La tutela dell'associato in partecipazione con apporto di lavoro

di Adele Martorello [*]

Adele Martorello1. Definizione e disciplina

L’associazione in partecipazione è il negozio giuridico col quale un soggetto, definito associante, attribuisce ad un altro, associato, la partecipazione agli utili dell’impresa o di singoli affari, come corrispettivo di un certo apporto che può consistere in una somma di denaro, nel godimento di un bene, ma anche nello svolgimento di una prestazione di lavoro.

La disciplina fondamentale è contenuta nell’art. 2549 e seguenti del codice civile[1]. La normativa civilistica attribuisce all’associante il potere di gestione dell’impresa o dell’affare e prevede un coinvolgimento diretto dell’associato alla sorte dell’impresa: l’associato, pur esercitando un controllo sull’andamento dell’impresa o dell’affare attraverso il diritto alla rendicontazione periodica, assume su di sé il rischio economico e il pericolo della non necessaria corrispondenza tra apporto lavorativo e corrispettivo pattuito. In assenza di specifica disposizione contrattuale il codice civile stabilisce che l’associato partecipi alle perdite nella stessa misura in cui partecipa agli utili, con il limite del valore dell’apporto prestato. La scelta di tale strumento oltre a rappresentare un’opportunità per l’imprenditore associante di acquisire capitale e/o lavoro verso la corresponsione di una parte dei propri utili, consente allo stesso di condividere gli esiti della gestione dell’azienda o di un determinato affare senza stravolgere la veste giuridica nonché l’assetto proprietario dell’impresa. Tuttavia tale fattispecie negoziale, guardata dal versante dell’associato lavoratore, può costituire uno strumento elusivo di quelle tutele legali riconosciute ai lavoratori subordinati. L’impiego abusivo di tale istituto avvenuto negli ultimi anni ha comportato un’attenzione crescente da parte del legislatore, che è intervenuto con il duplice intento di prevedere maggiori diritti per l’associato e di scoraggiare un utilizzo abnorme di tale figura.

2. Legge n. 92/2012: modifiche all’art. 2549, tutela sanzionatoria, presunzioni di subordinazione e conversione del rapporto a tempo indeterminato

La regolamentazione del contratto di associazione in partecipazione disciplinato dagli artt. 2549 e ss. del codice civile è stata oggetto di revisione proprio nella parte riguardante l’apporto di attività lavorativa da parte del legislatore con Legge 28/6/2012 n. 92, il cui principale intento appare finalizzato ad introdurre meccanismi sostanzialmente antielusivi in relazione ad un utilizzo scorretto del contratto di associazione per aggirare la normativa inderogabile in materia di lavoro subordinato. A seguito di tale intervento che ha modificato la disciplina codicistica con l’introduzione di un secondo comma all’art. 2549 c.c. e con l’inserimento di specifici elementi presuntivi, il rapporto si considera a tempo indeterminato nel caso in cui gli associati siano più di tre, salvo gli stessi siano legati da rapporto coniugale, di parentela entro il terzo grado o di affinità entro il secondo con l’associato, oppure non sia stato consegnato il rendiconto finale o non vi è stata effettiva partecipazione agli utili dell’impresa o dell’affare. Si tratta di una sanzione civile dovuta all’esigenza sentita dal legislatore di reprimere condotte elusive che nascondono prestazioni inquadrabili nell’ambito del lavoro subordinato, come peraltro accade per il lavoro a progetto, le partite IVA, il contratto di apprendistato. La presunzione assoluta “iuris et de iure”si realizza nel caso in cui i lavoratori associati in partecipazione siano più di tre indipendentemente dal numero degli associanti. In questo caso, in base all’attuale stesura normativa, non è ammessa alcuna prova contraria da parte dell’azienda e l’ispettore dovrà applicare automaticamente la sanzione essendo dispensato dall’onere di dover fornire prova della subordinazione. Laddove nel rapporto di associazione in partecipazione non vi sia stata una effettiva partecipazione dell’associato agli utili dell’impresa o dell’affare, ovvero non vi sia stata consegna del rendiconto previsto dall’art. 2552 c.c., il rapporto di associazione in partecipazione si considera di lavoro subordinato a tempo indeterminato, ma il datore di lavoro è ammesso a produrre prova contraria, si tratta di una presunzione relativa “iuris tantum”. Con una modifica apportata al Senato, la presunzione relativa si applica anche qualora l’apporto di lavoro non presenti i requisiti di cui all’art. 69-bis, comma 2, lett. a) del D.Lgs. n. 276/2003; vale a dire quando l’apporto non è connotato da competenze teoriche di grado elevato acquisite attraverso significativi percorsi formativi, ovvero da capacità tecnico pratiche acquisite attraverso rilevanti esperienze maturate nell’esercizio di attività. Tutti e tre gli aspetti devono essere provati dal datore di lavoro che potrà, per esempio, produrre la dichiarazione del compenso rilasciata dall’associante all’atto della ricezione, esibire documentazione attestante il versamento delle relative ritenute d’acconto, fornire la prova della consegna del rendiconto dell’affare compiuto o di quello annuale della gestione, nonché dimostrare l’esistenza delle necessarie elevate competenze per effettuare la prestazione. È palese che prima della riforma Fornero l’ispettore del lavoro doveva accertare la subordinazione dimostrando l’esistenza di diversi indici indicati dalla giurisprudenza quali la sottoposizione al potere direttivo, di controllo e disciplinare del datore di lavoro, la limitata autonomia dell’associato, l’inserimento nell’organizzazione aziendale, l’assenza del rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro, la forma della retribuzione e la mancanza del rendiconto finale[2]. Attualmente l’onere della prova si sposta sul datore di lavoro, infatti sino a 3 associati è l’azienda a dover dimostrare che si tratta di associazione genuina, basandosi su tre elementi: partecipazione agli utili, consegna del rendiconto e esistenza di competenze tecniche.

Martorello 6 13. Le modifiche apportate dal Decreto – Legge 28/6/2013 n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 9/8/2013, n. 99

Il Legislatore del 2013 ha ritenuto di dover introdurre ulteriori modifiche alla normativa del rapporto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro, da un lato con la previsione di alcune norme protettive in favore degli associati e, dall’altro, attraverso l’introduzione di una deroga al limite massimo dei tre associati in alcune particolari situazioni. Il d.l. n. 76/2013[3] ha esteso anche all’associazione in partecipazione con apporto di lavoro, così come alle collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto, le disposizioni di cui ai commi 16-23 dell’art. 4 della Legge n. 92/2012. Si tratta delle disposizioni correlate alle dimissioni della lavoratrice o del lavoratore ed alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro subordinato, ora sottoposte ad una procedura che prevede alternativamente la convalida in sede protetta ovvero la sottoscrizione di apposita dichiarazione del lavoratore in calce alla comunicazione di cessazione del rapporto al centro per l’impiego. In ogni caso il rapporto di lavoro si intende risolto qualora il lavoratore non aderisca all’invito da parte del datore di lavoro di adempiere ad una delle due precedenti ipotesi. All’associazione in partecipazione sono altresì ora applicabili anche le più onerose procedure correlate a dimissioni e risoluzione consensuale in caso di gravidanza e puerperio e la tutela per le dimissioni in bianco. Inoltre, sono state inserite apposite misure per contemperare in alcuni specifici casi gli effetti del novello comma 2 dell’art. 2549 c.c., le cui disposizioni non si applicano ora agli associati in partecipazione che abbiano un rapporto contrattuale certificato con una società cooperativa e, facendo seguito ad una esplicita richiesta della federazione industria musicale italiana, ai casi di contratti di associazione in partecipazione nell’ambito di un rapporto di lavoro artistico.

Secondo il novello comma 2-bis introdotto all’art. 2549 c.c. dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 76/2013, infatti, le disposizioni del comma 2 dell’art. 2549 c.c. «non si applicano, limitatamente alle imprese a scopo mutualistico, agli associati individuati mediante elezione dall’organo assembleare di cui all’articolo 2540, il cui contratto sia certificato dagli organismi di cui all’articolo 76 del D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276, e successive modificazioni, nonché in relazione al rapporto fra produttori e artisti, interpreti, esecutori, volto alla realizzazione di registrazioni sonore, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento». Come chiarito dalla circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali[4] la certificazione nel caso delle cooperative corrisponde ad un adempimento che andrà “quantomeno avviato prima di qualsiasi accertamento ispettivo”.

Infine, l’art.7 bis[5] ha introdotto una speciale procedura volta alla stabilizzazione con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato degli associati in partecipazione con apporto di lavoro in essere, consentendo di garantire il corretto utilizzo di tale istituto. L’accesso alla procedura è consentito, previa stipulazione di contratti collettivi, anche alle aziende destinatarie di provvedimenti amministrativi o giurisdizionali non definitivi, concernenti la qualificazione dei rapporti di associazione. Il Legislatore ha disposto che gli effetti dei provvedimenti già adottati siano sospesi sino all’esito della verifica. Il buon esito dell’accertamento circa la correttezza degli adempimenti posti in essere dal datore di lavoro comporta l’estinzione degli illeciti previsti dalle disposizioni in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali. La Legge di stabilità 2014[6] ha previsto una proroga dei termini della sanatoria per i rapporti di associazione in partecipazione, le cui modalità di svolgimento della prestazione lavorativa abbiano presentato caratteristiche proprie della subordinazione. Il termine previsto per il corretto espletamento dell’intera procedura, per quanto riguarda il raggiungimento dell’accordo e gli ulteriori passaggi, è scaduto il 31 marzo 2014 e quello per l’invio di tutta la documentazione, comprensiva del pagamento alla Gestione Separata INPS, è scaduto il 31 luglio 2014.

Martorello 6 24. Tutela previdenziale ed assicurativa

Fino al 31 dicembre 2003 non era previsto alcun obbligo contributivo a carico dell'associante e dell'associato e quindi non esisteva nessuna tutela previdenziale, sia ai fini delle prestazioni sociali (malattia, maternità, ecc.), sia ai fini del trattamento pensionistico. Dal 1º gennaio 2004, gli associati in partecipazione che conferiscono prestazioni lavorative i cui compensi sono qualificati come redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53, comma 2, lett. c), TUIR, sono tenuti ad iscriversi alla Gestione separata di cui all'art. 2, comma 26, L. n. 335/1995 (art.43, D.L. n. 269/2003). Alla gestione sono tenuti ad iscriversi i soli associati con apporto di lavoro, mentre rimangono esclusi gli associati in partecipazione di solo capitale e i soggetti già iscritti ad albi professionali. Ai fini dell'erogazione dell'assegno per il nucleo familiare, dell'indennità di maternità e/o paternità e del trattamento economico di malattia, si applicano i criteri e le modalità previsti per gli altri lavoratori iscritti alla Gestione separata[7]. In particolare, l'indennità di maternità va calcolata secondo le modalità previste per gli esercenti attività libero-professionale dall'art. 4, comma 2, D.M. 4 aprile 2002[8]. L'indennizzabilità riguarda i soli eventi di maternità e di malattia in relazione ai quali sia accertata la sussistenza del requisito contributivo previsto ai fini del riconoscimento del diritto alle prestazioni in esame.

La Riforma del Lavoro[9] ha stabilito che, con effetto dal 1° gennaio 2014, l’aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione separata INPS è così articolata:

  • l’aliquota contributiva pensionistica per gli iscritti alla Gestione Separata INPS, che non risultino assicurati presso altre forme obbligatorie, è prevista nella misura del 28,72%;
  • per i soggetti con altra forma di previdenza obbligatoria o titolari di pensione diretta o indiretta, l’aliquota contributiva pensionistica è stabilita nella misura del 22% come previsto dalla Legge di Stabilità 2014.
Aliquote contributive a decorrere dal 01.01.2014
Associati in partecipazione senza altra forma di previdenza obbligatoria, nè pensionati 28,72% (di cui il 45% a carico dell’associato ed il 55% a carico dell’associante) 27,72% (di cui il 45% a carico dell’associato ed il 55% a carico dell’associante)
Associati in partecipazione con altra forma di previdenza obbligatoria o titolari di pensione diretta o indiretta 22% (di cui il 45% a carico dell’associato ed il 55% a carico dell’associante) 20% (di cui il 45% a carico dell’associato ed il 55% a carico dell’associante)

Quanto alla tutela assicurativa, a seguito della sentenza n. 332/1992 della Corte Costituzionale[10], l'associato in partecipazione che svolga attività lavorativa manuale o di sovrintendenza, è soggetto all'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. L'assicurazione infortuni opera solo quando l'apporto dell'associato consiste in una prestazione di lavoro[11]. Il soggetto tenuto al versamento dei premi INAIL è l'associante. L'individuazione di tale figura deriva dalla considerazione che la posizione dell'associato-lavoratore è assimilata a quello del socio d'opera e dal fatto che la titolarità dell'impresa fa capo all'associante. Il regime contributivo è quello ordinario[12].

Una ulteriore previsione a tutela dell’associato in partecipazione è contenuta nel D.Lgs. n.81/2008 che, ai fini della disciplina in materia della tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, equipara al lavoratore subordinato l’associato in partecipazione incluso nella definizione generale di “lavoratore” ex art.2, comma 1, lett. a).

Si evidenzia inoltre che l’instaurazione del rapporto di associazione in partecipazione con apporto di lavoro deve essere comunicata ai servizi per l’impiego, così come tutte le variazioni del rapporto, compresa anche la comunicazione della proroga del contratto[13]. In particolare, a decorrere dal 1º gennaio 2007[14], l'instaurazione del rapporto va comunicata entro il giorno antecedente quello di avvio, mentre l'eventuale proroga di un contratto di associazione in partecipazione a tempo determinato con apporto di lavoro da parte dell'associato deve essere comunicata dall'associante entro i cinque giorni successivi alla scadenza del termine originariamente fissato.

Martorello 6 35. Regime Fiscale

Il regime fiscale dell’associato si diversifica a seconda del tipo di apporto. In particolare, gli utili corrisposti all'associato persona fisica costituiscono per quest'ultimo:

  • redditi di lavoro autonomo ai sensi dell'art. 53, comma 2, lett. c) del DPR 22/12/1986, n. 917 (TUIR), se l'apporto è costituito esclusivamente dalla prestazione di lavoro;
  • redditi di capitale ai sensi dell'art. 44, comma 1, lett. f), del DPR 22/12/1986, n. 917 (TUIR), se l'apporto è costituito da capitali o da capitale e lavoro [15].


Pertanto, se l’apporto dell’associato consiste nella prestazione di manodopera, le tasse su di esso gravanti sono quelle tipiche di un lavoratore autonomo; non sarà soggetto al pagamento dell’Iva qualora svolga la sua attività esclusiva in favore della ditta alla quale è associato; se invece svolge anche altra attività in modo autonomo sarà assoggettato al pagamento dell’Iva.

Qualora si tratti di redditi di capitale, le modalità di tassazione sono diverse a seconda del valore dell'apporto dell'associato, ossia se l'apporto sia o meno "qualificato". Infatti, ai sensi dell'art. 47, comma 2, del TUIR, qualora il valore dell'apporto sia qualificato, cioè superiore al 5% o al 25% del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto nel caso in cui si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni, le remunerazioni derivanti dai contratti di partecipazione sono imponibili nella misura del 40%. Viceversa, allorché l'apporto fornito dovesse risultare non qualificato e cioè inferiore ai menzionati limiti, gli utili sono imponibili per l'intero ammontare corrisposto e sugli stessi deve essere applicata dall'associante, al momento della corresponsione una ritenuta a titolo di imposta nella misura del 12,50%, come previsto dall'art. 27, comma 1, del D.P.R. n. 600/1973[16].


Infine, qualora l'associato sia un imprenditore o una società i compensi percepiti costituiscono per lo stesso reddito d'impresa. Ai fini della determinazione del reddito, fino al 31 dicembre 2003 l'associante, quale esclusivo titolare dell'impresa, poteva portare in diminuzione dal proprio reddito di impresa le quote di utili spettanti agli associati in partecipazione, qualora ricorrevano le seguenti condizioni:

  • che il contratto di associazione in partecipazione risultasse da atto pubblico o da scrittura privata registrata e contenesse la specificazione dell'apporto. Qualora l'apporto fosse costituito da denaro ed altri valori, il contratto doveva contenere elementi certi e precisi comprovanti l'avvenuto apporto;
  • che, qualora l'apporto fosse costituito da prestazione di lavoro, gli associati non fossero familiari dell'associante[17]. Dal 1º gennaio 2004, la riforma del sistema fiscale, attuata dal D.Lgs. n. 344/2003, ha modificato il trattamento fiscale riservato ai contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale, o di capitale e lavoro (cosiddetti contratti misti). Pertanto, se l'apporto dell'associato è di solo lavoro, continua ad applicarsi il regime previgente, vale a dire deducibilità totale degli utili corrisposti agli associati[18].


Se, invece, l'apporto è di solo capitale o di capitale e lavoro, l'art. 109, c. 9, lett. b), TUIR stabilisce l'indeducibilità in capo all'associante di ogni tipo di remunerazione dovuta all'associato in relazione a contratti di associazione in partecipazione in cui l'apporto reso dall'associato sia diverso da quello di opere e servizi[19]. Sul punto è intervenuta la Corte di Cassazione[20] che ha disconosciuto la deducibilità dei costi dell’associato in partecipazione senza il versamento della ritenuta d’acconto da parte dell’associante e senza presentazione della dichiarazione dei redditi da parte degli associati.

Martorello 6 46. Conclusioni

La recente normativa si è mossa nell’ottica di riconoscere maggiore tutela alla posizione degli associati in partecipazione con apporto di lavoro, sia garantendo il corretto utilizzo dei contratti, che promuovendo procedure di stabilizzazione incentivate da forme premiali nei confronti delle aziende, alle quali il buon esito della verifica garantisce la estinzione di eventuali illeciti commessi in materia di versamenti contributivi, assicurativi e fiscali[21].

Tuttavia, a livello operativo, si rileva la mancata presenza di una banca dati che consenta la diretta individuazione delle aziende che operano con contratti di associazione in partecipazione. Pertanto il personale ispettivo molto spesso deve rivolgersi presso i competenti uffici (Centri per l’impiego, INPS, ecc.) per acquisire specifiche informazioni sulla costituzione del rapporto di lavoro e l’iscrizione alla Gestione separata.
L’accesso diretto e completo alle banche dati del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dell’INPS, dell’INAIL e dell’Agenzia delle Entrate da parte del personale ispettivo risulterebbe certamente utile non solo all’individuazione di fenomeni elusivi ma anche ad una notevole riduzione dei tempi per gli accertamenti stessi. Quadrato Arancione

Note

[1] Artt. 2549-2554 c.c.

[2] Corte di Cassazione18/2/2009 n. 3894; Corte di Cassazione 4/2/2002 n. 1420; Corte di Cassazione 10/6/2005 n. 12261; Cassazione Civile 4/4/2007 n. 8465.

[3] Art.7, co. 5, d.l. n. 76/2013, convertito con modificazioni nella Legge n. 99/2013.

[4] Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 29/8/2013, n. 35.

[5] Articolo inserito nel corpo del D.L. n. 76/2013 dalla Legge n. 99/2013.

[6] Legge di Stabilità 2014 (Legge n. 147/2013).

[7] INPS circ. n. 99/2005; mess. n. 34328/2005.

[8] INPS circ. n. 99/2005; D.M. 12 luglio 2007; INPS circ. n. 137/2007.

[9] Legge 92/2012, art. 2, comma 57, successivamente modificata dal DL n. 83/2012 (art. 46-bis), convertito nella Legge n. 134/2012.

[10] Sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato la parziale illegittimità dell'articolo 4 del D.P.R. n. 1124/1965.

[11] INAIL circolare n. 28/1993.

[12] Determinazione del premio in relazione alla c.d. retribuzione di ragguaglio di cui all'art. 30, 4º comma, del D.P.R. n. 1124/1965 e cioè la retribuzione valida ai fini della determinazione del minimale di legge per la liquidazione delle rendite di cui all'art. 116, c. 3 del D.P.R. n. 1124/1965.

[13] Articolo 9-bis, comma 2, D.L. 510/1996; art.4-bis, comma 5, D.Lgs. n. 181/2000.

[14] Data di entrata in vigore della L. n. 296/2006, il cui art.1, commi da 1180 a 1185 ha apportato rilevanti modifiche alla disciplina delle comunicazioni di assunzione.

[15] Agenzia delle Entrate - circolare n. 50/E/2002.

[16] Agenzia delle Entrate - risoluzione n. 61/E/2005.

[17] Agenzia delle Entrate - circolare n. 50/E/2002.

[18] Art. 95, comma 6, TUIR.

[19] Agenzia delle Entrate - risoluzioni nn. 62/E/2005 n. 123/2007.

[20] Corte di Cassazione - Sentenza N. 10472 del 14.05.2014.

[21] D.L. n. 76/2013 (convertito con modificazioni dalla L. n. 99/2013) - Circolare Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 35/2013: “relativamente ai pregressi rapporti di associazione, “anche connessi ad attività ispettiva già compiuta” alla data di entrata in vigore della L. 99/2013.

[*] L’Avv. Adele Martorello è funzionario ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in servizio presso la DTL di Cosenza. Le considerazioni sono frutto esclusivo del libero pensiero dell’autore e non hanno carattere in alcun modo impegnativo per l'Amministrazione di appartenenza.


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