Siamo alla riscoperta di questa fondamentale Enciclica Papale, la “Rerum Novarum” (delle cose nuove) quale documento promulgato il 15 maggio 1891 che ha saputo trattare “la questione sociale nel contesto della prima grande rivoluzione industriale” attingendo al patrimonio della Dottrina sociale della Chiesa. Nei fatti questa ne segna l’inizio, rappresentando una prima risposta ufficiale della Chiesa alle ingiustizie del mondo moderno (dell’epoca) e segna appunto l’avvio di un ulteriore ramo di Dottrina della Chiesa ponendo il “lavoro” e più in generale la “economia” quali ambiti di basilare interesse.
Nel XIX secolo, la società europea fu profondamente mutata dall’avvio della rivoluzione industriale, che portò con sé inimmaginabili progressi accompagnati però da nuove e inesplorate problematiche sociali. Le condizioni di vita di una nuova classe di lavoratori si aggravarono nelle nascenti città a vocazione industriale: orari lunghi e faticosi, scarsità di salario, insalubrità, infortuni, sfruttamento, erano componenti ineludibili, facendo scaturire un crescente disagio sociale. Per questo ed anche altro la Chiesa cattolica del tempo sentì la necessità di accogliere certi gridi di dolore e quindi di prendere una posizione. La risultante fu l’enciclica di Papa Pecci – Leone XIII – vale a dire la Rerum novarum.
Con detta illuminata enciclica, la Chiesa dimostra di volersi affrancare da una posizione neutra se non silente e di comodo, entrando di fatto nel dibattito sociale portando con sé proposte concrete e valori etici ovviamente di ispirazione evangelica. Viene pertanto affrontata, in particolare, la cosiddetta “questione operaia”, assumendo considerazioni sulle dure condizioni di vita e di lavoro della classe lavoratrice, scaturite dalla nuova società a connotazione industriale. Tra i punti salienti del messaggio Papale si scorge il valore del lavoro umano, contemperato dai diritti salariali, accostati ai diritti morali dei lavoratori.
Papa Leone XIII asserisce con forza, sul finire del 1800, con il suo iconico documento ecclesiale, che il lavoro non può essere considerato una semplice merce, ma deve essere riconosciuto come un’attività che contribuisce alla piena realizzazione della persona umana perseguendo, al contempo, la salvaguardia sia del bene comune che del bene personale.
Tra gli aspetti maggiormente innovativi, del documento Papale, si staglia il riconoscimento dell’importanza delle associazioni dei lavoratori, quali essere i sindacati, che si occupano di svolgere un ruolo attivo nella difesa dei diritti dei più deboli e indifesi. Non di meno lo Stato deve parimenti svolgere una funzione cardine nel governo delle nazioni e delle genti: non deve essere però oppressivo, ma neppure assente. Deve intervenire, in modo ausiliario, nella ricerca permanente di giustizia ed equità.
Ciò detto Leone XIII scelse di intervenire nel dibattito sociale dell’epoca in maniera esplicita inserendosi, con una propria dottrina, anche per contrapporsi alla nascente visione socialista del mondo, allora percepita come la vera sola forza capace di dare voce alla sofferenza del mondo operaio.
Nella sua enciclica però, nei fatti, non condannò né assolse il capitalismo industriale, ma propose un modello basato sul riconoscimento reciproco, tra padroni e operai, nel nome di un’uguaglianza possibile e cristiana, capace di difendere gli interessi degli uni e la dignità degli altri.
Una lettura attualizzata, alla nostra epoca, ci permetterebbe di rispondere alle sollecitazioni di “un’altra rivoluzione industriale, post moderna, che si sostanzia con gli sviluppi di una innovata rivoluzione tecnologica ossia quella dell’Intelligenza artificiale”. Oggi la Chiesa offre alla collettività il suo patrimonio di dottrina sociale, per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia sociale e del lavoro.
L’enciclica di Leone XIII fu incentrata, sul finire dell’800, sulle condizioni delle masse operaie; di contro calando quelle considerazioni nella cornice attuale è possibile pensare ad una "Rerum digitalium", che illumini sulle "cose digitali", volendo considerare la questione del lavoro e i diritti dei lavoratori in corrispondenza dei profondi cambiamenti definiti dall’impiego delle nuove tecnologie. Permane, evidentemente, in ambedue queste epoche (il finire del XIX° secolo e l’inizio del XXI° secolo) un contesto in cui il lavoro era e continua ad essere, per gran parte, concepito come pura merce.
È un fatto evidente che il mondo del lavoro risulti sì profondamente cambiato, ma nella maggior parte dei casi i diritti dei lavoratori hanno ancora bisogno di essere protetti e tutelati. Consideriamo, non a caso, i rischi di carattere diffuso come pure quelli connessi alle nuove tecnologie, e non da ultimo quelli riferiti all’impiego della IA; abbiamo poi, ovviamente, quelli riferibili alle nuove forme di schiavitù e di sfruttamento lavorativo trasversali ad ogni tipologia di settore produttivo.
Rimane però evidente la necessità di circoscrivere l’ambito dei fattori discriminanti con un uso buono o cattivo dell’impiego dei diversi fattori della produzione, senza tralasciare il contesto organizzativo nel fare impresa. Questo criterio è altrettanto valido quale approccio da seguire oggi nell’utilizzare le multiformi tecnologie digitali.
Il sistema produttivo, sempre più “liquido”, multisettoriale ed articolato, può essere potenzialmente impiegato e manipolato dalle tecnoscienze con contraccolpi evidenti e influenti nella vita di ogni essere umano. La famiglia umana è chiamata, percorrendo questa via, ad affrontare “nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro” come affermato agli esordi del Pontificato da Papa Prevost - Leone XIV.
Oggi la Chiesa, con il suo patrimonio di dottrina sociale, deve rispondere ad una nuova rivoluzione industriale, quella prodotta con gli sviluppi dell’intelligenza artificiale.
Emergono quindi delle motivazioni per cui l’attuale Santo Padre Papa Leone XIV spingerebbe ad una stesura di una riedizione contemporanea della già conosciuta enciclica, una sorta di “Rerum Novarum contemporanea".
Le stesse analogie tra il moderno contesto di questo pontificato e quello di Leone XIII, ci portano a peculiari sfide come le disuguaglianze globali, la precarietà e povertà lavorativa, le invasive nuove tecnologie basate anche sulla Intelligenza Artificiale che richiedono un ammodernamento dei postulati della dottrina sociale della Chiesa, validi per affrontare problematiche contemporanee, quali la dignità umana nell'era digitale e la protezione sociale per le crescenti vulnerabilità umane; nel segno della tradizione riformista sociale seguendo il solco di Leone XIII con il suo testo pionieristico trattante la questione operaia.
Non a caso con l'avvento di nuove tecnologie, in particolare quella dell’IA, sarebbe lecito chiedere una riflessione sulla natura del lavoro e sul riconoscimento della rinnovata dignità umana nell'ambiente digitale, riproponendo le questioni sollevate dalla Rerum Novarum in una nuova veste, una ribattezzata "Rerum digitalium".
Sarebbe quindi giusto affrontare secondo i dettami della Chiesa cattolica, ma non soltanto, seguendo il nuovo corso impresso da Papa Leone XIV, quale direttrice fondamentale del suo pontificato, le sfide etiche e sociali poste dall’intelligenza artificiale (IA).
Potremmo quindi essere degli attenti osservatori per una ribadita riflessione morale e sociale (generalizzata) di fronte all’attuale rivoluzione industriale dominata da algoritmi, automazione e intelligenza artificiale.
La comparazione tra i due momenti storici di questi due Papi, che si mettono a confronto, non è semplice retorica. Come l’inizio delle automazioni e il capitalismo industriale dell’Ottocento imposero nuove gerarchie lavorative, sociali e innovati modelli economici, parimenti oggi l’IA promette di trasformare profondamente il lavoro umano, i rapporti sociali e le strutture del potere, generando al contempo opportunità e rischi sistemici.
Necessita, allora, anche per questa vita moderna una visione cristiana dell’economia e del lavoro. Nella enciclica ottocentesca Leone XIII difendeva il diritto dei lavoratori a una giusta retribuzione, al riposo, al potersi associare sindacalmente, e denunciava gli eccessi di un capitalismo senza regole.
L’orizzonte indicato da papa Leone XIV contempla la sostituzione prospettica dei telai e delle fabbriche con algoritmi e robot, il capitalismo ottocentesco con i monopolisti di Big Tech e i fondi di investimento che li sostengono, enucleando pertanto l’attualità di quelle istanze rapportate alle odierne.
Se ne desume, conseguentemente, che la centralità del lavoro umano potrebbe essere gravemente minacciata: non più solo dalle macchine industriali, ma dalla “automazione cognitiva”, da intendersi come uso dell’intelligenza artificiale (IA) e di algoritmi di apprendimento automatico finalizzato ad automatizzare “compiti cognitivi complessi” precedentemente eseguiti dagli esseri umani. Va oltre l’automazione tradizionale incorporando funzionalità avanzate tipo: elaborazione del linguaggio naturale, riconoscimento vocale, riconoscimento delle immagini e più in generale il processo decisionale. Ciò rischia di far espellere le persone dal ciclo produttivo e trasformare la nozione stessa di lavoro e il rapporto uomo-macchine.
Questo vale sia per i settori a bassa qualificazione, nelle prime fasi ritenuti quelli più vulnerabili agli sviluppi dell’IA, sia per le professioni ed attività ad alta specializzazione.
Papa Leone XIV, richiamandosi alla Rerum Novarum, desidera palesemente rilanciare il principio secondo cui l’economia deve essere di servizio all’uomo, e non viceversa. Una società giusta oggi come nel 1891 si erige non accettando passivamente le logiche della produttività e del profitto, ma dirigendo le innovazioni tecniche in funzione della dignità umana e della coesione sociale.
Un principio cardine trattato nell’enciclica di Leone XIII è quello della dignità della persona umana e conseguentemente del lavoro dell’uomo. Papa Pecci afferma che i padroni: “non devono trattare l’operaio da schiavo; devono rispettare in lui la dignità della persona umana… Agli occhi della ragione e della fede, il lavoro non degrada l’uomo, anzi lo nobilita… Quello che veramente è indegno dell’uomo è di usarlo come vile strumento di guadagno, e di stimarlo solo per quel che valgono le sue energie fisiche”.
Un altro principio fondamentale enunciato è che l’economia ha una sua dimensione etica, proprio in quanto essa è essenzialmente orientata al servizio dell’uomo. Un principio questo in contrapposizione all’ideologia liberale, che sostiene invece l’estraneità del concetto di moralità rispetto al processo economico, che di contro seguirebbe le regole del mercato.
Il terzo principio si rifà alla necessità che lo Stato intervenga nella questione sociale ed economica, assistendo i più bisognosi: “È compito proprio dello Stato provvedere al bene comune”
Nell’enciclica si afferma altresì che “la classe dei ricchi, forte per se stessa, ha meno bisogno della difesa pubblica. La classe proletaria invece, che manca di sostegno proprio, conta soprattutto sulla protezione dello Stato. Lo Stato si faccia, dunque, particolarmente difensore dei lavoratori, che appartengono alla classe povera”.
Facendo una più approfondita panoramica circa le novazioni volute della Chiesa Cattolica rispetto al bisogno di ridisegnare, in chiave moderna, la “sua” Dottrina sociale non possiamo fare a meno di menzionare il segno lasciato durante il Pontificato di Papa Francesco che realisticamente ha indagato le contraddizioni del nostro tempo, segnato dal dominio incontrastato del potere finanziario, cresciuto con la digitalizzazione e la globalizzazione dei processi produttivi.
Francesco nella sua enciclica Fratelli tutti afferma: “Si accendono conflitti anacronistici che si ritenevano superati, risorgono nazionalismi chiusi…; la società sempre più globalizzata ci rende vicini, ma non ci rende fratelli. Siamo più soli che mai in questo mondo massificato che privilegia gli interessi individuali e indebolisce la dimensione comunitaria dell’esistenza… La politica diventa sempre più fragile di fronte ai poteri economici transnazionali che applicano il divide et impera”.
Bergoglio consapevole del cinismo dominante nel mondo d’oggi, non ha inteso rassegnarsi di fronte all’«aumento della ricchezza senza equità». Alimenta il coraggio per denunciare con forza (dal suo soglio) le contraddizioni del nostro tempo: «Mentre una parte dell’umanità vive nell’opulenza, un’altra parte vede la propria dignità disconosciuta, disprezzata o calpestata». Infatti «milioni di persone – bambini, uomini e donne di ogni età – vengono private della libertà e costrette a vivere in condizioni assimilabili a quelle della schiavitù». Ma le contraddizioni e le storture del mondo odierno non sono solo queste: guerre, attentati, persecuzioni per motivi politici, razziali o religiosi vengono giudicati in modi diversi a seconda che convengano o meno a determinati interessi: «Ciò che è vero quando conviene a un potente, cessa di esserlo quando non è nel suo interesse».
Ma il pensiero di Papa Francesco si è esteso con osservazioni sulla modernità digitale e nei fatti ha affermato: come sempre più invasiva la «comunicazione digitale» oltre ad esporre al «rischio di dipendenza, di isolamento e di progressiva perdita di contatto con la realtà concreta» – abbandona ogni individuo agli «sguardi che frugano, denudano e divulgano, spesso in maniera anonima». Al contrario oggi ci sarebbe bisogno «di gesti fisici, di espressioni del volto, di silenzi, di linguaggio corporeo, e persino di profumo, tremito delle mani, rossore, sudore, perché tutto ci parla e fa parte della vera comunicazione umana. I rapporti digitali, che dispensano dalla fatica di coltivare un’amicizia, una reciprocità stabile e anche un consenso che matura con il tempo, hanno solo un’apparenza di socievolezza».
Papa Bergoglio è sempre stato consapevole nel mondo digitale odierno, che ci circonda e dove operano «giganteschi interessi economici capaci di realizzare forme di controllo tanto sottili quanto invasivi, creando meccanismi di manipolazione delle coscienze e del processo democratico».
Assistiamo alla crescente diffusione, nel mondo, delle cosiddette fake news ossia di «informazioni e notizie false, fomentando pregiudizi e odio». Attraverso i media oggi «si cerca di creare una nuova cultura al servizio dei più potenti. Da ciò traggono vantaggio l’opportunismo della speculazione finanziaria e lo sfruttamento, dove i poveri sono sempre quelli che perdono».
Papa Francesco ha ripreso nella sua instancabile catechesi alcuni temi esemplari della Dottrina Sociale della Chiesa ribadendo l’invito evangelico ad aver cura degli ultimi, nel nostro tempo, sapendo usare espressioni forti, ha affermato: «Bisogna lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa… facendo fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro».
Leone XIV sembra raccoglie un testimone importante dal suo predecessore papa Francesco, consistente nella visione concatenata dei rapporti tra intelligenza artificiale economia e pace. Francesco riconosceva le potenzialità positive dell’IA nel campo della medicina, dell’educazione e della sostenibilità ambientale, pur richiamando l’attenzione sui rischi di disumanizzazione, disuguaglianza e potere dell’algoritmo.
Bergoglio scriveva: «Non è accettabile che la decisione su questioni fondamentali per la vita delle persone sia affidata a strumenti algoritmici».
In tale contesto ha auspicato lo sviluppo della cosiddetta “algoretica”, vale a dire etica degli algoritmi capace di mettere al centro la dignità della persona e il bene comune.
La pace, secondo il pontefice venuto da molto lontano, non è solo assenza di conflitto, ma armonia fondata su giustizia, inclusione e partecipazione: criteri che devono orientare anche l’architettura e la governance globale dell’IA. Funzionale a ciò sarebbero stati gli accordi internazionali necessari a regolamentare lo sviluppo e l’impiego dell’IA, ispirati a principi etici universali quali: trasparenza, equità e accesso universale.
Non di meno questa prospettiva concerne il pensiero laico. Al riguardo, appunto, l’economista e premio Nobel 2024 Daron Acemoglu in numerosi interventi ha rafforzato questa prospettiva, denunciato il pericolo di una diffusione unilaterale e ideologicamente orientata delle tecnologie digitali, come la IA.
Secondo questo economista turco-statunitense, il problema non risiede nell’innovazione in sé, ma per come viene progettata, promossa e usata.
Le big tech tendono, a sublimare efficienza e disintermediazione giustificando modelli pensati molto spesso per sostituire il lavoro umano, non per aumentarlo, integrarlo e migliorarlo. Ciò rappresenta il frutto di scelte politiche, economiche e culturali funzionali a interessi addensati.
La critica dell’economista si sovrappone pertanto perfettamente con il grido della Chiesa per una governance etica e partecipata dell’IA, che tenga conto delle conseguenze a lungo termine, evitando concentrazioni di potere ma garantendo al contempo un accesso equo ai benefici prodotti della tecnologia.
Con Papa Leone XIV è facile e prevedibile immaginare una fase evolutiva della dottrina sociale della Chiesa, capace di confrontarsi con la realtà digitale del XXI secolo. La sfida sullo sviluppo e impiego della IA, come la lotta alle varie forme di povertà, il contrasto alla triste nuova stagione di guerre globali, le conseguenze per la crisi climatica, rappresentano tutte dei risvolti non puramente economici, politici e sociali. ma più complessivamente di natura antropologica.
Tale quadro d’insieme ci impone l’interrogativo su cosa significhi essere umani in un’epoca in cui i confini fluidi dell’agire dell’uomo si intersecano tra ragione e tecnologia, tra naturale e artificiale, consapevole e inconsapevole, vita naturale e vita subliminale. Un confine quindi che si fa sempre più labile impalpabile.
Risulta ben visibile una deregolamentazione aggressiva auspicata, per di più, dai giganti tecnologici per sviluppare, ma direi liberare, tutte le potenzialità di business dell’IA (un altro esempio è rappresentato dal “DeepSeek” ovvero la startup cinese ideata nel 2023 che sviluppa modelli di IA generativa open-source con l'ambizione di “democratizzare” e far avanzare l'intelligenza artificiale permettendo a chiunque di utilizzare, modificare e adattare propri modelli)
Dei seppur timidi tentativi di contrappesi credibili, a tale realtà, sono stati forniti dall’Unione europea che, con l’AI Act del 2024, che ha disegnato il primo quadro giuridico globale sull’intelligenza artificiale.
In questo, Leone XIV potrebbe rappresentare il vero testimone per una Chiesa che interpreta le necessarie esigenze di giustizia, dignità delle persone, bene comune, lotta al profitto amorale ed egoistico nell’era degli algoritmi, come fece Leone XIII in difesa dei lavoratori della fabbrica ottocentesca, puntando sulla centralità della persona per il bene comune. Sapendo confutare un presunto rapporto difficile tra la Chiesa cattolica e la modernità e quindi una critica del mondo moderno.
Riprendendo il filo del ragionamento sulle analogie esistenti tra i due pontefici di nome Leone è possibile riscontrare, certamente, l’affacciarsi di “cose nuove” sia alla fine del sec. XIX affrontate da Papa Leone XIII (in particolare la questione sociale frutto della rivoluzione industriale, con il liberalismo economico contrapposto alle rivendicazioni e proteste proletarie) sia quello che si prospetta per Papa Leone XIV nel sec. XXI, quale la sfida lanciata dalle nuove tecnologie applicate alla Intelligenza artificiale, anche in ottica di giustizia sociale e benessere globale diffuso, partendo dal miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro.
In questo contesto risulta veramente importante esaminare il rapporto esistente tra intelligenza artificiale e intelligenza umana. L’elemento caratteristico di noi esseri umani è rappresentato appunto dalla sua “umanità”, il sapere vivere insieme, il saper condividere le scoperte scientifiche, tecnologiche, artistiche, essere in grado di sussidiarsi. In sintesi, la sapienza e la principale virtù umana permettono di “rammendare” le singole parti di esistenza in un tutto, proiettando ogni decisione consapevoli delle conseguenze che verranno determinate. Diversa cosa è la sostanza della IA che si alimenta e sublima, per mezzo della quantità di dati e conoscenze che si possono accumulare.
Il titolo della recentissima esortazione apostolica è “Dilexit te” (ti ho amato), contiene la riflessione su “la natura e i limiti del potere che la società può legittimamente esercitare sull’individuo”. Leone XIV si è messo al lavoro per presentare, nella ricorrenza di San Francesco, la citata esortazione apostolica, che più sarà seguita da un’enciclica, (la prima dell’attuale pontificato) nell’intento di assegnare alla questione sociale quale tema decisivo, (necessariamente aggiornato) la centralità del rapporto tra bene privato e bene comune, natura dell’impresa e del capitalismo.
Molte cose sono cambiate, dalla fine del XIX all’inizio del XXI secolo, ma è proprio questo il punto di caduta. Ancora una volta, per la Chiesa, si tratta di saper interpretare i segni dei tempi e riflettere sulle “cose nuove”, per cercare mitigazioni a una condizione antica che continua ad affliggere una buona fetta di umanità come: la povertà, le guerre, le diseguaglianze, le carestie, i disastri naturali e ambientali.
Bisogna rispondere alle nuove sfide dell’umanità: “Oggi la Chiesa offre a tutti il suo patrimonio di dottrina sociale per rispondere a un’altra rivoluzione industriale e agli sviluppi dell’intelligenza artificiale, che comportano nuove sfide per la difesa della dignità umana, della giustizia e del lavoro”. Queste le parole pronunciate all’inizio del pontificato da Leone XIV.
Il grande messaggio che possiamo scorgere nel nome di Leone e nel riferimento alla Rerum Novarum è dunque forte e chiaro: tornare alle domande della Dottrina sociale della chiesa, a quelle sul lavoro, sulla giustizia dei salari, sul rapporto tra bene privato e bene comune, sulla natura dell’impresa, sulla essenza del capitalismo, sulla vocazione dell’imprenditore, sulla pace, sul creato, e molte altre già note e che nasceranno, dalla chiesa e dalla storia. Una nuova, inaugurata da Francesco, è la questione ambientale, da cui dipenderà molto della qualità del magistero sociale che sta per iniziare.
Ma la vera questione al centro della Rerum Novarum, (passata e futura) e quindi della scelta di rimetterla oggi al centro degli interessi di Leone XIV, è la necessità per la chiesa di entrare con una personale visione nelle questioni economiche e sociali di questo tempo. Nei fatti l’economia, la giustizia, il capitale, il lavoro, la pace, le imprese non sono avulse dal pensiero e dal magistero della chiesa. L’economia, ad esempio, riguarda da vicino la vita delle persone, e conseguentemente riguarda la chiesa, e i cristiani, la ricchezza e la povertà, come la pace, la giustizia, l’ambiente, sono i fondamentali per il presente e il futuro delle giovani generazioni, e quindi deve riguardare anche la Chiesa, la sua azione, la sua concretezza.
Oggi le “cose nuove” di questo tempo “Res Novae” si chiamano lavoro e intelligenza artificiale, le questioni dell’ambiente e dell’ecologia, la povertà involontaria, le risorse alimentari insufficienti e la denutrizione dei bambini.
Il capitalismo speculativo e amorale affiancato ad una finanza elitaria del XXI secolo sono divenuti una nuova religione che sta sostituendo il cristianesimo. La critica del Vangelo alle cose nuove nell’economia e nella società deve rappresentare anche una esplicita critica al nuovo capitalismo diventato religione. Guardando a come si è trasformato il mondo globalizzato, è facile attribuire al capitalismo una crescita sostanzialmente ingovernata e indisturbata, e nella piena distrazione si è introdotto un “virus” nel capitalismo sano, contagiando la stessa finanza, il lavoro, i consumi, facendo avanzare lo spirito del business senza freni né remore, agendo sulla desertificazione delle coscienze umane provocando un nichilismo dell’agire.
Una domanda credo sia giusto porsi, terminando questo redazionale, ossia perché Papa Leone XIV sta pensando a una nuova Rerum novarum e ancora chi sono i nuovi “lavoratori dell’IA”?
Partiamo da un assunto, cioè, che le cosiddette “connessioni universali”, intese come condizioni di uguaglianza nell’accesso a servizi e strumenti digitali, sono rese possibili dal lavoro, spesso non tutelato, di milioni di persone che rendono disponibili le realtà tecnologiche e digitali ed in particolare l’intelligenza artificiale proprio per mezzo dell’impegno e della fatica umana. Per questo Papa Leone XIV pensa a una nuova Rerum novarum.
Nel vortice della odierna rivoluzione digitale, la Chiesa Cattolica si trova ad affrontare una sfida tanto nuova quanto complessa. Per poter quindi continuare ad incidere nella società e nella vita degli individui deve garantire uno sguardo attento sui profondi mutamenti che attraversano ogni epoca.
Segnatamente, l’evolversi dell’IA, come degli algoritmi predittivi, rappresenta una sfida atipica arrivando a mettere in discussione i presidi di umanità, considerando che la Chiesa Cattolica, ha rappresentato per secoli la guida indiscussa delle coscienze di vaste popolazioni.
Siamo quindi nel cuore di una rivoluzione non solo digitale, ma puramente ontologica. Si vive un cambiamento che investe la nostra stessa concezione di umanità, di giustizia, di uguaglianza e quindi di relazione.
La Chiesa cattolica si sta quindi attrezzando, con l’azione dell’attuale Pontefice Leone XIV, per una nuova dottrina sociale in quanto per mantenere un ruolo attivo nelle coscienze contemporanee, dovrà necessariamente fare i conti con la complessità del presente. A questo si giunge ponendosi e poi rispondendo a domande fondamentali. Quale sarà il destino del lavoro in un mondo sempre più tecnologico? Chi sono oggi identificabili quali lavoratori impegnati direttamente ed indirettamente nell’uso dell’intelligenza artificiale? I “lavoratori dell’IA” rappresentano una categoria difficile da definire: fluida, parcellizzata, quasi impercettibile e priva di rappresentanza sindacale. Escludendo ingegneri e sviluppatori di software è possibile delineare due grandi gruppi: il primo, maggiormente collocato in USA nella silicon valley, è costituito da chi crea, conserva e sorveglia le grandi infrastrutture del tecno-capitalismo come i “data center” di OpenAI e Microsoft; il secondo comprende gli operai dell’assemblaggio e dell’industria dei semiconduttori stanziali, per lo più, nel continente asiatico.
Secondo il pensiero dello studioso di Filosofia morale Giuseppe de Ruvo, autore di varie pubblicazioni e collaboratore della rivista di geopolitica “Limes”, nonché esperto di teoria critica del capitalismo digitale, la connessione universale è resa possibile dal lavoro non tutelato di milioni di persone. Le molteplici piattaforme “cloud” esistenti e relativi server, se esistono, si rinnovano e si alimentano, è solo grazie alla fatica mediata di chi lavora. La comunicazione istantanea resta, quindi una prerogativa fondamentale di tale realtà.
In questo contesto scopo fondamentale ed etico di chi ha responsabilità decisorie diffuse: governi, imprese, istituzioni, autorità, dovrebbe essere quello di rimettere l’uomo al centro della vita e della società, per questo il messaggio cristiano dell’amore e della cura per il prossimo acquista un significato ancora più urgente e universale. Non si tratta più soltanto di interrogarsi sul destino del lavoro o sul funzionamento delle tecnologie, ma di riconoscere che al centro di ogni rivoluzione tecnologica rimane l’essere umano: con la sua dignità, le sue povertà e il desiderio di giustizia egualitaria.
La sfida per la Chiesa non è competere con i propugnatori dell’intelligenza artificiale, ma riaffermare il ruolo insostituibile della coscienza: a fronte di invasivi algoritmi, sempre più avanzati, e per questo profondamente inumani, spesso incomprensibili.
In una epoca in cui tutto pare calcolabile e prevedibile, il ruolo ecclesiale e della religione in genere, si individua nel custodire l’invisibile: prendersi cura del nostro essere mente, intelletto, etica e morale, interrogandoci e dubitando del nostro agire umano, giusto o ingiusto che sia.
Leone XIV, pertanto, si pone di fronte a una nuova rivoluzione, quella digitale e dell’IA, osservandone la rapida espansione, spesso incontrollata, che ridefinisce le strutture sociali, le relazioni umane, i meccanismi decisionali, la produzione di beni e servizi, la distribuzione della ricchezza ma principalmente il senso stesso del lavoro e della persona. L’intento non celato, di Papa Prevost, è quello di sviluppare una risposta cristiana iniziando dalle questioni etiche, sociali e antropologiche che l’IA sta sollevando, riattualizzando l’azione di Leone XIII: partire dall’epoca attuale per ribadire i principi perduranti di giustizia, dignità umana e bene comune, sapendo orientare le coscienze, con principi condivisi, proporre confini e prospettive ad una tecnologia che rischia di condizionare l’uomo anziché servirlo.
La disumanizzazione che l’IA potrebbe indurre rappresenta infatti una minaccia concreta per l’umanità veicolata dallo strapotere delle multinazionali tecnologiche non particolarmente interessate a tutelare i diritti dei nuovi lavoratori dell’algoritmo, osservando la complessità di questa sfida e guardando ad un nuovo umanesimo digitale.
Infine, permettetemi questa riflessione. Come Leone XIII difese l’uomo da una rivoluzione industriale acritica e acefala, così Leone XIV dovrà difenderlo dalle macchine intelligenti ma senza anima. Infatti, in ambedue i casi l’essenza del tema resta identico: è possibile custodire la dignità umana difronte ad un cambiamento così profondo? Affidare le sorti umane a degli algoritmi rappresenta un vero azzardo che il magistero della Chiesa vorrebbe avversare con gli strumenti della cultura, della morale, della fede, della carità, della speranza. Papa Leone XIV potrebbe rappresentare un argine per limitare la “cultura tecnocratica” che rischia di travolgere uomini, istituzioni, economie, società.
[*] Dirigente INL, Direzione Centrale Risorse - Uff. III° - Bilancio e Patrimonio. Professore a contratto c/o Università Tor Vergata, titolare della cattedra di “Sociologia dei Processi Economici e del Lavoro” nonché della cattedra di “Diritto del Lavoro”. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.
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