Anno V - N° 27

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2018

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Anno V - N° 27

Maggio/Giugno 2018

Pubblico impiego: tante le novità nel nuovo CCNL

Firmato il rinnovo per le amministrazioni centrali

di Dorina Cocca e Tiziano Argazzi [*]

Cocca Argazzi 26

Introduzione

 
Qualche giorno prima di Natale dell’anno passato, a nove anni dalla sottoscrizione degli ultimi accordi relativi a Ministeri, Agenzie fiscali ed Enti pubblici non economici, l’Aran ed i sindacati (Cgil, Cisl, Uil, Confsal, Federazione Intesa e Cisal) hanno sottoscritto il nuovo contratto del Comparto Funzioni Centrali[1]. L’articolato che ha fatto da “apripista” per quelli degli altri tre Comparti è stato firmato in via definitiva il 12 febbraio u.s. e da tale data pienamente applicabile. Il testo completo è stato pubblicato sul Supplemento Ordinario n. 29 alla Serie generale della Gazzetta Ufficiale n. 131 dell’8 giugno u.s..

A giudizio dei sottoscrittori, il nuovo CCNL (nel seguito “Contratto”)segna la ripresa del ruolo della contrattazione che alcune norme di legge, intervenute negli anni di vigenza del precedente, avevano praticamente ingessato.Gli stessi sottoscrittori riconoscono al nuovo “Contratto” un ulteriore pregio: essere un Testo Unico nel quale sono stati ridefiniti tutti gli istituti contrattuali per una lettura organica.

Il testo, composto da 96 articoli distribuiti in dieci Titoli e 14 Capi, ruota attorno a quattro grandi blocchi che si possono così riassumere: (a) Parte normativa, (b) Ordinamento professionale, (c) Trattamento economico e (d) Relazioni sindacali.

Per quanto concerne la Parte normativa, il “Contratto” prevede interessanti novità finalizzate ad una maggiore conciliazione tra vita lavorativa e vita familiare[2].

Al riguardo viene introdotta, all’art. 27, la “Banca delle Ore” per permettere una maggiore flessibilità nella fruizione delle eventuali ore prestate di lavoro straordinario o supplementare ed il potenziamento dell’orario di lavoro flessibile. Poi all’articolo 30 si parla di “ferie solidali”, una assoluta novità, per permettere ai dipendenti di cedere, volontariamente e gratuitamente, parte delle proprie ferie ad altri dipendenti che abbiano l’esigenza di “prestare assistenza a figli minori che necessitino di cure costanti, per particolari condizioni di salute”.

Le ferie cedibili sono:

  1. le giornate di ferie ancora da fruire ed eccedenti le quattro settimane annuali di cui il lavoratore deve necessariamente fruire ai sensi dell’articolo 10 del D.Lgs. 66/2003;

  2. le quattro giornate di riposo ascrivibili alle festività soppresse.

Di grande rilevanza sociale anche l’art. 36 che riguarda le lavoratrici vittime di violenza, con la previsione di appositi congedi retribuiti (massimo 90 giorni lavorativi da fruirsi nell’arco temporale di tre anni, decorrenti dalla data di inizio del percorso di protezione certificato) e la possibilità di ottenere il trasferimento ad altra Amministrazione pubblica ubicata in comune diverso da quello di residenza, in tempi rapidi e con procedure agevolate e previa comunicazione all’amministrazione di appartenenza.

Sono state anche rafforzate le sanzioni a carico dei molestatori. In applicazione dell’art. 62 co.8 del “Contratto”, in prima battuta all’autore della violenza sarà comminata una sospensione dal servizio e dalla retribuzione da undici giorni a sei mesi ed in caso di reiterazione della condotta scatterà il licenziamento con preavviso.

Infine, con l’art. 80, viene disciplinato il “welfare integrativo” stabilendo che in sede di contrattazione integrativa le Amministrazioni hanno la possibilità di disciplinare la concessione ai propri dipendenti di benefici di natura assistenziale e sociale quali, ad esempio, sussidi e rimborsi; prestiti per chi è in difficoltà ad accedere al credito bancario o che sia nella necessità di affrontare spese non differibili e polizze sanitarie integrative delle prestazioni erogate dal Servizio Sanitario Nazionale.

Per quanto invece attiene all’Ordinamento professionale, il “Contratto” dedica l’intero art. 12 al Sistema di classificazione professionale, definendo le condizioni per addivenire all’adeguamento di inquadramenti e profili delle Amministrazioni confluite nel Comparto delle Funzioni centrali.

La revisione dell’attuale ordinamento è affidata ad una Commissione paritetica, costituita presso l’Aran, che dovrà in tempi celeri elaborare una proposta che metta in relazione le competenze istituzionali delle Amministrazioni Pubbliche, negli anni profondamente cambiate, con inquadramenti e profili professionali: tutto questo con l’obiettivo di assicurare una ottimale gestione dei processi lavorativi.

Al capitolo del Trattamento economico vengono riservati ben 11 articoli, dal 69 al 79, e quattro tabelle;queste ultime ricomprendenti, nell’ordine: (A) gli incrementi mensili della retribuzione tabellare, (B) la nuova retribuzione tabellare annua, (C) il conglobamento dell’IVC (Indennità di vacanza contrattuale) nella retribuzione tabellare ed, infine, (D) l’elemento perequativo, corrisposto per 10 mensilità relativamente al periodo 1 marzo – 31 dicembre 2018.

Da ultimo due parole sul Sistema delle Relazioni sindacali che, a giudizio delle Parti firmatarie, è stato reso meno formale prevedendo un maggiore coinvolgimento delle OO.SS. anche in sede decentrata su temi (quali l’organizzazione del lavoro, attraverso la previsione di nuovi istituti partecipativi e contrattuali) che in precedenza erano riservati alla contrattazione a livello nazionale. L’importanza attribuita all’intera materia la si desume anche dalla sua collocazione all’interno dell’articolato contrattuale, con inserimento al Titolo II subito dopo le Disposizioni Generali. Tra i livelli di relazione previsti dal “Contratto” un ruolo centrale viene sicuramente attribuito al “Confronto” inteso come dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione[3] con l’obiettivo di restituire alle OO.SS. del personale un ruolo di partecipazione attiva in merito alle determinazioni che la PA andrà ad assumere.

Cocca Argazzi 27 3 WAppare del tutto evidente che l’efficacia innovativa del “Contratto”, anche in relazione all’istituto del“Confronto”, dipenderà dalla capacità con cui la parte sindacale, principalmente in sede decentrata, sarà in grado, da un lato, di riappropriarsi di tutti gli spazi contrattuali previsti e, dall’altro, incidere in modo attivo e propositivo sulle determinazioni che la PA andrà ad adottare.

Dopo questa breve, ma necessaria introduzione, si affrontano nel seguito alcuni dei passaggi che hanno portato alla firma del nuovo “Contratto” (in primis l’accordo quadro fra Governo e Sindacati del 30 novembre 2016 e la direttiva Madia dell’estate scorsa) per poi approfondire alcuni degli istituti contenuti nel “Contratto”. Per ragioni di spazio in questo primo articolo si approfondirà la disciplina dei Permessi (artt. 31-34) e nel prossimo di Assenze per malattia, visite, terapie e prestazioni specialistiche (artt. 35 e 37). Infine nel terzo ed ultimo articolo si parlerà di Responsabilità disciplinare (artt. 60-66) ed Estinzione del rapporto di lavoro (artt. 67-68).
 

Dall’accordo quadro fra Governo e Sindacati alla Direttiva Madia per il rinnovo dei contratti

 
Dopo un periodo, lungo una decina d’anni, durante il quale il legislatore aveva via via sottratto spazio alla contrattazione collettiva, sancendo la prevalenza della legge sul contratto, dalla fine del 2016 tale situazione è andata progressivamente cambiando. È a tutti noto che il D.Lgs. n. 150/2009 aveva riservato alla contrattazione collettiva esclusivamente la determinazione dei diritti e degli obblighi relativi al rapporto di lavoro e le relazioni sindacali. Tale provvedimento aveva, da un lato, notevolmente compresso il potere negoziale pattizio al fine di cristallizzare il nuovo assetto delle relazioni sindacali e, dall’altro, sancito il principio della inderogabilità delle norme contenute nella stessa legge da parte della contrattazione collettiva[4].

Il siffatto impianto normativo è stato oggetto di una profonda rivisitazione, il cui primo tassello è stato la Legge 7 agosto 2015 n. 124 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche).

Il secondo tassello è stato l’accordo del 30 novembre 2016, sottoscritto a Palazzo Vidoni, fra Governo e CGIL, CISL e UIL, che ha gettato le basi per la riqualificazione delle relazioni sindacali e la riapertura delle trattative per il rinnovo dei contratti collettivi fermi da quasi dieci anni. Tanti i punti qualificanti, a cominciare dal paragrafo relativo alle “Relazioni sindacali” dove viene chiaramente espresso che il Governo, al fine di qualificare tali relazioni, si impegna ad intervenire per via legislativa per riportare nell’alveo della contrattazione molte delle materie che il D.Lgs. 27.10.2009 n. 150 (noto come Riforma Brunetta) aveva di fatto riservato alla legge ed a riformare l’art. 40, comma 3 ter del D.Lgs. 165/2001[5] per vincolare il ricorso all’atto unilaterale motivato della PA ai soli casi in cui il perdurare dello stallo nelle trattative – per un periodo di tempo da definirsi puntualmente nei CCNL di comparto – determini un pregiudizio economico all’azione amministrativa.

Nelle intenzioni delle parti, il ricorso all’atto unilaterale (la cui durata massima di vigenza deve essere stabilita dai CCNL) viene ammesso solo dopo avere esperito tutte le procedure negoziali e nel rispetto della correttezza dei rapporti tra le parti.

Con riguardo invece alla “Parte economica” si dà atto che il Governo si impegna a riconoscere in sede di rinnovo dei contratti incrementi economici in linea con quelli riconosciuti ai lavoratori privati e comunque non inferiori ad 85 euro mensili medi. Nello stesso paragrafo si rende evidente anche l’impegno delle parti a garantire, in sede di contrattazione, che gli aumenti valorizzino prioritariamente i livelli retributivi che più hanno sofferto la crisi economica ed il blocco della contrattazione.

Altro punto qualificante dell’accordo è il miglioramento della qualità dei servizi e della produttività del lavoro, da perseguire attraverso una pluralità di strumenti, tra cui misure contrattuali atte ad incentivare più elevati tassi medi di presenza ed azioni finalizzate al miglioramento dell’ambiente organizzativo e del lavoro, il welfare contrattuale e la previdenza complementare

Cocca Argazzi 27 2 WIl 6 luglio del 2017 il Ministro per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione,ha trasmesso all’Aran “l’atto di indirizzo per la riapertura dei tavoli di contrattazione”. Questo è stato il terzo tassello del percorso detto in precedenza. Tale documento – da tutti identificato come “Direttiva Madia” – ha elencato, in premessa, i passaggi che hanno creato le condizioni di contesto e la indispensabile nuova cornice regolatoria di riferimento, per l’apertura del negoziato. Gli strumenti di regolazione finalizzati a dare concretamente corso al mutamento di prospettiva sono stati:

  1. Lo stanziamento di risorse a decorrere dal 2016 ed i nuovi ed ulteriori stanziamenti per il 2017 e 2018 previsti dalla legge di stabilità 2016 e la legge di bilancio 2017;
  2. L’approvazione dei due decreti legislativi n. 74 e n. 75 entrambi datati 25 marzo 2017. Con il primo, dedicato in particolare alla valutazione della performance dei lavoratori pubblici, si è restituita alla contrattazione collettiva la competenza in materia di valutazione del personale e di performance collettiva e individuale, svincolando progressivamente i parametri della produttività, dalle rigide fasce di merito predeterminate ex ante dal legislatore. Il secondo invece integra e modifica il D.Lgs. 30.03.2001 n. 165, in conformità alla delega prevista dalla Legge 7 agosto 2015, n. 124, sulla riorganizzazione delle Pubbliche amministrazioni.
     

I permessi retribuiti Artt. 31-34

 
Come detto in premessa, in questa sede non è possibile affrontare tutte le materie del “Contratto”, molte delle quali a contenuto innovativo. In questo primo articolo si esamineranno gli artt. 31-34 che disciplinano la fruizione dei permessi, la cui portata è di rilevante attualità.

L’art. 31, con rubrica “Permessi retribuiti”, stabilisce che a domanda del dipendente sono concessi permessi retribuiti per i seguenti tre casi, da documentare adeguatamente.

  1. Partecipazione a concorsi ed esami. Tali permessi, che possono fruirsi esclusivamente per i giorni di svolgimento delle prove, vengono quantificati in (massimo) otto giorni nell’arco dell’anno. Appare del tutto evidente che il permesso ha carattere giornaliero e quindi deve essere concesso per l’intera giornata a prescindere dalla durata oraria dell’esame o della prova concorsuale.
  2. Lutto. Questi permessi sono fruibili in caso di decesso del coniuge o di parenti entro il secondo grado o di affini entro il primo grado. I permessi de quo spettano anche in caso di convivenze di fatto disciplinate dalla Legge 20 maggio 2016 n. 76 (Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze) ed in particolare dall’art. 1 commi 36 e 50[6]. A domanda del dipendente, per ogni evento luttuoso debitamente documentato, sono concessi tre giorni di permesso da fruirsi, in via continuativa, entro sette giorni lavorativi dal decesso. Tali giorni debbono intendersi lavorativi e quindi nella loro determinazione non vengono computati i sabati, le domeniche e le festività.
  3. Matrimonio. Il dipendente ha diritto a 15 giorni consecutivi in occasione di matrimonio o unione civile. Il permesso, concesso a domanda, va fruito integralmente entro 45 giorni dalla data dell’evento. Ciò sta ad indicare che tutti i giorni di permesso concessi a tale titolo vanno fruiti entro detto termine. La terminologia utilizzata (15 giorni consecutivi) non lascerebbe spazio a dubbi interpretativi e sta ad indicare che nel conteggio dei quindici giorni di “congedo” debbano computarsi anche i sabati, le domeniche e le eventuali feste infrasettimanali.


I permessi di cui ai punti che precedono non riducono le ferie e sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio. Per quanto riguarda la retribuzione spettante, compete integralmente, compresa l’eventuale indennità di posizione organizzativa. Non competono, invece, i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario e le indennità la cui attribuzione è vincolata alla prestazione lavorativa.


Cocca Argazzi 27 1 WL’art. 32, con rubrica “Permessi orari retribuiti per particolari motivi personali o familiari” prevede, compatibilmente con le esigenze di servizio, la concessione per motivi personali o familiari di 18 ore di permesso retribuito nell’anno. In caso di rapporto di lavoro a tempo parziale, le 18 ore devono essere riproporzionate in ragione della percentuale delle ore contrattuali.

I permessi di cui trattasi non sono fruibili per frazione di ora; non possono essere utilizzati nella stessa giornata in maniera congiunta sia con altre tipologie di permessi fruibili ad ore, previsti dalla legge e dalla contrattazione collettiva e sia con riposi compensativi derivanti da eccedenze lavorative orarie. Nel caso invece vengano fruiti per l’intera giornata lavorativa, l’incidenza dell’assenza sul monte ore annualmente a disposizione per tale titolo sarà convenzionalmente pari a sei ore. Ciò sta a significare che a prescindere dalla durata della giornata lavorativa (6 oppure 7,12 ovvero 9 ore) la decurtazione viene convenzionalmente fissata in sei ore.

Anche i permessi di cui all’art. 32 non riducono le ferie e sono valutati ai fini dell’anzianità di servizio. Per quanto riguarda la retribuzione spettante, compete integralmente, compresa l’eventuale indennità di posizione organizzativa. Non competono, invece, i compensi per le prestazioni di lavoro straordinario e le indennità la cui attribuzione è vincolata alla prestazione lavorativa.

Da ultimo sul tema si rileva che a differenza di quelli concessi ai sensi dell’art. 31, i permessi contemplati dall’art. 32 (che nella vecchia disposizione contrattuale ex art.18 dovevano essere “debitamente motivati”) non richiedono la presentazione di alcuna documentazione giustificativa.


L’art. 33 del “Contratto” riguarda i permessi e congedi previsti dalla legge 104/1992 (lavoratori affetti da disabilità grave e ai familiari che assistono una persona con handicap in situazione di gravità) quelli per donazione sangue e midollo osseo e quelli per gravi e documentati motivi di cui all’art. 4 della Legge 53/2000.Ma procediamo con ordine.

  1. Permessi di cui all’art. 33, co.3, Legge 104/1992. Ai sensi dell’art. 33, comma 3, della legge 104/92il lavoratore dipendente, pubblico o privato - che assiste persona con handicap in situazione di gravità, coniuge, parente o affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado, qualora i genitori o il coniuge della persona con handicap in situazione di gravità, abbiano compiuto i sessantacinque anni di età, oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti - ha diritto a fruire anche in maniera continuativa di tre giorni di permesso mensile retribuito, anche in modalità oraria nel limite massimo di 18 ore.
    Con l’obiettivo primario di garantire la funzionalità e l’organizzazione degli Uffici viene oggi richiestauna programmazione mensile, da presentare di norma all’inizio di ogni mese alla struttura di appartenenza dei giorni in cui il dipendente intende assentarsi, ai sensi della legge 104/92. La disposizione contrattuale, a ben vedere, ha carattere programmatorio e non perentorio. Infatti in presenza di effettiva necessità ed urgenza, a tutela dell’assistito, viene ammessa la possibilità di presentare la domanda nelle 24 ore precedenti la fruizione del permesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il dipendente intende assentarsi per tali titoli.
  2. Permessi per donazione sangue e permessi per donazione midollo osseo. I permessi di cui trattasi, sono rispettivamente disciplinati dall’art. 1 della legge 584/1967, come sostituito dall’art. 13 della legge 107/1990 (per donazione sangue ed emocomponenti) e dall’art. 5, co 1 e 2 , della legge 52/2001 (donazione midollo osseo). Il “Contratto” sempre con l’obiettivo precipuo di garantire la funzionalità e la migliore organizzazione degli Uffici pubblici prevede l’obbligo di presentare il permesso alla struttura di appartenenza con un preavviso di tre giorni. Anche in questa ipotesi in presenza di comprovata urgenza, la domanda può essere presentata nelle 24 ore precedenti la fruizione del permesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il dipendente utilizza il permesso[7].
  3. Permessi per gravi e documentati motivi. I permessi de quo sono disciplinati dall’art. 4, comma 1, della legge 53/2000. Anche per questa tipologia di permessi la normativa contrattuale prevede l’obbligo di inoltrare la domanda con tre giorni di preavviso. Vengono salvaguardati i casi di comprovata necessità od urgenza. In tal caso la domanda può essere presentata entro le 24 ore precedenti la fruizione del permesso e, comunque, non oltre l’inizio dell’orario di lavoro del giorno in cui il dipendente si assenta.


Cocca Argazzi 27 4 WSi coglie l’occasione per rendere evidente che, a parere di chi scrive, la descrizione dei permessi riportata all’art. 33 è indicativa, ma non esaustiva, dovendosi in essa ricomprendere anche tutte le altre forme di permesso previste da particolari disposizioni di legge. Fra questi si ricordano i permessi per partecipazione ai seggi elettorali e per partecipare in qualità di consigliere o di amministratore locale alle riunioni dei rispettivi organi. Anche in tali ulteriori ipotesi, sempre a parere di chi scrive, dovranno essere rispettati i tempi di comunicazione (preavviso di tre giorni) fatte salve le ipotesi di comprovata urgenza come sopra indicate.


L’art. 34 disciplina i permessi orari a recupero. Questa tipologia di permessi sostituisce quella di cui all’art. 20 del precedente CCNL lasciandone invariate le metodologie di fruizione. Tali permessi non possono esser edi durata superiore alla metà dell’orario di lavoro giornaliero e non possono comunque superare le 36 ore annue. Per evitare eventuali disservizi la richiesta del permesso deve essere effettuata in tempo utile e, comunque, non oltre un'ora dopo l’inizio della giornata lavorativa,salvo casi di particolare urgenza o necessità, valutati dal responsabile. I permessi fruiti a tale titolo debbono essere recuperati entro il mese successivo,secondo le modalità individuate dal responsabile; in caso di mancato recupero, si determina la proporzionale decurtazione della retribuzione.


Si rappresenta altresì che i permessi di cui agli artt. 31-34 del “Contratto” sono concessi a domanda del dipendente. Anche se la disposizione contrattuale nulla dice al riguardo, si ritiene che la domanda debba formalizzarsi per iscritto anche se, in caso urgenza, possa essere anticipata in forma verbale. Al riguardo, è superfluo rammentare che, tra gli obblighi contrattuali del dipendente, rientra anche il dovere di non assentarsi dal luogo di lavoro senza avere almeno preventivamente comunicato la circostanza alla struttura di appartenenza.


Da ultimo si evidenzia che la presenza nel “Contratto” di Istituti a contenuto innovativo sta comportando, in questa prima fase di applicazione,alcune diversità interpretative che necessitano sicuramente di un intervento chiarificatore da parte di Aran o Dipartimento della Funzione Pubblica[8]. A titolo esemplificativo si espongono due problematiche che hanno già dato origine a significative differenze interpretative fra le diverse Amministrazioni.

 
Modalità di fruizione dei permessi di cui all’Art. 32
 

La prima problematica riguarda il divieto della fruibilità frazionata dei permessi di cui all’art. 32. In ragione del fatto che non possono essere fruiti per frazione di ora e che non possono essere cumulati nella stessa giornata con altre tipologie di permesso, si pone la questione di come computare le frazioni di ora. A titolo esemplificativo due ipotesi:
(a) permesso di durata inferiore ad un’ora;
(b) permesso di un’ora e 20 minuti.
A parere di chi scrive si ritiene che per le frazioni di ora, l’unico istituto compatibile sia quello della flessibilità oraria di cui all’art. 26 del “Contratto”. In ragione di ciò, nella ipotesi (a), l’intera durata del permesso andrà computata a “flessibile”; nell’ipotesi (b) invece l’ora intera sarà inserita nel monte ore dei permessi di cui all’art. 32 e la frazione di 20 minuti sempre a “flessibile”. A giudizio di varie Amministrazioni (fra cui il Ministero della Difesa) invece l’eventuale frazione oraria è addebitabile ai permessi orari a recupero di cui all’art. 34 del “Contratto”.

La seconda invece afferisce al divieto di fruibilità nella stessa giornata dei permessi di cui all’art. 32 in modo congiunto con altre tipologie di permesso orario previste dalla legge o dalla contrattazione collettiva (ad esempio quelli di cui all’art. 35, per l’espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche o esami diagnostici) e con i riposi compensativi relativi a maggiori prestazioni lavorative.
Al riguardo si espone, sempre a titolo esemplificativo, il caso seguente. Un dipendente all’inizio della giornata lavorativa fruisce di un permesso di due ore, per particolari motivi personali o familiari. Rientra poi al lavoro ed alle 13 deve uscire anticipatamente dal posto di lavoro per sottoporsi a visita medica e, per questo, chiede la fruizione dei permessi di cui all’art. 35. In tale ipotesi si pone il problema di come il predetto dipendente, possa far fronte all’indicato stato di necessità, stante l’incompatibilità con qualsiasi altro permesso orario.

In attesa di chiarimenti, gli scriventi sono dell’avviso che l’incompatibilità prevista dal “Contratto” si configuri solo nell’ipotesi in cui si vogliano cumulare più tipologie di permesso per “coprire” l’intera giornata lavorativa e non anche nell’ipotesi in cui il dipendente dopo avere fruito di una tipologia di permesso orario torni al lavoro e, successivamente, dopo una parziale prestazione lavorativa, debba assentarsi nuovamente, prima del termine del suo orario di lavoro per sottoporsi, ad esempio, a visita specialistica. A parere di chi scrive, in tale ultima ipotesi, in attesa dei doverosi chiarimenti, il dipendente dopo avere fruito del permesso per particolari motivi personali o familiari, potrà utilizzare i permessi orari per visite specialistiche o, in alternativa, dei riposi compensativi derivanti da precedente maggiore prestazione lavorativa.
 

Al momento della stesura di questo articolo, non risulta emanata da parte di Aran e Dipartimento per la Funzione Pubblica di alcuna nota o circolare interpretativa. Si ritiene che a breve i due indicati organi daranno precise indicazioni interpretative, anche sui temi qui trattati. Delle stesse si darà ampio spazio in uno dei prossimi articoli su questa materia. Quadrato Rosso

(Continua)

Note

[1] Con Contratto collettivo nazionale quadro del 13 luglio 2016 fra Aran ed OO.SS. sono state definite aree e comparti di contrattazione nazionale. L’art. 2 di detto CCNQ stabilisce che i dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono aggregati nei seguenti quattro comparti di contrattazione collettiva: (a) Funzioni Centrali, (b) Funzioni Locali, (c) Istruzione e Ricerca e (d) Sanità. Il Comparto di contrattazione collettiva delle Funzioni Centrali è diviso in quattro aree. Nella prima sono ricompresi Ministeri, Avvocatura Generale dello Stato, Consiglio di Stato, Corte dei Conti e Cnel; Agenzia Italiana del Farmaco; Agenzia Nazionale per i Giovani; Agenzia Nazionale per le Politiche attive del lavoro; Agenzia per la Coesione Territoriale; Agenzia per la Cooperazione e lo sviluppo; Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane Ice; Agenzia per l’Italia digitale; Ispettorato Nazionale del Lavoro; Altre Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300; Centro interforze studi applicazioni militari e Centro di supporto e sperimentazione navale.

[2] L’importante tema della promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle Amministrazioni Pubbliche era stato già oggetto di valutazione da parte del legislatore che con Legge 7 agosto 2015 (Deleghe al Governo in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche) aveva stabilito che la PA, nei limiti delle risorse di bilancio disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adotta misure organizzative volte a fissare obiettivi annuali per l'attuazione del telelavoro e per la sperimentazione, anche al fine di tutelare le cure parentali, di nuove modalità spazio-temporali di svolgimento della prestazione lavorativa che permettano, entro tre anni, ad almeno il 10 per cento dei dipendenti, ove lo richiedano, di avvalersi di tali modalità, garantendo che i dipendenti non subiranno penalizzazioni ai fini del riconoscimento di professionalità e della progressione di carriera.

[3] Il “Contratto” all’art. 5 co.3 stabilisce che siano oggetto di confronto, a livello nazionale o di sede unica, le seguenti materie: a) l’articolazione delle tipologie dell’orario di lavoro; b) i criteri generali di priorità per la mobilità tra sedi di lavoro dell'amministrazione; c) i criteri generali dei sistemi di valutazione della performance; d) l’individuazione dei profili professionali; e) i criteri per il conferimento e la revoca degli incarichi di posizione organizzativa; f) i criteri per la graduazione delle posizioni organizzative, ai fini dell’attribuzione della relativa indennità; g) il trasferimento o il conferimento di attività ad altri soggetti, pubblici o privati, ai sensi dell’art. 31 del D.Lgs. 165/2001.

[4] Dalla legge n. 150/2009 al CCNL del Comparto Funzioni Centrali. Il potenziamento controllato della contrattazione collettiva. Articolo di Giulio Greco pubblicato su Diritto.it.

Cocca Argazzi 27 5 W[5] Art. 40 comma 3 ter D.Lgs. 165/2001. Nel caso in cui non si raggiunga l'accordo per la stipulazione di un contratto collettivo integrativo, qualora il protrarsi delle trattative determini un pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa, nel rispetto dei principi di correttezza e buona fede fra le parti, l'amministrazione interessata può provvedere, in via provvisoria, sulle materie oggetto del mancato accordo fino alla successiva sottoscrizione e proseguire le trattative al fine di pervenire in tempi celeri alla conclusione dell'accordo. (…) È istituito presso l’Aran, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, un osservatorio a composizione paritetica con il compito di monitorare i casi e le modalità con cui ciascuna amministrazione adotta gli atti di competenza. L'osservatorio verifica altresì che tali atti siano adeguatamente motivati in ordine alla sussistenza del pregiudizio alla funzionalità dell'azione amministrativa.

[6] Ai fini della Legge 76/2016 due persone maggiorenni risultano “conviventi di fatto”se sono unitestabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da matrimonio o da un’unione civile. Il “Contratto”, all’art. 49, stabilisce che per assicurare l'effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall'unione civile tra persone dello stesso sesso di cui alla Legge n.76/2016, le disposizioni di cui al presente CCNL riferite al matrimonio, nonché le medesime disposizioni contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, si applicano anche ad ognuna delle parti dell'unione civile.

[7] In caso di donazione di sangue la norma riconosce ai lavoratori subordinati donatori di sangue e di emocomponenti il diritto ad astenersi dal lavoro per l'intera giornata in cui effettuano la donazione, conservando la normale retribuzione per l'intera giornata lavorativa. I donatori di midollo osseo con rapporto di lavoro dipendente hanno diritto a permessi retribuiti per il tempo occorrente all'espletamento dei seguenti atti: a) prelievo finalizzato all'individuazione dei dati genetici; b) prelievi necessari all'approfondimento della compatibilità con i pazienti in attesa di trapianto; c) accertamento dell'idoneità alla donazione, ai sensi dell'articolo 3 della legge 4 maggio 1990, n. 107. I donatori hanno altresì diritto a conservare la normale retribuzione per le giornate di degenza necessarie al prelievo di sangue midollare, eseguito in regime di spedalizzazione, e per quelle successive alla donazione, per il completo ripristino del suo stato fisico, secondo quanto certificato dall'equipe medica che ha effettuato il prelievo di midollo osseo.

[8] L’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle Pubbliche Amministrazioni con nota recante in oggetto “Quesito interpretazione art. 32, lett. e) CCNL Funzioni Centrali sottoscritto il 12.02.2018 ha fatto presente, in risposta ad un quesito, che le “problematiche segnalate, poiché riguardano i nuovi contratti collettivi e sono trasversali ai diversi settori di contrattazione, richiedono l’approfondimento e la verifica dei vari aspetti applicativi. Pertanto, questa Agenzia invierà il proprio parere non appena ultimata la necessaria fase istruttoria”.

[*]Dorina Cocca e Tiziano Argazzi sono in servizio presso la sede di Rovigo dell’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Ferrara Rovigo. Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero personale degli Autori e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione di appartenenza.

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