Effemeridi - Letterina di Natale

Per sorridere un po’
di Fadila

Fadila 12… con largo anticipo

Certo, andava scritta più a ridosso del santo giorno, ma l’anticipazione è dovuta a uno stato di necessit perché il prossimo numero del giornale uscirà a gennaio avanzato. Pertanto, cari lettori abbiate tanta comprensione. D’altra parte, In questi giorni le città sono già vestite a festa per il Natale. Luminarie, addobbi, vetrine scintillanti che espongono ogni tipo di leccornia e un’infinità di beni che si trasformeranno presto in doni. Tanti, tanti anni fa, invece, quando ero bambino, nel periodo a cavallo tra l’asilo e le elementari, tutto era più modesto. Mica c’erano, ad esempio, le decine di tipi degli odierni panettoni per soddisfare ogni palato, ma uno solo, quello tradizionale forbito di canditi e uva passa, o mangiavi quella minestra o ti buttavi dalla finestra, come allora si diceva. Poi, i regali desiderati non li portava Babbo Natale di cui ne ignoravo addirittura l’esistenza, ma la dolce, simpatica e generosa vecchietta a cavallo di una scopa com’era raffigurata la Befana che arrivava puntuale nella notte tra il cinque e sei gennaio. La gioia era infinita, forse maggiore di quella di oggi, anche se i doni erano lo specchio dello stato d’indigenza di gran parte degli italiani dell’epoca. Poveri, ma pieni di entusiasmo e di speranza per il futuro, dopo gli anni bui e sofferti della guerra.

La mattina del sei gennaio il grezzo calzettone di lana di mia nonna mi appariva gonfio all’inverosimile. Ma, era più fumo che arrosto. Subito un bel libro per ragazzi, poi un giocattolino di latta, quindi fichi secchi, qualche mandarino e tanto carbone. Carbone vero, recuperato per tempo dal camino, non quello dolce e commestibile di oggi, la cui quantità mi sembrava troppo punitiva per quel che meritassi. Mi sfuggiva il fatto che oltre ad essere un indice dei miei comportamenti era anche un modo per riempire un contenitore troppo capiente per le modeste risorse disponibili. Eppure quei piccoli doni mi rendevano lungamente felice e mi aiutavano a sognare una vita diversa e a caricarmi per raggiungerla; un sentimento comune a un’intera generazione.

La data era alquanto infelice perché la contentezza era temperata dal pensiero che il giorno successivo si tornava a scuola. Però, un’altra occasione per rimediare qualcosa c’era e pur senza Babbo Natale, il pranzo di Natale ne rappresentava il momento. A tavola, infatti, mio padre ogni anno, immancabilmente, trovava, con finta sorpresa, sotto il suo piatto, una letterina di buoni propositi da me scritta con grande fatica e qualche errore di troppo (allora in prima e in seconda elementare l’apprendimento del leggere e scrivere era molto più laborioso di oggi).

Dopo la lettura davanti a tutta la famiglia raccolta intorno al desco, mi compensava con qualche lira, appena sufficiente per acquistare uno dei miei fumetti preferiti. Una fiaba che si è conclusa con la fine dell’età dell’innocenza.

Eppure oggi sento di nuovo la necessità di scriverne una, sia pure con largo anticipo al Padre Eterno, perché mandi dei doni a chi dico io. Tante vagonate di carbone da seppellirli per sempre ai radicalisti islamici dell’ISIS che in odio all’umanità spengono vite innocenti di ogni età, razza e credo. Una vagonata di carbone a ciascuno di quei politici che anziché fare gli interessi della collettività brigano per arricchirsi; a quelli tra i dipendenti pubblici che con il loro comportamento gettano un’ombra su tutta la categoria; ai giornalisti che coinvolgono indistintamente tutti per il comportamento ignobile di pochi lavativi; a chi predica solo a parole, pur avendo il potere di intervenire, la solidarietà sociale e la lotta alla povertà; a quei preti che invece di salvare le anime pensano solo al loro corpo e al proprio conto in banca oppure sniffano a vanno al carnevale di Rio con l’otto per mille dei credenti creduloni.

Guardando in casa nostra, una vagonata a chi ostacola la riforma della vigilanza e per far questo le spara grosse come ha fatto, ad esempio,il presidente dell’Inps alla commissione parlamentare; ai responsabili politici e burocratici del Ministero del Lavoro succedutisi nel tempo che non hanno fatto e non fanno nulla per sanare le sperequazioni esistenti tra chi pur facendo lo stesso lavoro ha percorsi professionali retribuzioni e indennità differenti; per dirla papale, papale a chi ha umiliato e continua a umiliare gli ispettori del Ministero del Lavoro.

E poi, infine, a me stesso, che, nonostante l’impegno e i sacrifici di tanti anni, non sono riuscito nell’intento di fare giustizia di queste diseguaglianze. Quadrato Verde


© 2013-2022 - Fondazione Prof. Massimo D'Antona