Anno IX - N° 43-44

Rivista on-Line della Fondazione Prof. Massimo D'Antona

Gennaio/Aprile 2021

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Anno IX - N° 43-44

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Effemeridi • Pillole di satira e costume

Sono libero, ho fatto il vaccino


di Fadila

Ho contato i giorni dopo l’avvenuta prenotazione che nell’ultimo periodo sembravano non passare mai. Dopo lunga attesa, la sera prima della data stabilita, ho fatto fatica ad addormentarmi, tanta era l’eccitazione, un insieme di entusiasmo, finalmente tornerò a vivere, e paura dell’ignoto, chissà come reagirà il mio organismo. Quando ho un appuntamento importante mi succede sempre di avere una notte travagliata e un risveglio precoce.

Dopo un rapido caffè, mi sono avviato a bordo della mia auto con largo anticipo per tema di far tardi per qualche imprevisto e naturalmente sono giunto al luogo delle vaccinazioni molto prima dell’ora fissata. Pensavo di essere solo, invece ero pressappoco l’ultimo perché anche gli altri avevano avuto il mio stesso comportamento. Mi sono messo diligentemente in fila e mentre avanzavo lentamente, mi sono tornate alla mente immagini di circostanze simili a questa da me vissute un tempo che fu, quando ero un bambino e frequentavo la seconda elementare. Un giorno era venuto il direttore avvisandoci che, l’indomani, le autorità sanitarie ci avrebbero inoculato il vaccino contro qualcosa, mi pare il vaiolo o il tifo. Subito dopo quell’imprevisto annuncio, un brivido aveva percorso la mia schiena cui si era aggiunta una grande paura.

A casa avevo chiesto lumi a mia madre che in tono evasivo cercava di sdrammatizzare dicendomi con aria indifferente che non era nulla; solo una precauzione necessaria senza alcun dolore. Non mi aveva convinto e mi vennero in mente mille pensieri per non andare a scuola il giorno dopo. Ma non ci fu niente da fare. Ci misero in fila e uno dopo l’altro, con il braccio sinistro denudato ci inocularono il vaccino con un pennino grattato sulla pelle per inciderla. La paura e il senso reverenziale nei confronti di quel gruppo di persone tra cui le autorità scolastiche ci bloccavano il pianto. Ma tutto era passato in un attimo come succede alle persone in tenera età. Ancora oggi porto sul braccio la cicatrice di quel ricordo lontano come, penso, tutti quelli della mia età.

Fadila 43 44 1Distratto da questi ricordi non mi sono accorto che era il mio turno; mi è stato somministrata la difesa anticovid con un ago talmente sottile che neanche ti accorgi quando entra nella pelle. Il pennino al confronto non era dissimile da uno strumento di tortura. Va detto che anche con gli aghi delle siringhe di quei tempi non si scherzava ed erano più simili a stiletti che a quelli sottili per il ricamo. Dico ciò per esperienza diretta e ne ho un brutto ricordo. D’inverno sempre in mezzo alla neve, avevo preso una brutta polmonite e solo la penicillina, da poco in commercio avrebbe potuto salvarmi. Così arrivò mia madre con un’infermiera e altre due donne al capezzale dove mi trovavo febbricitante. Nonostante tutte le carinerie avevo capito che c’era qualcosa che non andava a quando scoprirono il letto cercai di difendermi con ogni mezzo. Dovetti capitolare solo per la sproporzione delle forze ma qualche colpo l’avevo ben assestato.

Ora, anche se dovrò fare il richiamo, mi sembra di essere tornato a nuova vita. Dopo un anno terribile fatto d'isolamento, solitudine, divieti, zone d’ogni colore e tanta paura accentuata dai gufi della televisione, potrò riprendere il mio cammino. Soddisfare il desiderio finora represso di rivedere gli amici; riprendere le care abitudini che sono parte integrante del mio essere. Rimettermi al volante per andare di nuovo dove mi pare e piace per vedere posti e gente e magari cenare con una donna bellissima in una terrazza sul mare che solo io e pochi altri fortunati conosciamo. Tutto ciò appena mi sarà rilasciato il passaporto dei nostri tempi, il tesserino dell’avvenuta vaccinazione. E scrivere quando mi va e come mi pare, senza essere costretto a farlo perché bloccato in isolamento. Quadrato Rosso

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