Alcune considerazioni sull’indagine condotta da BIG (Business Intelligence Group)
Un’indagine recente, condotta da BIG (Business Intelligence Group) su commissione di Grenke Italia, società leader in Italia nel noleggio operativo strumentale di beni e servizi, ha rivelato un mutamento significativo nelle priorità dei lavoratori italiani. I risultati, discussi da manager ed esperti del settore, delineano un quadro in cui concetti tradizionali come dovere, stabilità e gerarchia lasciano spazio a nuove esigenze, con importanti ricadute sul panorama giuslavoristico e sulle strategie aziendali.
La ricerca, che ha coinvolto 1.001 rispondenti[1] con una rappresentatività bilanciata per generazione, genere, livello professionale e distribuzione geografica, evidenzia come la soddisfazione economica (97%) rimanga un fattore primario. Tuttavia, l’analisi generazionale rivela una diversa percezione del ruolo della retribuzione: se per i Boomer
[2] (99,5%) essa è sinonimo di sicurezza e status, per la Generazione Z
[3] (91,4%) assume la valenza di “strumento abilitante”, non più un fine ultimo. Questa distinzione solleva interrogativi sulla necessità di ripensare i modelli retributivi e incentivanti, potenzialmente orientandosi verso forme di welfare aziendale e benefit flessibili che rispondano alle diverse aspettative generazionali, nel rispetto della normativa vigente.
Parallelamente, lo sviluppo professionale è considerato rilevante dal 92,1% del campione, con i Boomer (93,3%) che ricercano percorsi chiari di crescita e apprendimento. Questo dato sottolinea l’importanza della formazione continua e dell’aggiornamento delle competenze, temi centrali per la competitività aziendale e per la tutela del lavoratore in un mercato in costante evoluzione. Le politiche aziendali dovrebbero dunque investire in programmi di reskilling (processo attraverso il quale un lavoratore acquisisce competenze completamente nuove per poter ricoprire un ruolo diverso rispetto a quello attuale, spesso in un settore o ambito aziendale differente) e upskilling (processo di miglioramento e aggiornamento delle competenze di un lavoratore, permettendogli di svolgere il proprio attuale ruolo in modo più efficace o di assumere maggiori responsabilità all’interno della stessa mansione) che, oltre a rispondere a un’esigenza del lavoratore, contribuiscono a prevenire obsolescenze professionali, con implicazioni anche in termini di ammortizzatori sociali e ricollocazione.
La cultura aziendale, valutata positivamente dal 92,1%, presenta sfumature significative. Mentre boomer, Generazione X [4] e Millennial [5] privilegiano il clima organizzativo, la Generazione Z manifesta una maggiore attenzione verso diversità e inclusione e lo stile di leadership. Questa tendenza impone alle aziende di andare oltre una mera conformità formale alle normative antidiscriminatorie, per abbracciare un approccio proattivo alla creazione di ambienti di lavoro equo e inclusivo. Ciò implica una revisione delle politiche interne, dei codici etici e dei processi di selezione e gestione del personale, con potenziali riflessi anche in materia di responsabilità sociale d’impresa e reputazione aziendale.
Un’altra priorità emergente è la flessibilità oraria, richiesta dal 91,2% del campione, con un picco del 95% tra i Gen Z. Questo dato, unito all’importanza attribuita al work-life balance (89,4%), specialmente da donne (91,1%) e millennial (92,4%), evidenzia una crescente domanda di autonomia nella gestione del proprio tempo e un superamento della concezione tradizionale di orario di lavoro rigido. Per le generazioni più giovani, l’equilibrio tra vita privata e professionale assume un’importanza superiore rispetto alla carriera, segnando una svolta nei criteri di valutazione del benessere lavorativo.
Lo smart working, considerato importante dal 63,1% del totale, si rivela imprescindibile per il 76,8% della Generazione Z, a fronte di un 53,2% tra i boomer. Tale disparità generazionale è accompagnata da una certa preoccupazione tra i C-Level (47,7%) riguardo agli impatti collaborativi del lavoro da remoto. Questo scenario richiede un’attenta riflessione da parte del legislatore e delle parti sociali sulla regolamentazione dello smart working, al fine di bilanciare le esigenze di flessibilità dei lavoratori con la necessità di mantenere la coesione aziendale e garantire la produttività. Le sfide riguardano la definizione di diritti e doveri specifici per il lavoro agile, la tutela della disconnessione, la sicurezza sul lavoro anche negli ambienti domestici e la misurazione delle performance in contesti non tradizionali.
Come sottolineato da Fabiana Carioli, HR Director di Grenke, la “giustizia retributiva” non si limita all’aspetto economico, ma implica la creazione di un “sistema di valore complessivo che integra riconoscimento, welfare e formazione continua”. Questa visione si allinea con l’idea di Filippo Poletti, secondo cui il lavoro sta diventando uno “spazio di senso”, dove la retribuzione, pur restando importante, non basta più a “conquistare la fiducia dei lavoratori”. È necessaria una “proposta significativa, di senso compiuto, orientata alla coerenza tra la proposta di lavoro e quello che effettivamente viene praticato in azienda”.
Gianni Bientinesi, CEO di BIG, ribadisce che il lavoro sta evolvendo in un “luogo in cui le persone cercano coerenza tra vita privata e vita professionale”. Il “paradigma umano-centrico” che emerge dall’indagine impone alle organizzazioni di ripensare i modelli organizzativi, le metriche di performance e gli strumenti di engagement. Le aziende che sapranno interpretare questi segnali avranno un vantaggio competitivo duraturo.
I risultati della ricerca BIG-Grenke Italia offrono spunti preziosi per il diritto del lavoro. La crescente attenzione a flessibilità, autonomia, benessere, inclusione e purpose delinea un’evoluzione del rapporto di lavoro che va oltre la mera dimensione contrattuale. Il legislatore e la giurisprudenza saranno chiamati a confrontarsi con queste nuove esigenze, al fine di garantire un quadro normativo che favorisca la crescita sostenibile delle imprese e, al contempo, tuteli i diritti e il benessere dei lavoratori in un contesto di profonda trasformazione. Sarà cruciale promuovere un dialogo costruttivo tra le parti sociali per definire nuove forme di regolamentazione che sappiano adattarsi alla complessità del mercato del lavoro contemporaneo.
[1] La ricerca è basata su un campione costituito da 1.001 rispondenti rappresentativi per generazione (4% gen Z, 30% millennial, 39% gen X e 27% baby boomer), genere (42% donne e 58% uomini), livello professionale (12% entry level, 49% professional, 21% middle management, 10% senior management e 8% c-level) e distribuzione geografica (30% Nord ovest, 23% Nord est 23%, 23% Centro e 24% Sud e Isole).
[2] Con il termine Boomer è intesa la generazione demografica che comprende le persone nate generalmente tra il 1946 e il 1964.
[3] La Generazione Z generalmente, comprende le persone nate tra la metà degli anni ’90 e l’inizio degli anni 2010.
[4] La Generazione X è una coorte demografica che si colloca tra i Boomer e i Millennial. Generalmente, include le persone nate tra la metà degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’80, con le date più comuni che vanno dal 1965 al 1980.
[5] I Millennial, conosciuti anche come Generazione Y (Gen Y), sono la generazione che precede la Generazione Z e segue la Generazione X. Generalmente, si considera che siano nati tra i primi anni ’80 e la metà degli anni ’90, con l’intervallo più accettato che va dal 1981 al 1996
[*] Grenke Italia è il player di riferimento per il noleggio operativo di beni strumentali per il business.
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