Anno XI - n° 57

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Maggio/Giugno 2023

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Anno XI - n° 57

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Attivazione del mercato del lavoro: blockchain e nuove politiche


di Alessandro Smilari [*]

Alessandro Smilari 57

Uno dei dati di fatto più evidenti di questo decennio è che la tecnologia sta procedendo a un ritmo ben più rapido rispetto all’uomo. Pertanto, la legge non deve limitare tale progresso (poiché ciò significherebbe limitare parte del progresso umano) ma deve accompagnarlo nel suo sviluppo. Ciò è applicabile al diritto del lavoro, che è tra i diritti più influenzati (ora, ma soprattutto in futuro) dai cambiamenti tecnologici che stanno avvenendo in questo decennio. Non è il tecnologo che deve adattarsi al diritto del lavoro (questo sarebbe limitante, e forse impossibile) bensì è il giuslavorista che deve esaminare ogni implicazione, per comprendere in anticipo quali sono i possibili sviluppi e vantaggi delle nuove tecnologie, cercando di adattarsi a esse a proprio vantaggio.

Smilari 57 1Una delle tecnologie più rilevanti e disruptive che ha acquisito importanza negli ultimi anni è la blockchain, più conosciuta per il suo sviluppo nel settore fin-tech, ma con impatti significativi in diversi ambiti (governo digitale, amministrazione pubblica, settore pubblico etc...). Partendo dal presupposto sopra citato su quanto sia fondamentale comprendere in anticipo lo sviluppo potenziale delle nuove tecnologie per non esserne influenzati, ma piuttosto per trarne vantaggio, un interrogativo posto in questo articolo è se il mercato del lavoro, e in particolare la gestione delle politiche attive e passive, possa essere significativamente migliorata attraverso l’implementazione della tecnologia blockchain.

Per rispondere a questa domanda in modo corretto, è fondamentale avere una solida comprensione dei due principali argomenti di analisi: le politiche attive e passive da un lato, e la tecnologia e i suoi sviluppi dall’altro. Nel mondo odierno, frenetico e tecnologico, dove tutto deve essere flessibile, è impensabile concepire un mondo del lavoro in cui le politiche passive e attive siano disconnesse l’una dall’altra. L’individuo deve essere chiaramente sostenuto durante il periodo di inattività nel mercato del lavoro, ma è necessario che egli si impegni nella formazione e nella ricerca di una nuova occupazione durante tale periodo. Questo obiettivo è perseguito attraverso il cosiddetto ‘principio di condizionalità’ che lega insieme le politiche attive e passive.

Un obiettivo comune ricercato dai legislatori è quello di introdurre la tecnologia con sistemi IT. In Italia, ad esempio, questo obiettivo si è cercato di raggiungere attraverso l’implementazione del SIUPoL (Sistema Informativo Unificato delle Politiche del Lavoro), in collaborazione con il Ministero del Lavoro, le Regioni (e le province autonome), l’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e l’ISFOL (Istituto per lo Sviluppo della Formazione Professionale dei Lavoratori)[1]. Le informazioni contenute nel SIUPoL dovrebbero poi essere utilizzate come base per la realizzazione di un nuovo strumento IT, il Fascicolo Elettronico del Lavoratore (FEL), che dovrebbe contenere tutte le informazioni relative alla formazione, all’esperienza lavorativa e all’utilizzo dei benefici pubblici del lavoratore[2]. L’obiettivo è che il fascicolo sia ‘liberamente accessibile, gratuitamente, attraverso metodi di lettura tematica a tutte le parti interessate’ (Art. 14, comma 1 della legge n. 150 del 14 settembre 2015).

Il fascicolo elettronico è considerato “uno strumento indispensabile per l’utilizzabilità dei nuovi diritti di generazione dei lavoratori e in particolare per il riconoscimento dell’identità professionale digitale del lavoratore”[3]. Tuttavia, sono passati ormai sei anni, e la disposizione relativa al FEL non è mai stata resa effettiva e implementata.

Smilari 57 2A livello europeo, si sta sempre più considerando il potenziale e lo sviluppo della tecnologia blockchain. L’Istituto di Tecnologia Blockchain definisce la blockchain come un “registro digitale in continua crescita che conserva una registrazione permanente di tutte le transazioni che sono avvenute, in modo sicuro, cronologico e immutabile”. Viene chiamata blockchain perché ogni informazione sul registro è conservata in un blocco collegato all’altro attraverso la crittografia, creando una catena di blocchi (e di informazioni). L’informazione contenuta in una blockchain è sicura perché esistono migliaia di copie di quella identica blockchain in vari computer, ed è immutabile, il che significa che una volta che è registrata al suo interno, nessuno può modificarla a piacimento (ci si può sempre fidare dell’accuratezza del registro).

Molte piattaforme blockchain permettono l’utilizzo di smart contract al loro interno. Uno smart contract è un’applicazione informatica che esegue automaticamente specifiche azioni se una o più condizioni prestabilite vengono soddisfatte[4]. La blockchain stessa (e la correttezza del codice di programmazione) garantisce che ciò che è codificato all’interno dello smart contract sia rispettato. Molte delle caratteristiche che la tecnologia blockchain possiede potrebbero risolvere alcuni dei problemi che rallentano e riducono l’efficacia dei meccanismi di amministrazione pubblica e allo stesso tempo permetterebbe di “ridurre i costi e rafforzare la fiducia, la tracciabilità e la sicurezza delle relazioni giuridiche, economiche e sociali con il cittadino/lavoratore”[5], grazie alla possibilità di eliminare o minimizzare l’intervento degli intermediari che agiscono tra l’amministrazione pubblica e il lavoratore stesso.

In Italia, per sostenere l’intervento delle istituzioni europee, e per ricercare e studiare le possibili applicazioni della tecnologia blockchain all’interno del mercato del lavoro italiano[6], il CNEL (Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro) ha istituito, in collaborazione con l’Università Roma Tre, l’“Osservatorio Nazionale sulla Blockchain e le Tecnologie Distributed Ledger (TDL)”. Questo organismo sarà responsabile di analizzare i potenziali utilizzi della blockchain, e di proporre una serie di pillole legislative, che dovrebbero essere adottate per garantire la migliore utilizzazione possibile della tecnologia all’interno del mercato del lavoro italiano.

Un’idea molto interessante di blockchain applicata al contesto dell’amministrazione pubblica è la proposta dei professori Michele Faioli, Silvia Ciucciovino e Alessandro Toscano. Si basa sull’applicazione della tecnologia blockchain per implementare meglio il FEL, introdotto con la Legge n. 150/2015.

L’identità professionale del lavoratore non è un diritto statico, ma dinamico, poiché varia durante la vita del lavoratore; per questa ragione, essa deve essere “evidente, affidabile, tracciabile, trasparente e identificata in modo inequivocabile con la persona. In assenza di queste qualità, la portabilità sarebbe messa a rischio, compromettendo la stessa proprietà e certezza legale”[7]. Per questi motivi, il FEL diventa uno strumento necessario per rendere il lavoratore proprietario della sua identità professionale nel mondo del lavoro e per ottenere, in questo modo, diritti e protezioni (e maggiori opportunità di lavoro grazie a una maggiore chiarezza del proprio profilo professionale).

La proposta di blockchain suggerita è quella di un sistema chiuso in cui partecipano le principali istituzioni lavorative quali ANPAL (Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro), Ministero del Lavoro, INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), INAIL (Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), regioni autonome e province, centri per l’impiego e MUR (Ministero dell’Università e della Ricerca).

Smilari 57 3L’idea è di inserire all’interno della blockchain tutti i documenti detenuti da queste istituzioni per consentire la creazione di un FEL il più completo e chiaro possibile, con tutti i dati reali del lavoratore. Infatti, all’interno del profilo verranno inseriti tutti i percorsi educativi e formativi, i benefici previdenziali ottenuti, le reti di sicurezza sociale, le competenze e tutto ciò che riguarda una corretta profilatura del lavoratore. Inoltre, tutte le informazioni saranno conservate cronologicamente, rispettando la metodologia blockchain e prevenendo così che possano essere manomesse da estranei e restituendo la storia individuale nel mercato del lavoro[8]. Questo tipo di blockchain ha un completo scopo sociale, per questo motivo può essere soprannominata ‘blockchain sociale’.

Discutendo quanto sia importante la flessibilità, e soprattutto, quanto sia fondamentale che questa flessibilità sia accompagnata da un elevato grado di sicurezza per il lavoratore, va menzionato il lavoro svolto da due ricercatori dell’Università di Cagliari, Andrea Pinna e Silvia Dibba, che hanno proposto un innovativo sistema blockchain, chiamato ‘Decentralised Employment System’ (Sistema di Lavoro Decentralizzato, d’ora in poi DES), che cerca di semplificare le attività di reclutamento e di ricerca di lavoro e allo stesso tempo di chiarire le fasi del rapporto di lavoro, scoraggiando il lavoro non dichiarato[9]. Nella blockchain possono essere pubblicate sia le offerte di lavoro delle aziende che le domande di lavoro dei candidati. La tecnologia agirebbe quindi come un sistema di matching tra offerta e domanda di lavoro. Prima di essere pubblicate, però, la blockchain verifica che tutte le offerte di lavoro siano conformi alla normativa vigente, prevenendo la possibilità di stipulare contratti di lavoro contrari alla legge[10]. Attraverso uno smart contract, in caso di esito positivo del processo di selezione, l’intero meccanismo di reclutamento sarebbe semplificato, fornendo agli organismi competenti le comunicazioni obbligatorie.

Come specificato, quindi, la blockchain potrebbe diventare lo strumento che agevolerebbe, prima di tutto, una maggiore deregolamentazione del sistema e, in secondo luogo, renderebbe possibile un collegamento più efficiente tra politiche attive e passive, poiché da un lato permette (come visto per DES) una collocazione più rapida della persona disoccupata nel mondo del lavoro, dall’altro (come visto per FEL), garantisce una maggiore conoscenza del proprio know-how e delle proprie competenze e, di conseguenza, dei propri diritti, garantendo anche una maggiore sicurezza lavorativa. Quadrato Rosso

Note

[1] Alaimo (2016)

[2] Alaimo (2016)

[3] Ciucciovino, Toscano, Faioli (2021)

[4] Zheng, Xie, Dai, Chen, Chen, Weng, Imran (2019)

[5] Faioli (2018)

[6] Ziviello (2019)

[7] Ciucciovino, Toscano, Faioli (2021)

[8] Ciucciovino, Toscano, Faioli (2021)

[9] Pinna, Dibba (2017)

[10] Russo (2021)

[*] PhD Student - Università Cattolica del Sacro Cuore. Scuola Europea delle Relazioni Industriali – Fondazione G. Brodolini.

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