Anno X - N° 52

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Luglio/Agosto 2022

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Anno X - N° 52

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Effemeridi • Pillole di satira e costume

Intervista immaginaria
all’autore dell’INL


di Fadila

Giuliano Poletti è stato ministro del Lavoro per oltre quattro anni. Di temperamento aperto e gioviale, ha svolto il suo compito con dignità. Ha commesso, tuttavia, l’errore di creare degli enti, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro e l’ANPAL, senza aver affidato loro funzioni esclusive, trasferendole da altri soggetti pubblici. La loro inefficienza ha questo peccato originale. Su tale argomento, con specifico riferimento all’agenzia per l’ispezione de lavoro, abbiamo creato una finta intervista dal tono ironico il cui contenuto, naturalmente, corrisponde solo al pensiero di chi scrive. Conoscendo il suo carattere esente da permalosità, siamo sicuri che non se la prenderà, ma si farà una bella risata.


Giuliano Poletti 52Ministro è vero che nel progetto originario dell’agenzia sulla vigilanza era previsto l’accentramento di tutte le funzioni ispettive sparse fra i vari enti e l'unificazione del loro personale?

È esatto perché ritenevo che fosse l’unica strada percorribile per far fronte con efficacia alle necessità della società, grazie all’unicità della struttura e dell’organico, all’accorpamento delle strumentazioni e delle risorse, comprese quelle ingenti dei soggetti previdenziali. Tutto ciò avrebbe consentito anche di eleminare le sperequazioni esistenti tra il personale. Il progetto era ambizioso e il risultato doveva essere l’Ispettorato Unico del Lavoro.


Come mai non è stato possibile perseguire tale risultato?

Le resistenze sono state impreviste e fortissime da parte degli istituti e di larghi strati della politica. Per questo alla fine ho accettato la mediazione mediante la quale si lasciava la vecchia dispersione con l’illusione che la nuova creatura avrebbe trovato la propria forza nel coordinamento delle varie unità operative sotto la sua direzione. Un’illusione colpevole la mia se solo avessi preso atto dalla realtà che il coordinamento non aveva mai funzionato.


A distanza di sette anni dall’emanazione della norma, esaminando i risultati come definirebbe la creatura nata dalla sua riforma?

Pessima e se ci fosse un termine ancor più spregiativo non avrei paura ad usarlo. Ogni mia speranza nel corso del tempo è naufragata nel peggiore dei modi e faccio mea culpa soprattutto perché dopo aver acceso tante speranze negli operatori, le ho viste naufragare nella più amara delusione. Forse aveva ragione lei quando nel criticare la mia riforma parlava in modo sprezzante che essa era servita solo a cambiare le targhe degli uffici.


Se potesse tornare indietro, rifarebbe la stessa cosa?

Assolutamente no. Meglio le cose com’erano. Dico questo anche perché ho saputo che il personale proprio a causa di questa nuova creatura, così deforme rispetto al progetto originario, è stato escluso dall’equiparazione dell’indennità di amministrazione, un prezzo notevole di cui mi sento indirettamente responsabile. Tuttavia, a volte, come dite a Roma, me riconsolo cò l’ajetto al pensiero che chi è venuto dopo di me non ha fatto meglio, anzi. Due sono passati senza lasciare traccia. Il primo, addirittura, è stato assente anche fisicamente. Quanto all’attuale responsabile ha commesso lo stesso mio errore in materia di prevenzione. Se sbagliare è umano, replicare è diabolico. Quadrato Rosso

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