Indennità di fine servizio nel pubblico impiego - Termini di pagamento e corresponsione rateale

di Stefano Stefani [*]

StefaniPremessa

Al termine del rapporto di lavoro per qualunque causa l’INPS Gestione Dipendenti Pubblici corrisponde al personale dipendente dalle pubbliche amministrazioni l’indennità di fine servizio sotto forma di buonuscita (BU), indennità premio di servizio (IPS) o trattamento di fine rapporto (TFR); alcune norme emanate nel corso degli ultimi anni hanno disposto il differimento, rispetto alla data di cessazione, della corresponsione del trattamento e la rateazione dello stesso. E’ importante che ogni soggetto, prossimo al termine del rapporto di lavoro, divenendo titolare di emolumenti diversi dalla retribuzione che richiedono una diversa gestione, sia a conoscenza che non percepirà l’indennità alla cessazione e che potrebbe anche percepirla in quote distanziate nel tempo l’una dall’altra.

In questo breve articolo verranno esposte, in maniera riassuntiva, le principali disposizioni che regolano i termini per il pagamento della BU, dell’IPS e del TFR e gli importi che vengono corrisposti ratealmente dall’Istituto previdenziale.

I termini di pagamento in vigore dal 1997

Sostituendosi alla precedente normativa, che stabiliva termini diversi per la liquidazione della BU e dell’IPS, con l’art. 3 del D.L. 28 marzo 1997, n. 79, convertito in legge, con modificazioni, dalla L. 28 maggio 1997, n. 140 vengono fissati nuovi termini prima dei quali non è possibile procedere alla liquidazione delle indennità di fine servizio comunque denominate.

La nuova disciplina si applica al personale, sia contrattualizzato che in regime di diritto pubblico, dipendente delle amministrazioni pubbliche individuate ai sensi degli artt. 1 e 2 del D.Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29. Le disposizioni sui termini di corresponsione dell’indennità successivamente verranno estesi a tutti i dipendenti delle Amministrazioni e degli Enti che, pur non avendo la natura di pubbliche amministrazioni, tuttavia rientrano tra quelli individuati dall’ISTAT in quanto inserite nel conto economico consolidato (art. 1 L. 31 dicembre 2009, n. 196).

I nuovi termini sono i seguenti, a seconda della causa di cessazione:

  • limiti di età: 15 giorni dalla data di cessazione
  • dimissioni durante il trattenimento oltre il limite di età: 15 giorni dalla data di cessazione
  • limiti di servizio: 15 giorni dalla data di cessazione
  • decesso (agli aventi diritto): 15 giorni dalla data del decesso
  • inabilità ed invalidità: 15 giorni dalla data di cessazione
  • anzianità massima contributiva a pensione: 15 giorni dalla data di cessazione
  • estinzione per scadenza del contratto a TD: 15 giorni dalla data di cessazione
  • dimissioni volontarie: 6 mesi dalla data di cessazione
  • recesso del datore di lavoro: 6 mesi alla data di cessazione
    (per licenziamento, destituzione, ecc.)

Il pagamento dell’indennità al personale cessato deve essere effettuata nei tre mesi (90 giorni) successivi a quelli sopraindicati, trascorsi inutilmente i quali l’Istituto previdenziale è tenuto alla corresponsione (d’ufficio) degli interessi rapportati ai giorni di ritardo (art. 16 della L. 30.12.1991, n. 412 e successive modificazioni).

Per il personale con contratto di lavoro a tempo determinato, con diritto alla corresponsione del TFR, si applica il termine di 15 giorni nel caso che la cessazione avvenga al termine della durata del contratto, perché questo tipo di cessazione è equiparato alla cessazione per anzianità massima di servizio; se il rapporto di lavoro è interrotto prima della scadenza naturale, si applicano gli altri termini a seconda della causale della cessazione.

I termini di corresponsione del trattamento fissati dal D.L. n. 79/1997 prescindono dalla maturazione o meno del diritto alla pensione da parte dell’impiegato cessato dal servizio.

Viceversa, la maturazione o meno del diritto alla pensione risulta essere significativa per le cessazioni intervenute successivamente al 2011, anno nel quale, come si vedrà, sono state apportate rilevanti modifiche al D.L. n. 79/1997.

In medio termine, tuttavia, il legislatore ha disposto una ulteriore limitazione alla riscossione dell’indennità che consiste nella rateizzazione del pagamento.

Stefani 3 2Il pagamento in forma rateale in vigore dal 2010

Con l’art. 12 comma 7 del D.L. 31 maggio 2010, n. 78 convertito in legge con modificazioni dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, con decorrenza dal 31 maggio 2010, il legislatore ha disposto che il pagamento delle indennità di fine servizio, comunque denominate, nel pubblico impiego fosse corrisposto in rate ad un anno di distanza l’una dall’altra, in dipendenza dell’importo massimo da corrispondere.

La rateizzazione, in rapporto all’importo massimo da corrispondere, è la seguente:

  • un solo importo se inferiore a € 90.000;
  • due importi annuali se superiore a € 90.000 ma inferiore € 150.000; il secondo importo residuo non superiore a € 60.000 viene corrisposto dopo un anno (12 mesi) dal primo;
  • tre importi annuali se superiore a € 150.000; i primi due importi di € 90.000 e € 60.000 come sopra specificato, l’importo residuo oltre € 150.000 dopo un anno dal secondo (cioè dopo 24 mesi dal primo).

Non esiste una disciplina derogatoria (eccetto quella limitata prevista dal comma 9), pertanto tali disposizioni si applicano anche nei casi di cessazione per inabilità, decesso, anzianità massima contributiva utile, qualora le dimissioni non siano state rassegnate entro il 30 maggio 2010.

L’importo inferiore a € 90.000 deve essere pagato nei termini previsti dal D.L. n. 97/1997. Nel caso tali termini fossero stati superati, e fosse necessario provvedere alla rateizzazione del pagamento, l’Istituto previdenziale è tenuto ad effettuare il pagamento in ogni caso dopo un anno o dopo due anni dal termine ultimo previsto dalla legge per il pagamento della prima quota.

Le quote, fissate dalla norma per le rateizzazioni, si intendono al lordo delle ritenute fiscali che sono determinate ai sensi dell’art. 19 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

I termini di pagamento in vigore dal 2011

Con l’art. 1 comma 22 del D.L. 13 agosto 2011 n. 138 convertito, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 14 settembre 2011, n. 148 viene introdotta una modifica ai termini di liquidazione delle indennità di fine servizio stabiliti dal D.L. n. 79/1997; la norma entra in vigore dal 13 agosto 2011 e non si applica alle cessazioni intervenute fino al 12 agosto. I nuovi termini di liquidazione, in dipendenza dalla causa di cessazione, sono i seguenti:

  • decesso (agli aventi diritto): 15 giorni dalla data del decesso
  • inabilità ed invalidità: 15 giorni dalla data di cessazione
  • limiti di età o vecchiaia: 6 mesi dalla data di cessazione
  • dimissioni durante il trattenimento oltre il limite di età: 6 mesi dalla data di cessazione
  • limiti di servizio: 6 mesi dalla data di cessazione
  • anzianità massima contributiva a pens.: 6 mesi dalla data di cessazione
  • collocamento a riposo d’ufficio: 6 mesi dalla data di cessazione
  • estinzione per scadenza del contratto a TD: 6 mesi dalla data di cessazione
  • dimissioni volontarie con pensione anticipata o senza: 24 mesi dalla data di cessazione
  • recesso del datore di lavoro: 24 mesi alla data di cessazione
    (per licenziamento, destituzione, ecc.)

La corresponsione deve essere effettuata nei tre mesi (90 giorni) successivi a quelli sopraindicati, trascorsi inutilmente i quali l’Istituto previdenziale è tenuto alla corresponsione (d’ufficio) degli interessi rapportati ai giorni di ritardo.

Per il personale con contratto di lavoro a tempo determinato in regime di TFR valgono le considerazioni fatte più sopra.

Stefani 3 3La nuova disciplina sostituisce la precedente, tuttavia essa non si applica al personale che alla data del 12 agosto 2011 abbia maturato il diritto a pensione di anzianità o di vecchiaia (comprese le cessazioni per limiti di età e di servizio) e nei casi di estinzione del rapporto di lavoro per raggiungimento del termine finale; in questi casi si applicano i limiti più brevi previsti dal D.L. n. 79/1997 e la liquidazione deve essere effettuata dopo 15 giorni dalla cessazione.

Ulteriore deroga si applica al personale del comparto scuola, delle istituzioni di alta formazione artistica e specializzazione musicale e al personale docente di istituzioni scolastiche comunali che hanno recepito le disposizioni relative all’ordinamento delle scuole statali che maturano i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2011 (secondo la specifica disciplina stabilita per questo personale).

Nei confronti del soggetto che maturi, alla data del 12 agosto 2011, il diritto alla pensione di anzianità (c.d. quota) ma prosegua il rapporto di lavoro fino alla cessazione che avviene successivamente per limiti di età, limiti di servizio o collocamento a riposo per raggiungimento della anzianità massima contributiva, si applica il termine per la liquidazione previsto dal D.L. n. 79/1997.

I nuovi termini di pagamento non incidono sulla disciplina delle rateizzazioni, che continua ad applicarsi.

La disciplina dei termini di liquidazione e della rateizzazione così fissata conserva la sua validità ancora oggi, ma solo per chi ha maturato il diritto a pensione entro il 31 dicembre 2013; la legge di stabilità 2013 porta infatti delle novità per coloro che maturano il diritto a pensione dal 1° gennaio 2014, non solo riguardo ai termini di liquidazione ma anche riguardo alla rateizzazione.

Prima di esaminare questa norma è necessario soffermarsi su una novità apportate dalla riferma delle pensioni disposta dalla c.d. Legge Monti-Fornero.

Perde rilevanza la nozione di anzianità massima contributiva dal 2012

L’art. 24 comma 2 del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, della L. 22 dicembre 2011, n. 214 prevede che “A decorrere dal 1° gennaio 2012, con riferimento alle anzianità contributive maturate a decorrere da tale data, la quota di pensione corrispondente a tali anzianità è calcolata secondo il sistema contributivo”; questa disposizione comporta il venire meno della possibilità di conseguire la pensione con 40 anni di anzianità contributiva e il venire meno della stessa nozione di anzianità massima contributiva (40 anni o quelli previsti da normative speciali).

In conseguenza della nuova disposizione la cessazione dal servizio per raggiungimento di tale anzianità dopo l’entrata in vigore della norma, comporta che la liquidazione dell’indennità di fine servizio avvenga trascorsi 24 mesi.

I termini di liquidazione di 6 mesi previsti dal D.L. n. 138/2011 continuano a permanere per i soggetti che hanno maturato il requisito dell’anzianità massima contributiva entro il 31 dicembre 2012.

Gli stessi termini di 6 mesi continuano ad applicarsi anche in caso di risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro da parte dell’Amministrazione o Ente per raggiungimento dell’anzianità massima contributiva ai sensi dell’art. 72, comma 11 del D.L. 25 giugno 2008, n. 112  convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008, n. 133 e successive modificazioni. La risoluzione del rapporto di lavoro deve avvenire nel rispetto dei requisiti previsti per il conseguimento della pensione anticipata (art. 24 comma 10 del D.L. n. 201/2011) sia con riguardo all’anzianità contributiva che all’età anagrafica.

Stesso termine di 6 mesi si applica in caso di recesso da parte del datore di lavoro per gli Enti in dissesto finanziario, anche se i soggetti non hanno maturato l’anzianità massima contributiva, perché il recesso unilaterale è equiparabile a cessazione per limiti di servizio.

I termini di pagamento in vigore dal 2014, per chi matura il diritto a pensione dal 2014

Da ultimo, solamente per i soggetti che maturano il diritto alla pensione dal 1° gennaio 2014, l’art. 1 comma 484 lettera “b” della L. 27 dicembre 2013, n. 147 ha disposto che il termine di sei mesi previsto dalla normativa vigente venisse sostituito dal temine di dodici mesi; alla tabella sopraindicata va sostituita dalla seguente (vedere anche INPS messaggio n. 996 del 17 gennaio 2014):

  • decesso (agli aventi diritto): 15 giorni dalla data del decesso
  • inabilità ed invalidità: 15 giorni dalla data di cessazione
  • limiti di età o vecchiaia: 12 mesi dalla data di cessazione
  • dimissioni durante il trattenimento oltre il limite di età: 12 mesi dalla data di cessazione
  • recesso unilaterale per limiti di servizio: 12 mesi dalla data di cessazione
  • collocamento a riposo d’ufficio: 12 mesi dalla data di cessazione
  • estinzione rapporto per scadenza del contratto a TD: 6 mesi dalla data di cessazione
  • dimissioni volontarie con pensione anticipata o senza: 24 mesi dalla data di cessazione
  • recesso del datore di lavoro: 24 mesi alla data di cessazione
    (es. licenziamento o destituzione)

Il comma 485 fa espressamente salva l’applicazione della normativa vigente al 31 dicembre 2013 per i soggetti che hanno maturato il diritto alla pensione a tale data.

Il pagamento in forma rateale in vigore dal 2014, per chi matura il diritto a pensione dal 2014

Ancora per i soli soggetti che maturano il diritto alla pensione dal 1° gennaio 2014 l’art. 1 comma 484 lettera “a” della legge sopracitata dispone che il pagamento delle indennità di fine servizio, comunque denominate, venga corrisposto con le scadenze fissate secondo la tabella seguente:

  • in un solo importo, se inferiore a € 50.000;
  • in due importi annuali, se superiore a € 50.000 ma inferiore € 100.000; il secondo importo residuo non superiore a € 50.000 dopo un anno (12 mesi) dal primo;
  • in tre importi annuali se superiore a € 100.000; l’importo residuo oltre € 100.000 dopo un anno dal secondo (cioè dopo 24 mesi dal primo).

Stefani 3 1Anche per il pagamento in forma rateale viene fatta salva l’applicazione della normativa vigente al 31 dicembre 2013 per i soggetti che hanno maturato il diritto alla pensione a tale data.

Anche per coloro che maturano il diritto a pensione dal 2014 si può ritenere che valgano le disposizioni generali esposte più sopra valide per coloro che hanno già maturato il diritto a pensione entro tale data.

Osservazioni conclusive

Con le disposizioni sopra ricordate il legislatore ha inteso non solo allontanare e “diluire” nel tempo il pagamento delle indennità di fine servizio, ma ha anche valutato con sfavore (quasi a volerle scoraggiare) quelle cessazioni diverse da raggiungimento dei requisiti massimi. Il motivo è da ricercarsi nelle difficoltà finanziarie dello Stato che chiede ai lavoratori che da esso dipendono di concorrere “… al consolidamento dei conti pubblici attraverso il contenimento della dinamica della spesa corrente …” (primo periodo del comma 7 dell’art. 12 del D.L. n. 78/2010 successivamente modificato).

Premesso quanto sopra è forse possibile tentare alcune considerazioni di ordine generale.

Non vengono previsti interessi per il periodo tra la cessazione e la data da cui l’indennità può essere pagata; questo periodo può essere anche di 24 mesi pari a 720 giorni ma, considerando i 90 per la conclusione del procedimento, il pagamento potrebbe essere effettuato fin anche allo scadere di ben 810 giorni. Va anche ricordato che, nel caso di pagamento oltre il termine, il tasso legale degli interessi dal 2014 è pari appena all’1%.

Il pagamento deve essere effettuato nei 90 giorni successivi alla scadenza del termine per la liquidazione; questo termine potrebbe essere considerato congruo nel caso di pagamento da effettuare dopo 15 giorni dalla cessazione, ma sorprende che resti lo stesso dopo il trascorrere di 6, 12 o 24 mesi; non sarebbe forse più opportuno che la liquidazione delle somme si concludesse entro i termini più lunghi, in modo da effettuare il pagamento non entro i successivi 90 giorni ma immediatamente dopo lo scadere del termine di legge?

Da ultimo va notato che le disposizioni sopra esaminate previste dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147 vanno ad incidere, a differenza di quanto disposto dalle precedenti norme, non su tutti i soggetti ma solo su quelli che matureranno il diritto a pensione dal 2014. Questi soggetti sono già penalizzati da retribuzioni più basse, da una pensione più bassa e da una indennità di fine servizio più bassa che, in aggiunta, verrà pagata più tardi e in rate di misura inferiore. Infine, molti di questi soggetti non avranno diritto alla BU o all’IPS bensì al TFR, vuoi perché assunti dal 1° gennaio 2001 vuoi perché hanno optato per la pensione complementare di comparto; come è noto, il TFR risulta di importo inferiore alla BU e all’IPS perché calcolato sulle retribuzioni percepite durante tutta la vita lavorativa. Quadrato Arancione

[*] Consigliere d’Amministrazione della Fondazione Prof. Massimo D’Antona. Stefano Stefani presta attualmente in servizio presso una Pubblica Amministrazione ove ha realizzato una lunga esperienza nel settore dei trattamenti di pensione del personale. Ogni considerazione è frutto esclusivo del proprio libero pensiero e non impegna in alcun modo l’Amministrazione.


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