Anno VIII - N° 42

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Novembre/Dicembre 2020

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Anno VIII - N° 42

Novembre/Dicembre 2020

Il lavoro agile come risposta alla necessità di riformare l’organizzazione del lavoro


di Giulia Cozzi [*]

Giulia Cozzi 42

Cozzi 42 1Il processo di significativa e continua innovazione che connota la società moderna impatta su un mondo del lavoro ancora fondato su categorie standard e su una organizzazione industriale ordinariamente lenta e sempre uguale a se stessa.

Un ruolo di indubbio primo piano nel processo di trasformazione dell’intero modo di vivere è svolto dalla tecnologia, in questi anni sviluppata in modo eccezionale, veicolo, inevitabilmente, di cambiamento non solo della vita quotidiana ma anche delle relazioni industriali e dei singoli rapporti di lavoro.

Ecco perché negli ultimi anni il diritto ha dovuto considerare le potenzialità e le implicazioni dell’impiego della tecnologia nel rapporto di lavoro, compresi i suoi intrinseci rischi.

Il lavoro agile, introdotto con la recente legge 22 maggio 2017, n. 81, costituisce una delle risposte attuali alla necessità di riformare l’organizzazione del lavoro. Questo istituto, a ben vedere, non rappresenta una assoluta novità per il nostro ordinamento, in quanto mantiene significativi punti di contatto con il telelavoro.

L'Unione Europea in primis si è dimostrata pronta a cogliere l'opportunità di veicolare, mediante fonti di soft law, l’utilizzo della tecnologia nel mondo del lavoro.

In quest’ottica, appaiono di significativa importanza i tre «sectoral EU-level agreements» [1], collocati tra il 2001 ed il 2002, sia per la tematica trattata, sia perché costituiscono un esempio di coinvolgimento della contrattazione collettiva, anche a livello europeo. Nel medesimo anno 2002, poi, il Consiglio europeo straordinario a Lussemburgo, nell'ambito della Strategia Europea per l'Occupazione, ha invitato le parti sociali europee a concludere intese volte alla introduzione di istituti attraverso cui modernizzare l'organizzazione del lavoro e tali da garantire maggiore flessibilità, produttività e competitività, riuscendo a coniugare flessibilità e sicurezza. Alcune parti sociali europee (nello specifico CES insieme al comitato di collegamento EUROCA - DRES/CEC, UNICE/UEAPME e CEEP) si sono, quindi, occupate di telelavoro fino ad arrivare alla stipula dell'Accordo Quadro europeo sul telelavoro il 16 luglio del 2002.

Quest'ultimo raccoglie, invero, la necessità di regolamentare forme di lavoro affermatesi anzitutto a livello di prassi, e connesse all'impiego di strumenti tecnologici di vario tipo.

Cozzi 42 3Così come previsto all’art. 12 dell’Accordo stesso, entro il termine di tre anni, molti Stati, attraverso le parti sociali aderenti alle parti sociali europee firmatarie dell’Accordo, hanno provveduto ad attuarlo in ambito interno, attraverso diverse modalità.

Quanto all'Italia, stando alla disamina fornita dall'European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions e dall'Eurofound and the International Lobour Office [2], si può sostenere che si inserisca, insieme ad altri Paesi europei, nel cluster dei Paesi che hanno optato per una implementazione del contenuto dell'Accordo Quadro mediante contrattazione collettiva, preferibilmente di livello nazionale. L'Italia infatti è pervenuta alla ratifica dell'Accordo Quadro Europeo sul telelavoro attraverso le parti sociali con l'Accordo Interconfederale del 9 giugno 2004. La disciplina del telelavoro in Italia, pertanto, è rimasta affidata alla contrattazione collettiva[3], anche in chiave eventualmente integrativa dell'Accordo Interconfederale sopra menzionato. Il telelavoro, tuttavia, a causa delle rigidità intrinseche all'istituto, specialmente per quanto attiene agli obblighi, particolarmente gravosi, del datore di lavoro in materia di salute e sicurezza, non è riuscito a decollare.

Dopo un iter normativo piuttosto lungo, è entrata in vigore la L. 81/2017 sul lavoro autonomo e sul lavoro agile. Tale legge è stata invero preceduta da tre progetti di legge, ai quali la contrattazione collettiva si è affiancata, tentando di attuarli concretamente, introducendo in via sperimentale progetti principalmente definiti di smart working. In particolare, salvo virtuosi casi tra cui merita di citare la realtà Nestlé[4], la contrattazione collettiva di vario livello si è accostata temporalmente alla discussione parlamentare sul lavoro agile, la quale è iniziata nell’anno 2014.

Cozzi 42 2L’art. 18 della L. 81/2017, al comma 1, sancisce letteralmente che le disposizioni contenute nel Capo II, dedicato al lavoro agile, hanno la finalità di «incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro»; l’aumento della produttività e della competitività dei lavoratori e, conseguentemente, dell’azienda deriverebbe dal fatto che il lavoratore, chiamato a svolgere in parte le proprie mansioni da luogo esterno all’azienda, avrebbe la possibilità di bilanciare meglio le esigenze del lavoro con quelle della vita, e perciò dimostrerebbe maggiore produttività, minor assenteismo e complessivamente una accresciuta fidelizzazione all’azienda, in ottica win-win[5].

L’istituto del lavoro agile è giuridicamente qualificabile in termini di modalità di svolgimento del rapporto di lavoro subordinato, sia alle dipendenze di un datore di lavoro privato e sia alle dipendenze della pubblica amministrazione (art. 18, comma 3, l. 81/2017), demandata all’accordo tra le parti, che può prevedere un’organizzazione per fasi, cicli ed obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro (se non quelli stabiliti dalla legge, D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66, e dalla contrattazione collettiva), ed il possibile utilizzo di strumentazione tecnologica per lo svolgimento dell’attività lavorativa, del cui buon funzionamento e sicurezza è responsabile il datore di lavoro.

Il rapporto di lavoro sottostante, pertanto, resta comunque ancorato al paradigma dell’art. 2094 c.c., sebbene in dottrina emergano delle definizioni nuove quali subordinazione “agile”[6] e “soft”[7], così come è emersa a livello giurisprudenziale la nozione di “subordinazione attenuata”[8], espressioni tutte che paiono meglio adattarsi all’istituto del lavoro agile.

Appare, pertanto, evidente il difficile coordinamento tra possibilità per il lavoratore di autodeterminarsi, scegliendo i momenti della giornata in cui svolgere la prestazione lavorativa, e rispetto del limite dell’orario massimo giornaliero e settimanale. Emergono, da un lato, la difficoltà per il datore di lavoro di verificare l’effettivo rispetto del limite del tempo del lavoro, dall’altro, pericoli di sfruttamento del lavoratore, il quale si trova a bilanciare la vita lavorativa con la vita privata nel rischio di prolungare, in modo indefinito, il tempo del lavoro. Risulta, quindi, calzante il concetto di «time porosity» al quale la dottrina fa riferimento. A tal proposito di particolare interesse risulta il novello diritto alla disconnessione, introdotto dalla L. 81/2017, anch’esso riconducibile al panorama europeo ed in particolare al francese «droit à la déconnexion».

Cozzi 42 4Il tema della tutela della salute e sicurezza del lavoratore agile, poi, risulta interessante anzitutto in relazione alle varie e possibili interpretazioni: il legislatore, forse anche sulla scorta del fallimento della precedente disciplina del telelavoro e manifestando la volontà di disegnare una disciplina che potesse risultare meno stringente e gravosa per il datore di lavoro, nell’ambito dell’art. 22 della l. 81/2017, ha confezionato una disposizione dal contenuto precettivo troppo scarno, e che necessita di una interpretazione ed una attuazione estensiva.

Le implicazioni dell’istituto del lavoro agile sono plurime e variegate, di certo lo stesso configura uno strumento di conciliazione vita-lavoro (work-life balance o work-life blending?), non solo in prospettiva di gender equality, ma anche e soprattutto di agevolazione per le persone con disabilità. In quest’ottica è interessante osservare che il welfare aziendale, a causa di diversi fattori storici, nel corso del tempo è cresciuto di importanza ed è arrivato ad affiancarsi e spesso a supplire l’intervento pubblico assistenziale e previdenziale.

La L. 81/2017 ha, poi, regolamentato la forma dell’accordo tra le parti nonché il diritto di recesso, gli obblighi assicurativi, compreso il caso particolare dell’infortunio in itinere.

Di particolare interesse anche la disciplina in materia di potere disciplinare e di controllo del datore di lavoro, di cui all’art. 21 della legge n. 81/2017, sia sul piano teorico, per il rapporto tra diritto alla disconnessione e tutela della riservatezza e della vita privata dei lavoratori, sia sul piano attuativo: come realizzare il controllo dei lavoratori in modalità agile?

Quanto al contenuto minimo e obbligatorio dell’accordo che prevede la modalità di svolgimento del lavoro agile, l’art. 19 della l. 81/2017 richiede che vengano disciplinate anche le forme di esercizio del potere direttivo da parte del datore di lavoro e la strumentazione utilizzata dal lavoratore, nonché tempi di riposo del lavoratore, previsione di misure tecnico–organizzative atte a realizzare la disconnessione del lavoratore dalla strumentazione tecnologica di lavoro, potere di controllo e condotte del lavoratore che possono sfociare in sue responsabilità contrattuali e richiedere applicazione di sanzioni disciplinari.

La L. 81/2017 sancisce inoltre il principio della parità di trattamento economico e normativo del lavoratore agile rispetto al lavoratore non agile, il che comporta che il lavoratore agile godrà altresì del medesimo diritto all’apprendimento continuo ed alla certificazione delle competenze.

Si osserva, per inciso, che alcuni istituti giuridici risultano di complessa applicazione nel rapporto di lavoro connotato da lavoro agile, come ad esempio gli straordinari, oppure l’indennità di trasferta, per lavori disagiati, pioggia o intemperie, o il buono pasto.

Particolare difficoltà presenta anche l’applicazione dell’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori ai lavoratori agili, in quanto il controllo a distanza, anche attraverso impianti audiovisivi e altri strumenti di controllo rischia di rappresentare un significativo rischio di lesione del diritto alla riservatezza.

Cozzi 42 6La modificazione profonda del panorama lavoristico in Italia e in Europa coinvolge una nozione di subordinazione non più pienamente rappresentativa delle relazioni industriali attuali, alla quale tuttavia si resta ancora ancorati, sebbene si tenti, anche attraverso l’ideazione di istituti come il lavoro agile, di riformare o di rinnovare. Si è portati a pensare che il lavoro non sia più considerabile separatamente dalla tecnologia, e che la stessa offra delle possibilità che risultano non nuove ma quantomeno non normativizzate in modo pieno. Lo stesso impiego della tecnologia, che consente ai lavoratori di poter lavorare da remoto e di ottenere gli stessi risultati che è possibile ottenere nelle preminenze aziendali, riuscirebbe a contemperare in modo migliore le esigenze del lavoro con quelle della vita privata e familiare.

Attraverso la lettura e l’analisi comparata di vari e diversi contratti collettivi risulta possibile ricostruire l’importanza del formante contrattuale e la sua centralità, specialmente ove la legge non può o non vuole arrivare, lasciando alle parti sociali l’interessante e gravoso compito di colmare quelle lacune lasciate dalla norma.

Sono dunque molteplici le implicazioni dell’istituto del lavoro agile, in quanto esso pare potersi porre al centro di varie dinamiche in cui è tangibile la spinta all’innovazione. Quadrato Rosso

Note

[1] European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, 30 maggio 2007, Place of work and working conditions, p. 2 e segg.

[2] European Foundation for the Improvement of Living and Working Conditions, 10 gennaio 2010, Telework in the European Union; Eurofound and the International Labour Office (2017), Working anytime, anywhere: the effects on the world of work, Publications Office of the European Union, Luxembourg, and the International Labour Office, Geneva.

[3] L’accordo Quadro Europeo sul Telelavoro ha ottenuto anche un recepimento a livello di legge, anche se nell’ambito di disposizioni sparse, ovvero pur in assenza di una disciplina organica e coesa, vi sono cospicui riferimenti normativi al telelavoro. F. D’Addio, Considerazioni sulla complessa disciplina del telelavoro nel settore privato alla luce dell’entrata in vigore della l. n. 81/2017 e della possibile sovrapposizione con il lavoro agile, in Diritto delle Relazioni Industriali, 4/XXVII, 2017.

[4] Accordo aziendale Nestlé Italiana S.p.a. e Nestlé spacci s.r.l., 12 ottobre 2012.

Cozzi 42 5[5] L. Monterossi, Il lavoro agile: finalità, politiche di welfare e politiche retributive, in Il lavoro agile nella disciplina legale, collettiva ed individuale. Stato dell’arte e proposte interpretative di un gruppo di giovani studiosi, Gruppo giovani giuslavoristi Sapienza (GggS) (a cura di), Centre for the study of european labour law “Massimo D’Antona”, WP C.S.D.L.e. “Massimo D’Antona”, Collective Volumes – 6, 2017, p. 22.

[6] R. Casillo, La subordinazione “agile”, in Diritti lavori e mercati, 3, 2017.

[7] A. Maresca, Smart working, subordinazione soft, in IlSole24Ore, 26 luglio 2017.

[8] A. Vallebona, Il lavoro agile, in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 12, dicembre 2017. Cass., Sez. Lav., 6 luglio 2001, n. 9167, in Foro.it, 2002, I, 134; Cass., Sez. Lav., 9 aprile 1986, n. 2472, 14 ottobre 1985, n. 5024.

[*] Dopo la maturità classica e la laurea magistrale a ciclo unico in Giurisprudenza, ha svolto il tirocinio in affiancamento ad un magistrato presso il Tribunale di Pordenone - Sezione Civile, ha lavorato in uno Studio di Consulenza del Lavoro ed ha svolto la pratica forense. Attualmente continua a collaborare con lo Studio in cui ha svolto la pratica forense, nell'attesa dell'esame di abilitazione. Vincitrice del Premio Massimo D’Antona, Edizione 2019, istituito dal Ministero del Lavoro, per la migliore tesi in diritto del lavoro

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