Anno XI - n° 59

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Settembre/Ottobre 2023

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Anno XI - n° 59

Settembre/Ottobre 2023

Principi e diritti digitali nei servizi pubblici


di Palmina D’Onofrio [*]

Palmina Donofrio 30 31

Donofrio 59 3In Italia il legislatore ha emanato vari atti normativi tesi a promuovere e/o a migliorare i processi tecnologici, comunicazionali e d'informatizzazione dei servizi erogati dalla pubblica amministrazione per meglio rispondere alle esigenze di accessibilità e alla loro fruizione da parte degli utenti.

Tra questi va certamente annoverato il Decreto Legislativo n. 82 del 7 marzo 2005, meglio conosciuto come Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD). Si tratta di un testo unico che, per la sua peculiarità e per la sua stretta interconnessione con la tecnologia sempre più “in progress”, è stato oggetto, nel corso degli anni, di modifiche e integrazioni. Il CAD pone a carico della pubblica amministrazione un insieme di obblighi che si traducono in specifici diritti per gli utenti. Si parla di “diritti digitali” riferendosi alla possibilità di accedere a informazioni, chiedere e ottenere che i servizi erogati da strutture pubbliche possano essere accessibili utilizzando postazioni informatiche e strumenti digitali. L’utente ha anche la potestà di usufruire del patrimonio conoscitivo della pubblica amministrazione.

La prerogativa all’accessibilità ai servizi digitali era già contenuta nella Legge Stanca del 2004 (L. 4/2004) recante “Disposizioni per favorire l'accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”. Essa riconosce e tutela il diritto di ogni persona ad accedere a tutte le fonti di informazione e ai relativi servizi, ivi compresi quelli che si articolano attraverso gli strumenti informatici e telematici. Si ponevano, dunque, a carico del servizio pubblico obblighi specifici per rendere possibile l’utilizzo dei sistemi informatici anche alle persone con disabilità in ossequio al principio dell’uguaglianza.

Con la L. 82/2005 il citato diritto, coniugandosi con i principi portanti espressi o sottintesi nella legge, assume maggiore enfasi. Infatti, il codice unico disciplina il diritto dei cittadini a usare in modo accessibile ed efficace gli strumenti telematici nei rapporti con la pubblica amministrazione, con i gestori di servizi pubblici e con le società a controllo pubblico anche ai fini dell’esercizio dei diritti di accesso e della partecipazione al procedimento amministrativo[1]. Inoltre viene sancito il diritto di garantire a tutti la possibilità di fruire dei servizi erogati dalle pubbliche amministrazioni “in forma digitale e in modo integrato, tramite gli strumenti telematici messi a disposizione delle pubbliche amministrazioni[2].

Si tratta in altri termini della capacità dei sistemi informatici, inclusi i siti web e le applicazioni mobili, in uso presso le pubbliche amministrazioni di erogare servizi e fornire informazioni fruibili da tutti, senza discriminazioni, garantendo anche coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologia assistita e di configurazioni particolari.

Tra gli obblighi vi è l’adozione di un piano triennale per l’informatica (ICT) quale strumento d’indirizzo strategico ed economico atto a promuovere la trasformazione digitale[3]. La redazione dell’ICT è a cura dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) che è l’organismo pubblico italiano – sottoposto ai poteri di indirizzo e vigilanza del Consiglio dei Ministri – con il compito di garantire la realizzazione degli obiettivi dell’Agenda digitale italiana e contribuire così a diffondere l’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. È annoverato tra gli atti definiti di Soft Law trattandosi di linee guida e linee di azione che costituiscono punti di riferimento per la P.A. e i concessionari di servizi pubblici.

Donofrio 59 2Le pubbliche amministrazioni sono tenute a promuovere iniziative volte a favorire e a diffondere tra i cittadini una cultura digitale con particolare riferimento alle categorie a rischio di esclusione (alfabetizzazione informatica). Devono inoltre favorire la disponibilità di connettività alla rete internet presso uffici e luoghi pubblici con particolare riferimento alle scuole, ai locali in cui si erogano servizi sanitari e turistici[4].

Infine, l’obbligo di rendere fruibile il loro patrimonio conoscitivo che consiste nel mettere a disposizione banche dati e a condividere informazioni che possono essere – se ne ricorrono i presupposti giuridici e tecnologici – riutilizzate (riuso). Nel primo caso ci si avvale di canali diretti o indiretti del web, con la creazione di un sito proprio dell’amministrazione. Per le informazioni riutilizzabili si fa uso, sotto il profilo tecnico, di Open Date (Dati Aperti). Il paniere Dinamico dei Dataset ha individuato informazioni, espresse in dataset, a elevata importanza per la collettività (sanità, cultura, ecc.) riutilizzabili da chi ne ha competenza per l’accrescimento del valore conoscitivo e il benessere collettivo. Si tratta del Principio dell’Egovernment. A tal fine tutte le amministrazioni dovranno individuare un ufficio per la transizione alla modalità digitale cui competono i processi organizzativi per la realizzazione digitale ivi compresa quella degli Open Date.

Per chiedere il rispetto dell’obbligo sulla corretta erogazione di un servizio o sull’applicazione di quanto indicato nel CAD è possibile promuovere un’azione collettiva (class action) da parte di più soggetti titolari d'interessi giuridicamente rilevanti e omogenei. Il ricorso può essere promosso anche da associazioni e comitati a salvaguardia dei diritti dei propri associati. (D.Lgs 198/2009).

È anche possibile, da parte di chiunque, segnalare la violazione di obblighi in materia di digitalizzazione e innovazione della Pubblica Amministrazione all’ufficio del Difensore Civico per il Digitale, istituito presso l’AgID.

Il Difensore civico ha il compito di raccogliere le segnalazioni e, laddove ritenute fondate, invita il soggetto segnalato a porvi rimedio entro trenta giorni. Se ciò non avviene, le inadempienze vanno segnalate all’ufficio competente dei procedimenti disciplinari per l’attivazione dei percorsi sanzionatori.

A carico delle amministrazioni inadempienti e dei dirigenti che ne sono alla guida, sono previste sanzioni di natura amministrativa con riflessi anche sulla valutazione della performance e corresponsione dei premi di risultato.

Di particolare rilievo è il principio Once Only, a oggi in larga parte disatteso da molte pubbliche amministrazioni. Secondo questo principio i soggetti pubblici devono evitare di chiedere al cittadino o all’impresa informazioni da questi già fornite. Se esso fosse pienamente applicato, i procedimenti amministrativi necessari per il servizio da erogare si concluderebbero più velocemente.

Il principio Once Only, introdotto in Europa con la Dichiarazione di Tallinn nel 2017, stabilisce regole attraverso le quali i comportamenti dei singoli soggetti pubblici vanno ricondotti a unità. In Italia, pur in presenza di uno strumento normativo preesistente alla Dichiarazione di Tallin, che poneva il divieto di aggravamento dell’iter procedurale[5], come può esserlo la richiesta di informazioni di cui la P.A. è già in possesso, tale principio non si è mai pienamente attuato per un insieme di motivi. È applicabile, infatti, soltanto utilizzando modelli di interoperabilità tra banche dati e ciò è possibile solo se viene superata la logica centralista che spesso pervade le singole amministrazioni. Inoltre si assiste ancora a un’insufficiente diffusione delle competenze digitali sia tra gli utenti sia tra i dipendenti pubblici.

Tra le strategie da adottare per tentare di diffondere quanto più possibile le competenze digitali, oltre all’alfabetizzazione dei cittadini utenti, è necessaria anche la formazione dei dipendenti pubblici quale fattore strategico indispensabile. A partire dal 2022, anche grazie al PNRR sono stati attivati percorsi formativi “ad hoc” ad uso dei dipendenti pubblici attraverso la Piattaforma Syllabus.

Donofrio 59 1Tale strumento, nel recepire quanto indicato dalla direttiva del Ministro per la PA del 23 marzo 2023 in materia di competenze digitali per i dipendenti pubblici, ha attivato percorsi formativi di base, intermedi ed avanzati cui possono accedere, previa registrazione anche della pubblica amministrazione di appartenenza, i dipendenti pubblici. Secondo la predetta direttiva entro il 30 settembre 2023 almeno il 30% del personale dovrà aver partecipato a percorsi formativi.

La recente assunzione di personale giovane che ha molta più confidenza e dimestichezza con la tecnologia informatica renderà certamente più celere la transizione al digitale. L’acquisizione delle competenze digitali da parte del dipendente pubblico ha il vantaggio di rendere possibile l’uso effettivo dello smart working quale modalità ordinaria di erogazione delle attività lavorative e rende più celeri i servizi pubblici a favore degli utenti Ma se da una parte è più che giusto potenziare il digitale per migliorare i servizi pubblici per tutti gli attori in gioco dall’altra non vanno sottovalutati i rischi insiti in uso eccessivo e talora inadeguato del digitale (Over Digital). Il più evidente è forse quello dell’isolamento dei soggetti che appartengono a una determinata organizzazione con conseguenziali effetti sulle relazioni umane che costituiscono un valore intrinseco. Se è vero quindi che la tecnologia fa parte integrante delle organizzazioni umane è il modo in cui viene usata che fa la differenza. 

Come recita il vecchio detto sono le macchine che devono essere al servizio degli uomini e non l’uomo al servizio delle macchine e questo “insegnamento” deve accompagnare il progresso dell’uomo. Quadrato Rosso

Note

[1] CAD, art. 3.

[2] CAD, art. 7.

[3] CAD, art.14 bis, comma 2.

[4] CAD, artt. 8 e 8bis.

[5] L. 241/90, art. 1.

[*] Consigliera di Amministrazione della Fondazione Prof. Massimo D’Antona ETS. Dipendente INL. Il presente contributo è frutto esclusivo del pensiero dell’autrice e non impegna l’Amministrazione di appartenenza.

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