Si ha ancora addosso l’emozione, la rabbia e il senso di impotenza per i fatti di Napoli, dove, martedì venticinque luglio sono morte sul lavoro tre persone, due delle quali stavano lavorando in nero.
Le parole più appropriate per le tre vittime di Napoli, Vincenzo Del Grosso, Ciro Pierro e Luigi Romano, le ha pronunciate l’arcivescovo di Napoli: “Per questo non possiamo tacere. Non possiamo far finta che si tratti solo di una tragica fatalità. Non possiamo accettare che la morte sul lavoro diventi notizia da dimenticare. Non è stato il destino. È stata l’assenza delle regole. È stata la mancanza di sicurezza e di controllo, la superficialità di chi doveva proteggere. È stato il silenzio di chi sa e non interviene, è stata la fretta che mette il profitto sopra la vita, è stato un sistema che ancora oggi, nel 2025, espone al morire chi lavora per vivere. Questi nostri fratelli non sono morti per un caso. Sono stati uccisi da un’ingiustizia che ha nomi e responsabilità’’. La lettera pastorale di don Mimmo Battaglia, per la chiarezza, l’assenza di ipocrisia e l’alta umanità, irrompe, a pieno titolo, nella letteratura della prevenzione e sicurezza del lavoro. Una voce, quella di don Mimmo, che alimenta la speranza di poter svolgere tutti un lavoro fondato sulla dignità, legalità e sicurezza. Ma il demone della avidità è sempre all’opera e brutalmente ha colpito ancora lunedì quattro agosto, in Santa Maria di Sala, un comune in provincia di Venezia.
Due lavoratori di nazionalità egiziana, Sayed Abdelwahab Hamad Mahmoud di 39 anni e Saad Abdou Mustafa Ziad di 21 anni, verso le ore dieci del mattino del quattro agosto, sono finiti all’interno della fossa biologica di una casa per civile abitazione e sono morti. Probabilmente sono stati tramortiti dalle esalazioni, il secondo nell’intento di aiutare il primo, che si era introdotto nella vasca, entrato a sua volta, ha perso anch’esso la vita. I Vigili del Fuoco hanno estratto entrambi dai liquami. La disgraziata vicenda, a oggi, appare assai aggrovigliata. I due lavoratori non erano stati assunti da nessuna impresa. Il più anziano, Sayed Abdelwahab Hamad Mahmoud, era arrivato in Italia attraverso la tratta libica e si era subito distinto per l’impegno nell’apprendimento della lingua italiana e la voglia di espletare il suo lavoro di imbianchino, era sposato e aveva due figlie piccole. Il più giovane, Saad Abdou Mustafa Ziad, era partito dall’Egitto nel 2023 e dopo la dura e lunga permanenza in Libia era giunto in Italia all’inizio di questo anno. Si dovrà identificare chi ha disposto l’impiego dei due lavoratori e l’incosciente accesso alla vasca e quali ne fossero le finalità.
Sorge spontanea la domanda: chi ha disposto tutto questo è un imprenditore e può fregiarsi del titolo di datore di lavoro? Il binomio lavoro in nero e mancanza assoluta di sicurezza costituisce un cocktail odioso. Pare essere attivo un corto circuito sociale in grado di produrre dolore e confusione. Da una parte il ribadito aumento statistico degli occupati, sia pure con basse retribuzioni e contratti a termine, dall’altra l’evidente e diffusa illegalità in vari settori produttivi, dall’iperturismo all’edilizia e all’agricoltura. Il tutto condito dal silenzio incomprensibile della Ministra del Lavoro e delle Politiche Sociali.
Cos’altro deve avvenire? Il duplice e assurdo infortunio mortale successo in provincia di Venezia è avvenuto dopo solo dieci giorni dalla morte dei tre lavoratori di Napoli, caduti da venti metri di altezza. Pare quasi che si resti muti, immobili e defilati, in attesa di un ulteriore e drammatico evento.
Come non ricordare che a Venezia, il diciassette maggio di quest’anno, la non ancora maggiorenne Anna è morta annegata mentre lavorava in nero. La migliore e spietata foto della realtà è fornita dai dati semestrali degli infortuni, per l’anno 2025, appena resi noti dall’INAIL.
INAIL - ITALIA: Infortuni mortali gennaio/giugno 2025 |
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2025 | 2024 | |
Infortuni mortali sul lavoro | 357 | 358 |
Infortuni mortali in itinere | 138 | 104 |
Totale | 495 | 462 |
INAIL - VENETO: Infortuni mortali gennaio/giugno 2025 |
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2025 | 2024 | |
Infortuni mortali sul lavoro | 36 | 16 |
Infortuni mortali in itinere | 15 | 11 |
Totale | 51 | 27 |
Nel corso del primo semestre gli infortuni mortali in Veneto sono pressoché raddoppiati, da ventisette a cinquantuno. Gli infortuni mortali sul lavoro denunciati sono passati da sedici a trentasei, più che raddoppiati e quelli in itinere da undici a quindici.
INAIL - VENETO: Infortuni sul lavoro gennaio/giugno 2025 |
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2025 | 2024 | |
Infortuni sul lavoro | 24.755 | 24.565 |
Infortuni in itinere | 5.184 | 5.496 |
Totale | 29.939 | 30.061 |
La lieve riduzione del totale degli infortuni avvenuti in Veneto, nel corso del primo semestre, pari a 122 casi, consola poco, perché in realtà gli infortuni sul lavoro sono aumentati di centonovanta unità e, per fortuna, sono diminuiti di trecentododici casi quelli in itinere.
I fatti di Napoli e di Venezia del venticinque luglio e del quattro agosto, hanno privato della vita cinque persone e, di queste, quattro lavoravano in nero. Un episodio molto grave, indicatore di un degrado assai avanzato e molto pericoloso per la convivenza civile. Pare che il filo conduttore sia il guadagno a qualsiasi costo, senza regole e l’assenza totale di remore etiche, a danno dei deboli. La presunta riduzione dei costi non giustifica in alcun modo tale situazione e per altro costituisce una odiosa e ingiusta concorrenza per le imprese che scelgono la legalità e la eticità. Il contrasto del lavoro svolto senza dignità, legalità e sicurezza è antico e duraturo. Un groviglio assai complicato in grado di coalizzare, di fatto, interessi contrapposti e diversamente generati: la smodata avidità individuale, la collettività che non riesce a ottenere il completo rispetto delle regole previste e l’esigenza primaria dei poveri di garantirsi, a qualsiasi costo – anche della vita – il necessario per offrire alla propria famiglia e a se stessi almeno la sopravvivenza.
[*] Già ispettore INAIL - Cultore della materia
Messaggio del 31 luglio 2025 dell'Arcivescovo e Cardinale di Napoli, Don Mimmo Battaglia, in occasione dei funerali di Vincenzo Del Grosso, Ciro Pierro e Luigi Romano |
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Il messaggio del giorno trentuno luglio di don Mimmo Battaglia, arcivescovo e cardinale di Napoli ha suscitato tanta emozione. Pare utile riproporlo alle lettrici e ai lettori nella sua interezza, senza alcun commento, che di sicuro risulterebbe non necessario.
«Fratelli e sorelle, oggi il nostro cuore, il cuore della nostra Chiesa napoletana è attraversato da un dolore profondo per la morte di Vincenzo, Ciro, e Luigi. Tre uomini, tre lavoratori, tre storie spezzate mentre con dignità guadagnavano il pane per vivere. Erano in un cantiere, su un mezzo di sollevamento ma in un attimo è crollato tutto: il cestello, il giorno, i sogni, le promesse. È crollato, ancora una volta, quel patto sacro che dovrebbe tenere insieme lavoro e sicurezza, fatica e dignità. Per questo non possiamo tacere. Non possiamo far finta che si tratti solo di una tragica fatalità. Non possiamo accettare che la morte sul lavoro diventi notizia da dimenticare. Non è stato il destino. È stata l’assenza delle regole. È stata la mancanza di sicurezza e di controllo, la superficialità di chi doveva proteggere. È stato il silenzio di chi sa e non interviene, è stata la fretta che mette il profitto sopra la vita, è stato un sistema che ancora oggi, nel 2025, espone al morire chi lavora per vivere. Questi nostri fratelli non sono morti per un caso. Sono stati uccisi da un’ingiustizia che ha nomi e responsabilità. E la Chiesa di Napoli, che prega per le vittime ed esprime alle famiglie e agli amici di Vincenzo, Ciro e Luigi tutta la sua vicinanza, sente anche il dovere di gridarlo. E di dire, ancora una volta, basta. Basta alle parole che coprono! Basta agli appalti senza scrupoli! Basta alla piaga devastante del lavoro nero! Il lavoro deve possibilità di vita e non rischio di morte. Deve promuovere la dignità, non mettere in pericolo. Chi lavora ha diritto a tornare. A tornare la sera, a tavola, con le mani sporche ma il cuore salvo. A tornare a stringere i figli, a salutare gli amici, a dire “ci vediamo domani”. Ecco perché oggi il nostro lutto non può essere solo commozione. Deve diventare impegno. Deve diventare voce. Deve farsi lotta per una giustizia sociale che non sia parola astratta, ma carne viva di regole rispettate, controlli veri, dignità tutelata. Mentre celebriamo la Pasqua di questi nostri fratelli, mentre li affidiamo al Dio della vita che non lascia nulla e nessuno cadere nel vuoto, facciamoci noi stessi Vangelo vissuto: diventiamo sempre più una Chiesa che consola, ma anche denuncia; che prega, ma anche si espone; che accompagna il dolore senza mai rassegnarsi. Alle famiglie di Vincenzo, Luigi, Ciro dico: il vostro dolore è il nostro. Il vostro Vescovo e tutta la Chiesa di Napoli è con voi! E vuole esservi accanto in questo momento di smarrimento e dolore condividendo con voi la certezza che il Crocifisso Risorto donerà a questi vostri cari ciò che la nostra società non ha saputo dare: rispetto, amore, sicurezza e rifugio! Agli amici, ai compagni, ai colleghi di Vincenzo, Luigi e Ciro, e a tutta la nostra gente, chiedo di non restare indifferenti. Non lasciamo che la loro memoria svanisca nel rumore dei giorni. Non permettiamo che il loro sangue venga assorbito dall’asfalto freddo della rassegnazione. Facciamo in modo che la loro morte non sia una fine, ma un inizio. Un inizio che diventa seme. Seme di giustizia, seme di tutela, seme di vita nuova. Seme che germoglia ogni volta che una regola viene rispettata, ogni volta che un lavoratore viene protetto, ogni volta che la dignità umana viene messa al primo posto. Vincenzo, Luigi, Ciro, in paradiso vi accolga Giuseppe di Nazareth, che come voi ha conosciuto il sudore delle mani, le giornate lunghe e il peso della fatica. Sia lui, uomo giusto, a prendervi per mano e a condurvi tra le braccia tenere e misericordiose del Padre. Riposate nella pace che meritate. E vegliate su di noi, su questo nostro territorio, su ogni cantiere, su ogni operaio, su ogni casa che si costruisce. La vostra morte non cada nel vuoto, ma diventi grido che sveglia le coscienze, memoria che educa e genera un futuro diverso, vento capace di spezzare via l’avidità e l’indifferenza. Il vostro nome resti vivo nella coscienza di tutti, e sia seme buono per un futuro in cui il lavoro non uccida, ma generi vita, dignità e speranza». |
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