrompere l’equilibrio dell’azienda. In tale ottica il trasferimento non può mai essere visto come uno strumento di ritorsione fungendo da giusto mezzo per il contemperamento equilibrato di tutti gli interessi in gioco.
Il Codice Civile offre uno strumento utile al datore per gestire al meglio la sua azienda, ovviando a disfunzioni organizzative, tecniche o produttive tali da comprometterne la funzionalità e l’andamento.
Sebbene la scelta del datore non sia sindacabile nel merito, devono sempre sussistere i presupposti richiesti dalla disciplina civilistica, quindi, la disfunzione dell’unità produttiva in quanto il trasferimento deve sempre rappresentare una scelta ragionevole e coerente con quanto previsto dal CCNL di categoria.
Nell’utilizzo dell’istituto in esame è sempre necessaria una valutazione approfondita degli interessi individuali e dell’ufficio in modo tale da evitare l’applicazione indiscriminata e arbitraria anche attraverso una motivazione chiara e trasparente a beneficio di tutte le parti coinvolte.
[*] In servizio presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, DG Politiche Previdenziali e Assicurative, Divisione I. Le considerazioni contenute nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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