Effemeridi • Pillole di satira e costume, per distrarsi un poco
Voglio dedicare queste mie brevi note a una persona veramente speciale, Alfonso De Lucia, che, andandosene, ha lasciato un grande vuoto. Mi piace ricordarlo agli amici che lo hanno stimato e farlo conoscere, sia pure in estrema sintesi, ai tanti lettori che ora ne sentono parlare per la prima volta. Ritengo non sia cosa vana per questi ultimi sottolineare che le sue azioni erano dettate da una nobiltà d’animo eccezionale. Per farlo voglio trascrivere quello che ho scritto d’impulso quando ho appreso la triste notizia.
Scusami Alfonso se disturbo la tua quiete nel Paradiso dei giusti e dei buoni, ma in questo particolare momento ho bisogno di ricordare dall’inizio la nostra amicizia che dura da decenni e che è iniziata nei primi Anni Novanta in un’assemblea sindacale tenuta a Napoli nella sede provinciale del Ministero del Lavoro. Era la prima volta che la tenevo nella tua città e non mi sentivo per niente rassicurato sulla sua riuscita. Il clima era pesante anche perché le trattative per il rinnovo del contratto erano in alto mare e a Napoli si era creato un estremismo di natura politica e sindacale. Le mura dell’ufficio portavano ancora i segni di un tentativo d’incendio e la sala dell’assemblea, un ambiente che emanava un odore acre, un miscuglio di sudore e fumo di sigarette, era gremita all’inverosimile di colleghi, molti dei quali con un atteggiamento non proprio rassicurante; mi parevano, infatti, pronti alla contestazione. Erano tempi duri per il sindacato quelli. Ti eri messo alle mie spalle come un angelo custode e le prime parole che mi hai sussurrato sono state: stai tranquillo, sono tutti bravi guaglioni. Un modo di esprimersi delizioso, una sintesi del dialetto napoletano raffinato con la lingua nazionale.
E per darmi ancor più sicurezza hai fatto un passo avanti per presentarmi. Il chiassoso mormorio di fronte alla tua figura è cessato improvvisamente come per incanto, segno del grande rispetto che nutrivano nei tuoi confronti i colleghi. Così l’assemblea è andata avanti nella normalità, pur nella sua vivacità, com’era giusto che fosse.
Al termine siamo andati a prendere un caffè come si fa dopo uno scampato pericolo. Subito sono scattate simpatia e cordialità forse anche per un’affinità elettiva tra noi; da allora siamo diventati amici per sempre. Ci siamo ritrovati qualche anno dopo nella nostra bella fondazione che avevamo fondato e di cui eravamo entrambi innamorati. Ricordo che quando ho avuto l’onore di rappresentarla, nonostante un’idiosincrasia verso i conti, mi sentivo al sicuro perché oltre ai fidati amici dell’amministrazione avevo te alla presidenza dell’organo di controllo. Mentre sono avvolto nei miei ricordi noto sul tuo viso un lieve sorriso, un tuo abituale modo di schernirti delle adulazioni altrui. Tale atteggiamento era parte integrante della tua personalità, insieme al senso di libertà che ti rendeva simile al tuo amato felino domestico.
Ricordo con tristezza quel giorno durante i lavori dell’assemblea generale della fondazione quando hai voluto fare un passo indietro, sempre con discrezione, da incarichi di responsabilità. Ho notato, mentre stavi concludendo il tuo breve intervento, sul tuo volto solo il luccichio di una lacrima. Per me rappresentava la fine di un’epoca.
Ma bando alla tristezza che potrebbe intaccare la tua elegante serenità mentre passeggi nell’Eden, un ambiente raffinato come te. Perché le tue qualità più belle erano l’eleganza e la bellezza. I tuoi occhi di un raro e bellissimo colore, il tuo profilo, le tue movenze erano di un napoletano eccezionale, forse il risultato nel tempo delle migliori qualità fisiche e morali dei tanti popoli che si sono fusi nel calderone della città partenopea, dai greci, ai romani, ai bizantini ai normanni, ai francesi e agli spagnoli. Vedo che mi stai salutando perché devi svolgere con impegno e responsabilità, come sempre, l’incarico che ti hanno assegnato di verificare i requisiti degli ammessi a tale luogo magico. Perciò nel ringraziarti della tua amicizia, con un groppo in gola, ti saluto come da sempre ho fatto; ciao, Alfonso.
![]() Ricordo di Alfonso De Lucia Ho conosciuto Alfonso De Lucia nel momento in cui io venivo eletto presidente della Fondazione D’Antona e lui, dopo molti anni, lasciava l’incarico di presidente del collegio dei revisori. Nelle occasioni in cui abbiamo avuto modo di parlarci, di persona o telefonicamente, ho sempre avuto a che fare con una persona mite, gentile, disponibile. Ricordo ancora l’emozione palpabile che traspariva dal suo volto il giorno in cui a Napoli, presso i locali dell’Ispettorato del Lavoro, gli abbiamo consegnato la targa per onorarne l’impegno. Alfonso era un gentiluomo. Ci mancherà, ma con noi resterà il suo ricordo e il suo esempio. Ciao, Alfonso. Buon viaggio e grazie di tutto. Matteo Ariano ![]() |
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