Commento a Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 aprile 2025, n. 11347
La sentenza in commento consegue a un giudizio iniziato per far dichiarare il carattere discriminatorio o ritorsivo di un licenziamento intimato a seguito della partecipazione a uno sciopero.
Il Tribunale di primo grado, all’esito di cognizione sommaria, con ordinanza, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento con conseguente nullità e, successivamente, con sentenza, ha rigettato l’opposizione proposta dalla società datrice di lavoro.
Anche il reclamo presentato da quest’ultima è stato respinto dalla Corte territoriale che ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo illegittimo il licenziamento in quanto intimato esclusivamente per la partecipazione allo sciopero e neanche configurabile quale giusta causa di recesso non comportando conseguenze pregiudizievoli per la società.
La Corte di Cassazione, dopo aver escluso che i servizi prestati dal datore di lavoro non possono essere qualificati come “servizio pubblico essenziale” ai sensi della legge n. 146 del 1990, passa ad analizzare i presupposti per l’esercizio legittimo del diritto di sciopero.
I giudici, premesso che anche in relazione ad attività qualificate come servizi pubblici essenziali la partecipazione a uno sciopero non può essere sanzionata con il licenziamento, si concentrano su una disamina approfondita dell’art. 40 Cost.
Tale disposizione rimanda la disciplina del diritto di sciopero alle singole norme di regolamentazione che, come sottolineano i Giudici di nomofilachia, ne segnano i limiti e le modalità di esercizio, oltre a quelli intrinseci derivanti dalla stessa nozione di sciopero inteso come “astensione dal lavoro di una pluralità di lavoratori per la tutela di interessi comuni”.
La Corte fa presente come il diritto di sciopero è garantito a difesa non solo di interessi riguardanti gli aspetti retributivi, ma di per qualsiasi diritto di rango costituzionale.
Il diritto di sciopero non può subire limitazioni ulteriori rispetto quelli derivanti dalla ratio storico- sociale della sua previsione a nulla rilevando il giudizio sull’importanza o sulla fondatezza delle pretese, la proclamazione formale, eventuali tentativi di conciliazione.
In tale ottica il diritto di sciopero appare illecito solo se esercitato per finalità delittuose o se idoneo a pregiudicare la potenziale produttività aziendale intesa come “possibilità per l'imprenditore di continuare a svolgere la sua iniziativa economica” di pari rango costituzionale.
Come osservato dai Giudici, il diritto di sciopero, al di fuori dell’ambito dei servizi pubblici essenziali, incontra, quali limiti, solo i diritti di natura costituzionale non essendo necessaria l’osservanza di alcuna regola formale né per l’indizione né per l’esercizio.
La Corte, dunque, afferma l’illegittimità del licenziamento seguito ad uno sciopero anche se esso non è stato indetto dalle organizzazioni sindacali in quanto il diritto di sciopero è diritto di natura individuale ad esercizio collettivo.
Ne consegue che non è necessaria una proclamazione da parte delle organizzazioni sindacali essendo sufficiente la tutela di interessi collettivi e l’assenza di pregiudizio per la produttività dell’azienda.
Nella sentenza in commento, dunque, la Suprema Corte fornisce un’interpretazione estensiva del diritto di sciopero distaccandolo da eventuali adempimenti effettuati da organizzazioni sindacali e ancorandolo esclusivamente alla necessaria tutela di interessi di natura collettiva.
La pronuncia, inoltre, è degna di nota in quanto definisce chiaramente i limiti esterni del diritto di sciopero a beneficio, in particolare, dei lavoratori di unità produttive di piccole dimensioni.
In conclusione, appare chiaro l’ancoraggio costituzionale del diritto di sciopero che trova il proprio riconoscimento nell’art. 40 Cost. e non è soggetto né a proclamazione formale né a altre regole procedurali, a meno che non si tratta di servizi pubblici essenziali, purchè attuato da tutti i lavoratori per tutelare interessi collettivi anche se di natura salariale.
La legittimità è legata alle modalità di attuazione del diritto che non devono assumere carattere delittuoso né ledere l’incolumità e la libertà delle persone o compromettere l’esercizio del diritto di proprietà o la capacità produttiva dell’azienda.
L’impedimento o la diminuzione della produzione aziendale sono fattori connaturati allo sciopero e non vanno ad inficiarne la legittimità.
Ne consegue che il licenziamento intimato a causa della partecipazione ad uno sciopero legittimo risulta nullo e discriminatorio ai sensi dell’art. 15 dello Statuto dei Lavoratori. La tutela apprestata è quella della reintegra ai sensi dall'art. 2 del d.lgs. n. 23/2015 a prescindere dal giudizio sulla proporzionalità della sanzione in quanto il recesso è nullo per violazione di norma imperativa.
[*] In servizio presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, DG Politiche Previdenziali e Assicurative, Divisione I. Le considerazioni contenute nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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