L’intelligenza artificiale rappresenta il futuro e questo è ormai un dato certo. Fino a che punto stravolgerà i sistemi esistenti è ancora un’incognita.
Certo è che la tecnologia sta rivoluzionando il modo in cui gestiamo le nostre vite e il settore previdenziale non fa eccezione.
Una rivoluzione copernicana in tale ambito è stata prospettata dalla direttrice generale dell’INPS Valeria Vittimberga lo scorso 4 luglio durante un’intervista a cura della trasmissione Codice in onda sul primo canale Rai.
L’idea di fondo è quella di valutare il capitale computazionale del lavoratore, dati, input, sapere, relazioni, tutto il patrimonio immateriale che ha creato durante gli anni di servizio e che lascia presso il luogo di lavoro continuando a produrre utile e valore.
Non si tratta di fantascienza né di astratte elucubrazioni futuristiche, ma della presa d’atto di una realtà concreta che comporta un cambio culturale dello stesso concetto di lavoro non legato più esclusivamente alla produzione e alla presenza fisica.
I pensionati continuerebbero a produrre anche nella fase di quiescenza attraverso le reti create, gli algoritmi accuratamente addestrati e con tramonto definitivo dello stato di inattività che segue alla cessazione di servizio.
Grazie all’intelligenza artificiale generativa il gemello digitale (digital twin) imparerà a svolgere le mansioni lavorative anche correggendo errori dell’essere umano e aumentandone, in tal modo, l’efficienza.
Il gemello digitale è una replica virtuale della persona fisica che può essere utilizzato per simulare, analizzare e ottimizzare il suo comportamento nel mondo reale e, nel contesto previdenziale, può includere dati sui beneficiari, sulle prestazioni e sui contributi.
Diversi gli interrogativi che tale prospettiva pone.
In primis, quello relativo alla proprietà intellettuale dei contenuti utilizzati, perché anche se l’intelligenza artificiale, per ora, è in open source, non è detto che lo sia per sempre.
Inoltre, il gemello digitale diventerebbe parte del lavoro per cui si è pagati, quindi, di proprietà dell’azienda o ente di appartenenza che ne potrebbe beneficiare anche dopo il pensionamento senza sopportare i costi del lavoratore.
Ed è questo che rappresenta il valore aggiunto, probabilmente, anche a livello previdenziale.
In tal senso il gemello digitale potrebbe essere utilizzato per prevenire e prevedere mancanza di fondi nelle gestioni pensionistiche o necessità di aumento dei contributi tenuto anche conto degli imminenti pensionamenti della generazione “baby boomer” che potrebbero creare problemi per il sistema pensionistico per l’adozione del sistema retributivo.
Un netto capovolgimento della prospettiva, sintomo di un Paese che cambia e invecchia con una percentuale altissima di pensionati a fronte di un calo demografico preoccupante.
L’applicazione del gemello digitale nelle prestazioni pensionistiche presenta anche alcune sfide tra cui la gestione della sicurezza dei dati e della privacy delle persone fisiche e l’integrazione con i sistemi previdenziali esistenti che potrebbe richiedere significativi investimenti significativi in termini di tempo e di risorse.
Inoltre, di tutto questo patrimonio immateriale non vi sarebbe traccia nella prestazione pensionistica versata al lavoratore né a livello di quantificazione del beneficio né per il computo di contributi necessari al raggiungimento della pensione.
La produttività, il know-how dovrebbe essere valorizzato sia durante lo svolgimento dell’attività lavorativa che nello stato di quiescenza.
La competenza circa la valutazione del prodotto intangibile resta un interrogativo aperto che rischia di creare pericolosi monopoli o oligopoli con la nascita di nuove lobby di potere a svantaggio dei profitti dei lavoratori.
Tuttavia, le opportunità offerte sono rilevanti in particolare nell’ottica di un efficientamento e miglioramento delle prestazioni pensionistiche e di un sistema previdenziale sempre più liquido. È auspicabile, pertanto, una valutazione approfondita sull’eventualità prospettata evitando chiusure aprioristiche dettate da pregiudizi dovuti alle ancora scarne conoscenze sul funzionamento dell’intelligenza artificiale.
[*] In servizio presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, DG Politiche Previdenziali e Assicurative, Divisione I. Le considerazioni contenute nel presente articolo sono frutto esclusivo del pensiero dell’autore e non hanno in alcun modo carattere impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.
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