Anno XIII - n° 71

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Settembre/Ottobre 2025

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Anno XIII - n° 71

Settembre/Ottobre 2025

Lavoratori affetti da malattie oncologiche

Più tutela, ma anche un’occasione mancata


di Pietro Napoleoni [*]

Pietro Napoleoni

Un passo in avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori. Con l’approvazione da parte della Camera il 25 marzo 2025, e da parte del Senato l’8 luglio, con il voto favorevole di tutti i gruppi politici, i quasi quattro milioni di lavoratori malati oncologici potranno contare su una norma di carattere generale, la legge 18 luglio 2025, n. 106, che contiene disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in loro favore.

Un intervento legislativo che pur entrando in un ambito di competenza delle parti sociali, limitandone oggettivamente gli spazi negoziali, si fa comunque carico di garantire una tutela a quell’area del mercato del lavoro caratterizzato da una frammentazione della rappresentanza sindacale che ripercuote poi i suoi effetti sulla contrattazione collettiva, in modo particolare nei settori del terziario, distribuzione, turismo e servizi vari.

La legge prevede il diritto a congedi non retribuiti e a permessi di lavoro per visite ed esami strumentali per i lavoratori affetti da malattia oncologica, o affetti da malattie invalidanti e croniche.

Più in particolare, l’articolo 1, commi 1 e 2, riconosce il diritto a un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a 24 mesi, non retribuito e con conservazione del posto di lavoro, per i lavoratori dipendenti, pubblici o privati affetti da malattie oncologiche, oppure da malattie invalidanti o croniche, anche rare, che comportino un grado di invalidità pari o superiore al 74 per cento. 

Durante il periodo di congedo il dipendente non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa, fatti salvi, in via concorrente altri benefici economici o giuridici.

La fruizione del congedo può decorrere una volta esauriti gli altri periodi di assenza giustificata, con o senza retribuzione, spettanti al dipendente a qualunque titolo.

Non è computato nell’anzianità di servizio e né ai fini previdenziali, ma il dipendente può comunque procedere al riscatto, ai fini previdenziali, del periodo di congedo mediante il versamento dei relativi contributi sulla base della disciplina prevista per la prosecuzione volontaria della contribuzione. Sono comunque fatte salve le disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva.

L’articolo 2 prevede, con decorrenza dall’anno 2026, per i medesimi lavoratori e i loro figli minorenni affetti dalle medesime malattie e condizioni di invalidità, il diritto a dieci ore annue di permesso con relativa indennità e copertura previdenziale figurativa. Tale indennità è corrisposta, nel settore privato, direttamente dal datore di lavoro che, successivamente effettua il conguaglio, con i contributi dovuti all’ente previdenziale. Nel settore pubblico le amministrazioni provvedono, nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale, alla sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche, nonché del personale per il quale è prevista la sostituzione obbligatoria.

L’articolo 3 prevede l’istituzione di un fondo per il conferimento di premi di laurea intitolati alla memoria di pazienti affetti da malattie oncologiche.

Fin qui i contenuti del provvedimento che, occorre dire, appaiono piuttosto modesti anche se costituiscono comunque un contributo positivo verso la conservazione del posto di lavoro per i malati oncologici. Infatti, a fronte del congedo di due anni senza perdere il posto di lavoro non viene previsto alcun supporto economico nella particolare contingenza nella quale precipita il malato oncologico, e non viene prevista alcuna copertura contributiva seppure figurativa; inoltre, nel periodo, non viene consentito lo svolgimento di altre attività pur compatibili con il particolare stato.

Il provvedimento, a chiusura della norma sulla conservazione del posto di lavoro, (art.1, comma 1), non manca di fare “salve le disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva”. Un riferimento che si connota per la sua genericità. Appare necessario rilevare che la semplice espressione contrattazione collettiva non consente di individuare la norma contrattuale applicabile al caso di specie considerato lo stato di diffusa incertezza generato dalla proliferazione dei contratti collettivi (se ne contano 866 depositati al CNEL) gran parte dei quali sottoscritti “al ribasso” da sindacati minoritari e associazioni imprenditoriali poco rappresentative delle parti sociali, tra i quali i datori di lavoro possono scegliere quello da applicare come da un menu à la carte. Eppoi è appena il caso di ricordare che con il Decreto Legge del 2 marzo 2024, n. 19, il Governo, l’attuale governo, ha introdotto anche la figura del contratto collettivo maggiormente applicato nella zona dove si svolge l’attività.

È comunque utile rammentare che il procedimento per rendere obbligatorie le norme dei contratti collettivi è quello previsto dall’articolo 39 della Costituzione rimasto tuttora inattuato. E l’ordinamento non prevede scorciatoie che possano conferire efficacia erga omnes a norme di contratti collettivi di diritto comune.

Tuttavia, e al di là dei contenuti preme sottolineare il positivo contesto parlamentare che ha condotto all’approvazione del provvedimento all’unanimità, anche superando l’ordinaria dialettica tra maggioranza e opposizione, segno della generale condivisa sensibilità verso il tema. Una sorta di patto solidaristico che si è manifestato anche in sede di svolgimento degli ordini del giorno, anche quelli presentati dalle forze di opposizione e accettati dal governo, previa riformulazione, nei quali viene chiesto un generico impegno al Governo di valutare l’opportunità, nel rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di adottare ulteriori iniziative volte a definire e stanziare le risorse occorrenti per rafforzare le tutele dei lavoratori con gravi patologie oncologiche.

Nella sostanza, a fronte di una legge con modesti contenuti vengono chiesti al governo impegni generici privi di una qualunque prospettiva di rafforzamento delle tutele.

Occorre prendere atto che è mancata e continua a mancare una risposta adeguata rispetto ad un problema di grande impatto sulla vita quotidiana dei lavoratori e delle loro famiglie che oltre agli effetti depressivi della malattia debbono affrontare la minaccia della perdita del posto di lavoro e di un sostentamento.

Parlamento e governo intervengono con ritardo anche rispetto ad una consolidata attenzione che, almeno da due decenni, la contrattazione collettiva, sia del settore privato che pubblico, ha dedicato alla problematica riguardante i lavoratori affetti da “neoplasie o da malattie gravi che richiedono terapie salvavita”. Una disciplina, quella contrattuale, variamente articolata nelle diverse categorie ma che comunque ha consentito a migliaia di lavoratori di prolungare l’ordinario periodo di assenza seppure senza stipendio. Anche con tutti i limiti di applicazione dei contratti collettivi di diritto comune.

Ma governo e parlamento hanno manifestato disattenzione anche in riferimento ad un consolidato orientamento della giurisprudenza (per tutte Cass. n. 11731/2024) a tutela dell’interesse del lavoratore, affetto da malattie gravi, a disporre di un congruo periodo di assenza per ristabilirsi, nella considerazione che l’applicazione dell’ordinario periodo di comporto ad un dipendente disabile costituisca una forma di discriminazione indiretta. Anche in applicazione della direttiva europea 2000/78/CE che introduce il concetto di soluzioni ragionevoli per i disabili, per garantire loro il rispetto del principio della parità di trattamento. Quadrato Rosso

Riferimenti normativi


LEGGE 18 luglio 2025, n. 106
Disposizioni concernenti la conservazione del posto di lavoro e i permessi retribuiti per esami e cure mediche in favore dei lavoratori affetti da malattie oncologiche, invalidanti e croniche. (25G00114)

Art. 1
Conservazione del posto di lavoro

1. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, affetti da malattie oncologiche, ovvero da malattie invalidanti o croniche, anche rare, che comportino un grado di invalidità pari o superiore al 74 per cento, possono richiedere un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a ventiquattro mesi. Durante il periodo di congedo il dipendente conserva il posto di lavoro, non ha diritto alla retribuzione e non può svolgere alcun tipo di attività lavorativa. Il congedo è compatibile con il concorrente godimento di eventuali altri benefici economici o giuridici e la sua fruizione decorre dall'esaurimento degli altri periodi di assenza giustificata, con o senza retribuzione, spettanti al dipendente a qualunque titolo. Il periodo di congedo non è computato nell'anzianità di servizio né ai fini previdenziali. Il dipendente può comunque procedere al riscatto del periodo di congedo mediante versamento dei relativi contributi, secondo quanto previsto per la prosecuzione volontaria dalla normativa vigente. Sono comunque fatte salve le disposizioni più favorevoli previste dalla contrattazione collettiva o dalla disciplina applicabile al rapporto di lavoro.

2. La certificazione delle malattie di cui al comma 1 è rilasciata dal medico di medicina generale o dal medico specialista, operante in una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata, che ha in cura il lavoratore. Ai fini della verifica e del controllo delle condizioni previste, possono essere utilizzati i dati disponibili nel Sistema tessera sanitaria e nel fascicolo sanitario elettronico, secondo le modalità definite dalla normativa vigente.

3. Per le malattie di cui al comma 1 la sospensione dell'esecuzione della prestazione dell'attività svolta in via continuativa per il committente da parte di un lavoratore autonomo, di cui all'articolo 14, comma 1, della legge 22 maggio 2017, n. 81, si applica per un periodo non superiore a trecento giorni per anno solare.

4. Decorso il periodo di congedo di cui al comma 1, il lavoratore dipendente, per lo svolgimento della propria attività lavorativa, ha diritto ad accedere prioritariamente, ove la prestazione lavorativa lo consenta, alla modalità di lavoro agile ai sensi del capo II della legge 22 maggio 2017, n. 81.


Art. 2
Permessi di lavoro per visite, esami strumentali e cure mediche

1. I dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati, affetti da malattie oncologiche in fase attiva o in follow-up precoce, ovvero da malattie invalidanti o croniche, anche rare, che comportino un grado di invalidità pari o superiore al 74 per cento, previa prescrizione del medico di medicina generale o di un medico specialista operante in una struttura sanitaria pubblica o privata accreditata, hanno diritto di fruire, in aggiunta alle tutele previste dalla normativa vigente e dai contratti collettivi nazionali di lavoro in relazione alla diversa disciplina dei rapporti di lavoro, di ulteriori dieci ore annue di permesso, con riconoscimento dell'indennità di cui al comma 2 e della copertura figurativa, per i periodi utilizzati per visite, esami strumentali, analisi chimico-cliniche e microbiologiche nonché cure mediche frequenti. Il diritto di cui al primo periodo è riconosciuto anche ai dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati con figlio minorenne affetto da malattie oncologiche, in fase attiva o in follow-up precoce, ovvero da malattie invalidanti o croniche, anche rare, che comportino un grado di invalidità pari o superiore al 74 per cento.

2. Per le ore di permesso aggiuntive di cui al comma 1 si applica la disciplina prevista per i casi di gravi patologie richiedenti terapie salvavita e ai lavoratori compete un'indennità economica determinata nelle misure e secondo le regole previste dalla normativa vigente in materia di malattia.

3. Nel settore privato, l'indennità di cui al comma 2 è direttamente corrisposta dai datori di lavoro e successivamente dagli stessi recuperata tramite conguaglio con i contributi dovuti all'ente previdenziale.

4. Nel settore pubblico, le amministrazioni competenti provvedono alla sostituzione del personale docente, educativo, amministrativo, tecnico e ausiliario delle istituzioni scolastiche nonché del personale per il quale è prevista la sostituzione obbligatoria nel rispetto della contrattazione collettiva nazionale. Agli oneri derivanti dal presente comma, valutati in 1.240.000 euro annui a decorrere dall'anno 2026, si provvede a valere sul Fondo per il miglioramento dell'offerta formativa, che è incrementato di un corrispondente importo a decorrere dall'anno 2026.

5. Le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2026.

[*] Dopo la Scuola di specializzazione in diritto sindacale, è stato ispettore del lavoro, funzionario dell'Ufficio legislativo del Ministero del lavoro, dirigente nel Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, dirigente del settore legislativo della regione Campania, dirigente delle relazioni sindacali del comune di Roma. È autore di pubblicazioni in materia di organizzazione amministrativa del lavoro.

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